Gaetano Saffioti merita rispetto

Gaetano Saffioti merita rispetto perché oltre ad essere Testimone di Giustizia è testimone di “riscatto” per la caparbietà con cui porta avanti la sua azienda. Mi aveva colpito l’ennesimo slancio di generosità e senso civico con il quale Saffioti aveva offerto gratuitamente il proprio lavoro e il proprio materiale per dare tempestivo sollievo alla situazione esplosiva e drammatica venutasi a creare nell’accampamento di San Ferdinando, Comune in Provincia di Reggio Calabria, per altro commissariato dal 2014. Per motivi che precisamente verranno chiariti dalle autorità competenti, l’offerta di Saffioti è restata lettera morta. Peccato, comunque, aldilà di qualunque spiegazione che potrà avvenire sul piano amministrativo: perché in un contesto come quello calabrese rifiutare un dono del genere significa perpetrare, magari involontariamente, un ostracismo sociale mortificante. Ho parlato con il nuovo Prefetto di Reggio Calabria dott. Michele Di Bari che ha dimostrato subito grande sensibilità e attenzione per la vicenda e di questo gli sono grato.

Giustizia: via alla Camera a esame pdl su testimoni

(ANSA) – ROMA, 7 SET – E’ iniziato oggi in Commissione Giustizia della Camera l’iter della proposta di legge 3500, Bindi ed altri, recante “Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia”. Lo annuncia il relatore di maggioranza Davide Mattiello (Pd), auspicando che nel prossimo futuro “non ci sia mai piu’ confusione tra Testimoni e collaboratori”. “I testimoni di giustizia sono cittadini onesti – afferma – che denunciando quello che subiscono o quello a cui assistono si sottopongono ad un pericolo gravissimo per la propria vita, tale da rendere inadeguate le normali misure di tutela: sono una risorsa straordinaria per il nostro Paese, nel quale e’ ancora troppo diffusa la cultura para-mafiosa, per la serie ‘fatti i fatti tuoi e campa cent’anni’”. Il provvedimento in esame, ricorda l’esponente dem, che e’ anche componente della Commissione Antimafia – mira a modificare la disciplina in  materia di testimoni di giustizia, attualmente contenuta nel decreto legge n. 8 del 1991 (legge di conversione n. 82 del 1991) e nelle relative norme attuative". La necessita’ dell’intervento deriva in generale “dalle difficolta’ del legislatore – pur dopo la novella del 2005 (legge n. 45 del 2001) che ha introdotto specifiche disposizioni sui testimoni – di inquadrare organicamente tale disciplina nell’ambito della citata legge quadro del 1991, pensata per i soli collaboratori di giustizia. La proposta di legge, che in Commissione Antimafia e’ stata sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari – cosa questa che mi fa sperare in un rapido iter di approvazione – contiene importanti novita’ anche a sostegno di quelle persone inserite in contesti familiari di mafia ma estranee ai delitti ivi commessi, che vogliano rompere quei legami e iniziare una nuova vita. La mafia – conclude Mattiello – si sconfigge anche cosi’”. (ANSA).

