La lettera per i Testimoni di Giustizia al Presidente Grasso

Oggetto: richiesta calendarizzazione e approvazione in aula della proposta di legge sui testimoni di giustizia

Gentile Presidente Grasso,
Gentili Senatori,

vi scriviamo questa lettera nella consapevolezza che in questa fase finale di legislatura sono diversi i provvedimenti di cui viene richiesta l’approvazione. Tra questi, tuttavia, non possiamo non sottoporre alla Vostra attenzione, quello che a nostro giudizio è uno dei più importanti ovvero la proposta di legge di riforma della normativa
in materia di testimoni di giustizia (PDL 3500, Bindi-Gaetti). Un tema sul quale anche la Commissione parlamentare antimafia ha redatto e approvato una specifica relazione, sulla quale l’Assemblea di Camera e Senato hanno da tempo espresso pieno consenso attraverso l’approvazione di appositi atti di indirizzo.

Si tratta di un provvedimento già licenziato all’unanimità dalla Camera dei deputati nel mese di marzo e, alcune settimane fa, dalla Commissione Giustizia del Senato.

L’approvazione della proposta di legge non è solo uno dei punti che noi scriventi abbiamo inserito in un appello pubblico che abbiamo rivolto, a gennaio di quest’anno, al Governo e al Parlamento ma è, soprattutto, un provvedimento atteso da tempo dai testimoni di giustizia, ovvero da cittadini onesti, con un alto senso dello Stato, che hanno avuto il coraggio di denunciare dei gravi reati alle autorità competenti, contribuendo a bonificare l’Italia dall’invasività delle mafie, della corruzione e del malaffare.

Per questi motivi, siamo unanimemente a chiedervi di calendarizzare il provvedimento in occasione della prossima Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari e, successivamente, di discuterlo e approvarlo in Aula.
Chi ha messo in gioco la propria vita e quella dei propri famigliari, dovendo vivere sotto scorta, cambiando spesso identità e luogo di residenza e di lavoro per evitare di essere intimidito e assassinato, ha il diritto di sentire forte e chiaro che le Istituzioni sono schierate chiaramente dalla sua parte.

Distinti saluti

Arci, Acli, Avviso Pubblico, Centro Pio La Torre, Cgil, Cisl, Uil,
Legacoop, Legambiente, Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie,
SOS Impresa

Testimoni di Giustizia: cambiare il testo è uno schiaffo al lavoro fatto

Mandare sotto il Governo mentre si vota la riforma sui Testimoni di Giustizia, modificando il testo, è uno schiaffo al lavoro fatto e pure ai Testimoni.
Cambiare il testo significa dover ricominciare l’iter alla Camera: ma che senso ha?
Il testo su cui si sta esprimendo la Commissione Giustizia del Senato venne votato all’unanimità dalla Commissione antimafia e votato all’unanimità dalla Camera dei Deputati a Marzo. L’impegno era quello di mantenere il testo, proprio per avere la Legge in questa Legislatura. Io come coordinatore del V Comitato della Commissione anti mafia ogni giorno raccolgo le difficoltà, le preoccupazioni dei Testimoni e delle loro famiglie: tutti aspettano questa legge! Che porta dei migliorativi significativi. C’è sempre qualcosa da migliorare nelle leggi, ma la responsabilità dei politici si misura anche nel decidere quando bisogna chiudere, per non buttare via tutto. Faccio appello alla responsabilità di tutti perché l’Aula del Senato possa ripristinare il testo della Camera, e licenziare definitivamente la legge!

