Beni confiscati: é urgente una nuova Legge
(ANSA) – ROMA, 28 MAG – E’ urgente una nuova legge sui beni sequestrati e confiscati, non bisogna perdere altro tempo: il rischio, altrimenti, è favorire le mafie. A sollecitare il Parlamento a fare presto è Ernesto Morici. Magistrato messinese, in pensione da cinque anni, Morici nel corso della sua carriera tra la Sicilia, la Calabria e la Toscana, si è a lungo occupato di criminalità organizzata, di reati contro la Pubblica amministrazione, di due maxiprocessi alla ‘ndrangheta (ai clan Piromalli e Pesce) ed è stato il primo in Italia ad applicare la legge sul sequestro dei beni ad imputati per mafia, la Rognoni-La Torre, che nel 1982 introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all’accumulazione illecita di capitali. “Ero a Palmi ed era il 1983 – ricorda Morici – mettemmo sotto sequestro terreni, appartamenti, e camion appartenenti ad una famiglia mafiosa. Eravamo pionieri della nuova normativa e subito si posero una serie di problemi concreti: per gestire questo patrimonio si dovevano nominare custodi e amministratori. Oggi la mole dei beni sequestrati e confiscati da gestire è enorme: serve assolutamente un testo unico. Paradossalmente, infatti, sequestro e confisca sono facilmente realizzabili, il problema è restituire ad un circuito virtuoso, alla collettività degli onesti, i beni confiscati. Soprattutto la parte complicata è quella che concerne le grandi imprese, per le quali a volte la gestione e’ difficile. Ci vuole una costruzione che sia a 360 gradi e che i giudici non sono in grado di fare da soli, servono manager che aiutino a capire se le imprese sono salvabili o da far fallire. Altrimenti continuiamo ad assistere ad una situazione di stallo”. Per Morici, “il testo licenziato alla Camera nel novembre del 2015 è un buon testo, contiene novità importanti”. L’ex magistrato non critica neppure la parte oggetto di forti critiche da parte dei parlamentari Cinque Stelle che prevede che i giudici dei tribunali di prevenzione possano nominare come amministratori giudiziari anche i dipendenti di Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, una Spa partecipata al 100% dal ministero dell’Economia. “Le critiche dei Cinque Stelle possono avere una loro giustezza – osserva il magistrato – tuttavia bisogna trovare manager che si assumano la responsabilità di dire in breve tempo se una impresa può o no andare avanti. Gli stessi amministratori giudiziari non sempre sono manager e non lo è certamente il giudice: quanto più è complessa l’impresa tanto più è importante lo schieramento che lo stato deve mettere in campo. A Invitalia dovrebbe avere personale a conoscenza del mondo delle imprese, inoltre c’è sempre il controllo dell’autorità giudiziaria”. “La necessità di un contrasto alle mafie – conclude il magistrato – e’ attuale e non affatto superata”. Sono circa 27 mila gli immobili e le aziende sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata al 31 dicembre scorso ma ad oggi oltre l’85% delle imprese sottratte alla criminalità finisce per fallire, lasciando una scia di disoccupazione e di costi per le casse pubbliche.