Testimoni giustizia sotto scorta, ma con la loro auto

(ANSA) – ROMA, 14 AGO – Hanno denunciato la ndrangheta, la mafia o la camorra, hanno fatto arrestare e condannare diverse persone, lo Stato li tiene sotto scorta ma, in pieno agosto, fa recapitare loro una lettera in cui si dice che, dal 1 settembre, “la misura sarà attuata mediante l’utilizzo di un’autovettura di proprietà dell’interessato”. E’ quanto accaduto a due imprenditori testimoni di giustizia, Pino Masciari e Rocco Mangiardi, entrambi calabresi, che hanno scelto anni addietro di non sottostare alla prepotenza di chi voleva piegarli. Pino Masciari, storico testimone di giustizia, è l’imprenditore edile calabrese che è stato sottoposto dal 18 ottobre 1997, assieme alla moglie e ai due figli, ad un programma speciale di protezione per aver denunciato la criminalità organizzata calabrese e le sue collusioni politiche e che ha quindi dovuto lasciare la sua terra. “Con la nuova circolare ho diritto ad un’auto blindata solo in Calabria ma non dove risiedo oggi e in più devo mettere io a disposizione il veicolo: è come se lo Stato dicesse ‘vi abbandono’. Questo suona come un monito per gli altri imprenditori: chi denuncia viene isolato. Come faccio io, che sono un morto vivente, che non sono stato più messo in condizioni di produrre, io che davo centinaia di posti di lavoro, ad acquistare un’auto? E perchè tutti i parlamentari, anche gli ex, possono usufruire di trasporto gratuito mentre chi dà la vita per lo Stato viene trattato in questo modo?”.
A Rocco Mangiardi è stato prolungato fino a fine anno il servizio di scorta ma, viene spiegato in una lettera che gli è stata notificata pochi giorni fa, deve essere lui a mettere a disposizione l’auto sul quale attuarlo. L’uomo, 60 anni, sposato, tre figli, nel 2006 denunciò quattro persone per estorsione e dal 2009, pochi giorni prima dell’inizio del processo contro i quattro – ormai condannati in via definitiva – è stato messo sotto tutela. Titolare di un’attività di un esercizio di ricambi d’auto a Lamezia Terme, racconta che nel 2006 vennero a chiedergli di pagare 1200 euro al mese. Decise di denunciare tutto e negli anni ha continuato a ricevere minacce.
All’inizio, racconta, veniva scortato su un’auto blindata, poi si passò ad un’auto non blindata con due agenti. Ora il dirigente della questura che gli ha consegnato la comunicazione del Viminale gli ha spiegato che con il nuovo tipo di tutela avrà diritto ad un solo agente di scorta. “Non ho paura – dice Mangiardi – mi affido alle mani di Dio, ma per me questa è una questione di principio: se per lo Stato devo essere tutelato, deve pensare lui a tutelarmi, non è possibile che sia io ad acquistare un’auto”.
Intanto sulla vicenda della scorta è intervenuto il deputato Pd Davide Mattiello che in Commissione antimafia coordina il gruppo di lavoro sui testimoni di giustizia. In una lettera al ministero dell’Interno, Mattiello chiede di comprenderne meglio finalità e modalità attuative della circolare ministeriale.
“Se lo Stato sottopone un soggetto a tutela di quarto livello – scrive – vuol dire che ravvisa un rischio attuale e concreto per la sua vita e conseguentemente un rischio per la sicurezza pubblica. Il "quarto livello” non è quindi uno status con il quale pavoneggiarsi, almeno fino a prova contraria, ma è un servizio necessario a tutela dei cittadini. Quindi mi lascia perplesso in linea di principio, se ho ben inteso, che lo Stato chieda al protetto di mettere a disposizione un autovettura: sarebbe come se un ospedale dicesse al paziente prima di una operazione di portarsi pinze e bisturi da casa. La perplessità aumenta nel non ravvisare nel contenuto della circolare, per come mi è stato rappresentato, quanto meno una eccezione fatta per coloro che in concreto non avessero disponibilità materiali adeguate a fornire un auto mezzo. Di più: non un automezzo qualsiasi è compatibile per un servizio di tutela; pur essendo chiaro che non stiamo parlando di auto specializzate, cioè blindate, ma di autovetture comuni, dovranno pur essere mezzi efficienti e potenti. Diversamente mi pare si porrebbe un problema in più a quelli già evidenziati, e cioè quello della sicurezza dello stesso personale di PS dedicato all’accompagnamento".