Verità come forma di giustizia: la risposta al Presidente Grasso

Il presidente Grasso fa bene ad insistere, ma ci sono almeno due questioni.
La prima: servirebbe una Commissione parlamentare che metta ordine e renda conoscibile l’immenso lavoro che è già stato fatto. Prima di tutto il lavoro fatto dalle Commissioni di inchiesta parlamentari che si sono stratificate nei decenni, tanto sulle stragi terroristiche, quanto sulla mafia, senza trascurare il monumentale lavoro della Commissione Anselmi sulla P2, che resta uno degli snodi ineludibili della storia repubblicana. La sostanziale impunità dei protagonisti delle trame piduiste è in diretto collegamento con i fatti eversivo-mafiosi del ’90-’94 e quindi con gli attuali assetti di potere. Non soltanto. Bisognerebbe poi recuperare, ordinare e rendere accessibile allo studio il materiale prodotto in sede giudiziaria: la storia di ciascun processo che ha esplorato le responsabilità penali su fatti di mafia e stragi è importante almeno quanto le sentenze che sono state procurate. Ne abbiamo avuto un recentissimo saggio ascoltando il dott. Di Matteo in Commissione Antimafia pochi giorni fa, parlare dei primi tre processi sulla strage di Via D’Amelio. Diversamente il rischio è quello di precipitare nell’incubo di “Sisifo”, ricominciando sempre daccapo, condannati a non venirne mai a capo. Ma poi c’è un’altra questione, che questo Paese dovrebbe prima o poi porsi, diventando progressivamente sempre più difficile la formazione della prova nei processi a causa del passare del tempo: la ricerca della verità su quei decenni può essere disgiunta dalla attribuzione di responsabilità penali ai protagonisti delle vicende medesime? In Italia si è combattuta una guerra che almeno in parte è terminata nel 1994, è possibile che la verità sia considerata in se’ stessa una forma di giustizia verso le vittime, le loro famiglie e il Paese intero?

Sulla corruzione nel Codice Antimafia

Ma davvero con la riforma dell’art 1 del Codice Antimafia che allarga agli indiziati di corruzione la possibilità di applicare la prevenzione patrimoniale stiamo facendo una sciocchezza?

E’ stato detto che chi sia indiziato di vivere abitualmente di proventi illeciti già oggi è sottoponibile alla prevenzione patrimoniale, vero.

E’ stato detto che i mafiosi indiziati di usare la corruzione già oggi sono sottoponibili alla prevenzione patrimoniale, vero.

E’ stato detto che chi sia condannato per corruzione già oggi subisce la confisca penale e anche la confisca penale per sproporzione, vero.

Esiste allora uno “spazio” tra queste tre fattispecie che possa giustificare la necessità della nostra riforma dell’art.1?

Credo di si, e faccio l’esempio che a me sta più a cuore.

Sono convinto che il nostro tempo sia segnato dalla formazione di una criminalità organizzata che si caratterizza per segretezza, capacità di dirottare il processo di formazione della volontà pubblica, transnazionalità, digitalizzazione funzionale al controllo, al ricatto e al riciclaggio.

Questa convinzione nasce dalla osservazione di fatti soltanto apparentemente scollegati: dal disastro provocato dal virus “Wannacry” alla inchiesta “Occhionero” passando per la P4, i Panama Papers, fino ai più recenti attacchi hacker alla banca dati del Ministero degli Esteri.

Fenomeni che hanno una potenzialità eversiva per l’ordine democratico paragonabile alle organizzazioni terroristiche. Forse è per questo che proprio il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Franco Roberti, sia stato tra i primi a cogliere l’importanza di questa estensione normativa.

E’ sicuramente questo il motivo che mi ha spinto a depositare una proposta di legge modificativa della, così detta “Legge Anselmi”.

Queste organizzazioni sono qualificabili come mafiose alla luce del 416 bis? Inizialmente credo di no, anche se è probabile che evolvendo possano maturare quella “forza intimidatrice del vincolo associativo” che genera omertà e assoggettamento, che le farebbe rientrare nel 416 bis, con o senza la presenza di mafiosi appartenenti alle tradizionali organizzazioni.

Dobbiamo aspettare che diventino mafie a tutti gli effetti per contrastarle? Se lo Stato avesse contrastato la prepotenza dei campieri e debellato le coperture borghesi, sostenendo il movimento dei braccianti agricoli siciliani, forse non avremmo avuto la Cosa Nostra delle stragi.

Quindi perché aspettare?

Questo tipo di organizzazione rappresenta un pericolo per la democrazia sufficiente a giustificare l’utilizzo di quell’arma non convenzionale che sono le misure di prevenzione patrimoniale? Credo proprio di si, per le stesse ragioni che spinsero Pio La Torre ad immaginarle per le mafie tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Il patrimonio così accumulato e riconducibile a queste organizzazioni è di per se’ stesso pericoloso tanto per la democrazia quanto per il mercato e va eliminato dalla disponibilità delle organizzazioni medesime a prescindere dall’esito di processi penali che sanzionino le condotte personali più o meno associate.

Ecco che imbattersi in un soggetto seriamente indiziato di un reato contro la PA (non indiziato quindi di appartenere ad organizzazione mafiosa e nemmeno di vivere abitualmente di proventi illeciti), può significare imbattersi in una articolazione di questo tipo di sistema criminale. Può questa circostanza essere condizione sufficiente per avviare una indagine patrimoniale? Credo proprio di si. E qualora questa indagine patrimoniale mettesse in evidenza la disponibilità di beni di un valore incompatibile con il reddito dichiarato o l’attività economica svolta, sarebbe ragionevole procedere ad un sequestro di prevenzione? Credo proprio di si.

La prevenzione patrimoniale punta ad eliminare quel pericolo oggettivo rappresentato dalla ricchezza velenosa prodotta da condotte illecite, per sanzionare le quali c’è il processo penale: finalità e percorsi sono, o dovrebbero essere, chiaramente distinti.

Credo di non sbagliare dicendo che Pio La Torre, immaginando le misure di prevenzione patrimoniali in quel periodo storico, abbia voluto creare uno strumento di aggressione economica che prescindesse da quello penale, per arrivare prima della giustizia penale, se non sul piano della limitazione della libertà personale attraverso la detenzione (cosa che sarebbe stata e sarebbe intollerabile), almeno sul piano della ablazione della ricchezza. Forse fu anche una strategia per battere quella maledetta e mitica impunità che allora (Pio La Torre non vedrà mai funzionare il 416 bis) i mafiosi vantavano in maggioranza quando sottoposti al processo penale. Mutatis mutandis: oggi dovremmo parlare della impunità penale di cui troppo spesso godono i così detti “colletti bianchi” funzionali al tipo di operazioni cui mi riferisco sopra.

Credo che sarebbe stupido rifare da capo gli stessi “errori” che per 40 anni di storia repubblicana abbiamo fatto, perseguendo le singole condotte penalmente rilevanti, senza aggredire il sistema nel suo complesso, come poi avremmo fatto dall’82 in avanti, con ottimi risultati.

L’Europa, e non soltanto, dovrà imparare a fare i conti con questo tipo di organizzazione criminale, alzando gli scudi anche attraverso la prevenzione patrimoniale e sono convinto che ci metterà di meno a comprendere la portata di questa sfida rispetto a quanto ci abbia messo a comprendere la specificità della minaccia mafiosa. Per tanto non credo che ci sia il rischio che l’estensione dell’art. 1 provochi il rigetto di tutto il sistema della prevenzione patrimoniale, anzi scommetto che proprio per questo tramite se ne capiranno legittimità ed efficacia.

PS

E’ stato detto che il semplice indizio di colpevolezza fa scattare il sequestro patrimoniale, è falso. L’indizio di colpevolezza è soltanto l’innesco, a questo segue l’indagine patrimoniale che deve verificare la oggettiva disponibilità di una ricchezza non spiegabile col reddito dichiarato o con l’attività economica del soggetto indiziato.

E’ stato detto che il soggetto che subisce il sequestro patrimoniale è vittima di un provvedimento barbaro ed incivile, è falso. Il sequestro è soltanto il primo atto di un procedimento che ormai è sempre più paragonabile ad un processo penale sul piano delle garanzie della difesa e dei terzi coinvolti. La metà della riforma del Codice Antimafia ha ad oggetto proprio il miglioramento del procedimento, l’abbreviazione dei tempi, la maggiore trasparenza.

E’ stato detto che questo ampliamento metterà in ginocchio le imprese, è falso. Proprio la nostra riforma prevede l’introduzione dell’istituto del “controllo giudiziario” per le imprese (art. 34 bis. In aggiunta all’istituto dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34), che non conduce ne’ all’ablazione, ne’ allo spossessamento, ma ad un rigoroso e temporaneo controllo da parte dello Stato.