La memoria di Rita Atria va onorata con scelte concrete

(ANSA) – ROMA, 26 JUL – “La memoria di Rita Atria va onorata con scelte concrete di Governo e Parlamento. Rita si tolse la vita il 26 luglio del 1992, sette giorni dopo la strage di Via D’Amelio, non sopportando di perdere anche Paolo Bosellino, lo ‘zio’ Paolo, nelle mani del quale aveva messo la vita”. A ricordarlo è il deputato Pd Davide Mattiello, che in Commissione antimafia coordina il gruppo di lavoro sui testimoni di giustizia, i collaboratori e le vittime di mafia. “In questi tre anni – dice – sono stati fatti passi in avanti importanti per tutelare al meglio la qualità della vita dei Testimoni e ridurne l’isolamento sociale, anche organizzando un programma di inserimento lavorativo nella PA per coloro che, terminata la fase più delicata della protezione, non possano altrimenti tornare ad una vita libera e dignitosa. Sono state approvate sia norme nazionali che regionali (in particolare la Regione Siciliana). Oggi si impone una verifica del l’attuazione di queste norme e ho per questo proposto alla Presidente Bindi di invitare in Commissione Antimafia il Vice Ministro Bubbico, che presiede la Commissione Centrale del Ministero dell’Interno. Ma molto resta da fare: la proposta di legge di riforma organica del sistema di protezione, la PDL 3500, è assegnata alla Commissione Giustizia Camera e auspico che presto si realizzino le condizioni per avviare l’iter parlamentare. La PDL 3500, a prima firma Bindi, è il frutto del lavoro che ho coordinato col V Comitato della Commissione Antimafia, sostenuta da tutti i gruppi parlamentari. La proposta prevede tra l’altro il superamento della distinzione tra speciali misure di protezione e il programma speciale di protezione, relativamente agli strumenti di sostegno economico e prevede l’inserimento della figura del ‘referente’ del protetto, per molti versi coincidente con quella del ‘tutor’ elaborata e proposta dal gruppo di lavoro istituito presso il Ministero dell’Interno. La proposta di riforma riconosce per la prima volta una tutela speciale a quelle donne che decidano di rompere con la propria famiglia di mafia, a prescindere dalle informazioni che possano avere da dare all’autorità giudiziaria. Sostenere adeguatamente la scelta di chi decide di denunciare per mettersi dalla parte della legalità deve essere una priorità per lo Stato, così come la sicurezza di investigatori e magistrati: non dimentichiamo che il profondo sconforto in cui cadde Rita, derivò anche dagli attentati di Capaci e Via D’Amelio e dalla sensazione di impotenza che essi generarono”, conclude il deputato.

Testimoni giustizia: situazione grave, serve legge

(ANSA) – ROMA, 6 MAG – “Serve che si approvi la prima legge sui testimoni di giustizia, che e’ pronta”. A sostenerlo e’ il deputato Pd Davide Mattiello, a proposito dell’inchiesta di La Repubblica.it sui testimoni di giustizia, “un giusto richiamo ad una situazione che non puo’ piu’ continuare”. “Disse bene Cantone, quando paragono’ la testimone di giustizia Carmelina Prisco ad una ‘rosa nel deserto’: in un Paese dove la cultura ancora prevalente e’ quella del ‘fatti i fatti tuoi che campi cent’anni’, i cittadini onesti che denunciano quello che subiscono o quello che vedono sono rarita’ da proteggere e valorizzare, non certo da mortificare. La Commissione Antimafia – ricorda Mattiello, che in Commissione Antimafia coordina il comitato che si occupa di testimoni di giustizia, collaboratori e vittime di mafia – ha approvato all’unanimita’ nell’ottobre del 2013 la relazione d’inchiesta sullo stato dell’arte e nel dicembre del 2015 ha depositato una proposta di legge di riforma organica, sottoscritta da tutti i gruppi politici e che per questo porta come prima firma quella della presidente Rosy Bindi, ora assegnata alla Commissione Giustizia della Camera. La riforma intanto sanerebbe la prima e piu’ profonda delle ferite: sarebbe la prima legge dedicata ai testimoni di giustizia, la legge 45 del 2001 infatti, andava ad integrare la normativa del ’91 sui collaboratori”. “I testimoni per questo fatto ancora troppo spesso vengono confusi con i collaboratori di giustizia e come tali trattati. La proposta di legge gode anche dell’apprezzamento del Ministero dell’Interno e nessuno dimentica le parole del Ministro Alfano di qualche settimana fa durante la trasmissione Porta a Porta, che registravano l’urgenza di provvedere. La proposta di legge sara’ presto calendarizzata nei lavori della Commissione Giustizia e spero possa avere un iter rapido”, conclude il deputato. 