E’ stato detto che il sistema della prevenzione patrimoniale riguarda soltanto la mafia, è falso. Già oggi riguarda pure indiziati di altri delitti che non sono il 416 bis (per esempio tutti quelli cui si fa riferimento con l’art. 51 come 3 bis del cpp), e, senza che ci fossero levate di scudi, con questa riforma abbiamo ulteriormente allargato la platea agli indiziati di terrorismo. Dal che ancora di più si stenta a capire il motivo della rivolta per la corruzione.

E’ stato detto che la corruzione nel nostro Paese è un falso problema, strumentalmente enfatizzato… (cfr Papa Francesco)

 

Davide Mattiello

Roma, 7 Luglio 2017

Riforma codice antimafia: ottimo lavoro del Senato

La Commissione Giustizia del Senato ha lavorato bene: l’impianto della riforma confermato e migliorato. Gli emendamenti approvati dalla Commissione Giustizia del Senato sono stati concordati con la maggioranza alla Camera e questo credo che consentirà, dopo il voto dell’Aula del Senato, una veloce ultima lettura alla Camera. Ha prevalso in tutti il senso di responsabilità che ha consentito di mediare su alcune proposte avanzate in Senato che avrebbero modificato profondamente il testo approvato alla Camera. Invece con la mediazione raggiunta si potenziano ulteriormente gli strumenti dedicati in particolare alla gestione delle aziende in fase di sequestro, allargando la platea di soggetti qualificati a cui il giudice delegato potrà rivolgersi per amministrare le aziende, scongiurando il rischio che falliscano. Auspico che questo medesimo senso di responsabilità ci guidi fino alla approvazione definitiva del testo

Processo penale: sia messa la Fiducia

C’è un solo modo per essere certi di chiudere la partita sul processo penale: mettere la fiducia alla Camera come è stato fatto al Senato. Condivido le parole della Sottosegretaria alla Giustizia Chiavaroli, perché sulle intercettazioni bisogna sempre partire dalla premessa contenuta nella Costituzione che sancisce la sacralità della privacy nelle comunicazioni tra privati. Diversamente saremmo in uno Stato di Polizia e invece la nostra è una Repubblica fondata su una Costituzione antifascista. Ciò posto. le intercettazioni sono uno strumento investigativo altrettanto importante e la legge, che si perfeziona attraverso il testo di riforma del processo penale che dobbiamo votare la prossima settimana, disciplina l’equilibrio che deve esserci tra esigenze di giustizia ed libertà fondamentali. Per altro la nostra linea è in sintonia con quanto alcune delle principali Procure italiane hanno già stabilito autonomamente rispetto alla gestione di ciò che dopo essere stato intercettato risulti irrilevante ai fini della indagine per cui si procede

Senato: ritirare emendamenti a Codice Antimafia

(ANSA) – ROMA, 8 MAG – “Ritirare gli emendamenti in Senato è l’unica via per non far saltare la riforma del codice Antimafia: a sostenerlo è il deputato del Pd Davide Mattiello, relatore del provvedimento alla Camera. "Dopo oltre un anno e mezzo di stop, il Senato – afferma Mattiello – ha calendarizzato per il 16 Maggio l’arrivo in Aula della riforma, ma con la clausola ‘ove concluso’ dalla Commissione Giustizia. La Commissione Giustizia, qualora continuasse la discussione sul punto più problematico, quello delle competenze della Agenzia, rischierebbe di non concludere in tempo, con ciò perdendo l’appuntamento col l’Assemblea”. Mattiello evidenzia che se si volesse estendere la competenza della Agenzia anche ai sequestri, il lavoro della Agenzia aumenterebbe esponenzialmente e si dovrebbero trovare coperture impossibili per potenziarla, “facendola diventare una specie di nuova Iri. Diversamente il sistema collasserebbe.
L’equilibrio a suo tempo trovato alla Camera, d’intesa col Governo, è efficiente e tiene conto del bisogno rappresentato dalla magistratura di essere coadiuvata nella gestione dei sequestri e delle confische non definitive: infatti il testo approvato nel 2015 prevede la possibilità di farsi assistere dalla Agenzia. Con la Legislatura che volge al termine, l’atto politico più responsabile sarebbe ritirare gli emendamenti su questo punto e portare il testo in Aula il 16 maggio”

Riforma codice antimafia: rischiamo di buttare via tutto!

(ANSA) – ROMA – “Chiedo al Ministro Orlando di promuovere una riunione urgente sulla riforma del Codice Antimafia”. A dirlo è il deputato Pd Davide Mattiello. “Ho partecipato oggi – spiega – alla manifestazione nazionale convocata dai sindacati a Portella della Ginestra a 70 anni dalla strage di lavoratori, lavoratrici e bambini che segnò il debutto in epoca repubblicana della convergenza di interessi tra criminalità organizzata e pezzi di Stato: la liberazione del lavoro da ogni forma di mafia era allora ed è ancora oggi cartina di tornasole per capire la qualità democratica del nostro Paese. Lo sapeva bene Pio La Torre, padre del sistema di prevenzione patrimoniale che consente l’aggressione dei capitali illeciti e lo sa bene questo Parlamento che da quattro anni lavora al potenziamento del Codice Antimafia. Il Senato, che ha tenuto fermo il testo per oltre un anno e mezzo, adesso, con la Legislatura che volge al termine, non soltanto lo sta modificando, ma rischia di farlo stravolgendo l’impianto votato dalla Camera, che è coerente con la proposta uscita dalla Commissione Antimafia nel 2014”. “Ora – conclude il deputato che è stato relatore alla Camera del provvedimento – visto che la Commissione Antimafia è composta anche da 25 Senatori, alcuni dei quali fanno anche parte della Commissione Giustizia del Senato, vorrei proprio capire cosa è cambiato. In questo modo l’esito probabile del percorso è quello di buttare via tutto e credo che nessuno se lo possa permettere”

Beni confiscati: si voti!

‘il Ministro Minniti ha fissato la linea della mediazione ragionevole sulla riforma. Ora basta: si proceda col voto, senza stravolgere il testo votato alla Camera nel Novembre del 2011 figlio del lavoro della Commissione Parlamentare Antimafia. I magistrati, secondo il testo già votato alla Camera, potranno avvalersi della Agenzia come coadiuzione nella gestione fin dalla fase del sequestro. Certo bisogna tenere fermo il punto sul rafforzamento della Agenzia medesima, cui va un plauso per lo sforzo fatto a normativa vigente per dare più trasparenza e più efficacia al suo lavoro: Open Regio è un bel segnale in questo senso’

Riforma del Codice Antimafia: il Senato si assuma le sue responsabilità

Il Senato si assuma le sue responsabilità: ingiustificabile il blocco della riforma che nasce dal lavoro della Commissione Antimafia che è Commissione bicamerale. La riforma del Codice Antimafia che potenzia il sistema dei sequestri patrimoniali e della destinazione dei beni confiscati nasce dal lavoro di inchiesta e di proposta che la Commissione Antimafia ha fatto tra il 2013 e il 2014: in Commissione ci stanno tutti i gruppi politici e tanti deputati quanti senatori. Il testo approvato alla Camera l’11 Novembre del 2015 rispecchia quel lavoro, arricchito dalle proposte di importanti organizzazioni sociali come CGIL Libera Avviso Pubblico: come è possibile giustificare che quegli stessi Senatori che hanno condiviso il lavoro in Antimafia oggi non riescano a trovare il modo per portare al voto il testo? Qualcuno c’ha ripensato? Esca allo scoperto e si assuma le proprie responsabilità non solo davanti al Parlamento ma davanti al Paese, visto che per ogni azienda sequestra che fallisce a causa della inadeguatezza del sistema, la mafia festeggia perché lo Stato viene umiliato. La situazione che si sta vivendo nel foggiano in questo periodo dovrebbe essere un ulteriore sprone a fare tutti e fino in fondo il proprio dovere