Caso Cutrò: il Viminale fornisca le carte alla commissione antimafia

(ANSA) – ROMA, 24 MAR – La Commissione Antimafia ha scritto al Viminale per acquisire le carte che riguardano il caso Cutro’, l’imprenditore edile siciliano, testimone di giustizia, oggetto di minacce per aver detto “no” al racket e costretto a chiudere la propria azienda nel gennaio 2015. Le perizie prodotte nel 2011, su incarico del Viminale – secondo quanto emerso in questi giorni – non soltanto certificarono il danno subito dall’azienda di Cutro’, ma stabilirono il nesso di causa effetto tra il danno e le denunce fatte dallo stesso Cutro’. “Quindi – spiega il deputato Pd DavideMattiello, che in Antimafia coordina il gruppo sui testimoni di giustizia i collaboratori e le vittime di mafia – riteniamo che sia giusto che il Ministro dell’Interno si faccia carico della situazione debitoria incolpevole, che rischia di schiacciare Ignazio Cutro’ e la sua famiglia”. Ma il deputato chiede che “anche le banche facciano la loro parte: e’ altrettanto giusto chiedere a Unicredit e Banca Sant’Angelo se si rendano conto di cosa stiano facendo. Perche’ pure le banche dovrebbero mostrare maggiore sensibilita’ verso questa situazione. A normativa vigente sono purtroppo pochi gli strumenti a disposizione del Viminale per intervenire in una situazione che ha caratteristiche molto particolari sul piano giuridico, forse soltanto quello del contributo straordinario e di questa circostanza il Parlamento deve farsi carico”. “Di questo abbiamo piu’ volte discusso con il viceministro all’Interno Bubbico, che ha dimostrato di apprezzare la proposta di legge di riforma che la Commissione Antimafia ha depositato  alle Camere, a prima firma Bindi, sottoscritta da tutti i gruppi politici. L’unica road map possibile – conclude Mattiello – e’ quella di intervenire subito con gli strumenti che ci sono per evitare ulteriori drammi, per poi impegnarci tutti insieme per approvare la legge. I testimoni di giustizia sono cittadini onesti che aiutano lo Stato a fare giustizia, sostenerli e’ semplicemente un dovere”. Anche l’Associazione nazionale testimoni di giustizia fa notare che le perizie “redatte cinque anni fa e che solo adesso vengono fuori, proprio mentre Ignazio Cutro’ si trova "alla canna del gas”, non possono che causare sconcerto e amarezza. Chi ha colpevolmente taciuto, sia obbligato a rendere spiegazioni e sia chiamato a rendere giustizia per l’affronto subito dalla famiglia Cutro’. Il ministro Alfano sia chiamato in Parlamento a rispondere sull’intera vicenda che getta ombre e rivela le ingiustizie subite da chi si e’ sempre schierato dalla parte dello Stato, cioe’ i testimoni di giustizia"

Testimoni di Giustizia: si definisca l’iter parlamentare della Riforma

(ANSA) – ROMA, 10 MAR – “Ancora una importante operazione contro la ‘ndrangheta innescata dalla testimonianza di un imprenditore. Ma ha ragione il procuratore capo della Dda Federico Cafiero De Raho, che si rammarica perche’ alla fine questo imprenditore ha dovuto andare via dalla sua terra. Ad un cittadino che dopo un periodo piu’ o meno lungo passato a subire le vessazioni mafiose, in condizione di assoggettamento, trova la forza di denunciare, lo Stato dovrebbe garantire la possibilita’ di tornare ad una vita normale, libera e dignitosa. Questo succede ancora raramente, per diverse ragioni e un concorso di responsabilita’ che coinvolge tutti, nessuno escluso. La politica deve fare la propria parte, modificando le norme che hanno dimostrato di non funzionare”. A sottolinearlo e’ il deputato Pd Davide Mattiello, che in Commissione Antimafia coordina il gruppo di lavoro che si occupa di collaboratori, testimoni di giustizia e vittime di mafia. Mattiello ricorda che la Commissione parlamentare Antimafia dopo due anni di lavoro, ha depositato in Parlamento una proposta organica di riforma, sottoscritta da tutti i gruppi politici. “E’ importante che si definisca l’iter parlamentare. Faccio appello alla Presidente della Camera Laura Boldrini che ha dimostrato sempre attenzione per queste questioni: martedi’ 15 Marzo, a Reggio Calabria verra’ aperto il nuovo negozio di Tiberio Bentivoglio, imprenditore simbolo della resistenza alla ‘ndrangheta: sarebbe un bel segnale poter annunciare quanto meno l’assegnazione del provvedimento alle Commissione referenti”, conclude il deputato.

Sul danneggiamento al monumento di Lea Garofalo

(ANSA) – ROMA, 9 MAR – “Fatti come il danneggiamento al monumento di Lea Garofalo dimostrano quanto la scelta di testimoniare sia sempre una scelta di grave rottura, tanto piu’ se maturata all’interno degli stessi contesti criminali. Le mafie non hanno mai avuto dubbi in merito”. Cosi’ il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Antimafia e Giustizia. “La Commissione parlamentare Antimafia – ricorda Mattiello – ha lavorato per due anni, depositando in Parlamento una proposta di riforma del sistema tutorio per i testimoni di giustizia, sottoscritta da tutti i gruppi politici, che tiene in particolare considerazione proprio percorsi come quello di Lea, perche’ donne come Lea sono le persone che pagano il prezzo piu’ alto, spesso insieme ai loro figli. La proposta di legge, apprezzata anche dal Vice Ministro Bubbico, attende di essere assegnata alle Commissioni referenti e di iniziare l’iter parlamentare. Non aspettiamo la prossima Lea”. Il monumento che ricorda Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa dalla ‘ndrangheta nel 2009 ed il cui cadavere fu dato alle fiamme, e’ stato danneggiato da sconosciuti a Petilia Policastro. Il danneggiamento e’ stato scoperto ieri dal sindaco del comune crotonese, Amedeo Nicolazzi.

Solidarietà a Tiberio Bentivoglio

(ANSA) – ROMA, 29 FEB – “La solidarieta’ a Bentivoglio e alla sua famiglia non basta, ma intanto e’ doveroso esprimerla.  Conosco Tiberio da tanti anni: e’ sempre stato un testimone di determinazione e compostezza che non ha mai fatto passi indietro in un contesto difficile che spesso lo ha fatto sentire solo”. Ad affermalo il deputato Pd, Davide Mattiello, che in Antimafia coordina il gruppo di lavoro sui testimoni di giustizia. “Perche’ colpire di nuovo Tiberio Bentivoglio? Forse perche’ ce la stava nuovamente facendo, nonostante tutto, a rimettersi in piedi, grazie alla prossima apertura di un locale in un altro quartiere. Un’apertura resa possibile anche dal coinvolgimento dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, oltre che dalla vicinanza di una parte di societa’ civile”, prosegue il deputato. “La ‘ndrangheta non dimentica e nel reggino ultimamente i segnali intimidatori si sono moltiplicati ad ogni livello, un modo per ribadire presa e presenza. Colpisce che l’incendio sia stato appiccato due giorni dopo il convegno a Reggio Calabria  "Legalita’ e lavoro il futuro per i giovani: reagiamo uniti contro l’offensiva della ‘ndrangheta”, a cui avevano partecipato, tra gli altri, il sottosegretario Marco Minniti e la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi, che dal palco avevano rinnovato la vicinanza a Tiberio. Forse la ‘ndrangheta, colpendo Bentivoglio, ha voluto mandare un segnale anche a Roma. Roma dovrebbe capirlo e farsene carico", conclude Mattiello.