Cara Elly Schlein, ho ascoltato il tuo appello, ma non mi ha convinto

Cara Elly Schlein,
ho ascoltato con attenzione il tuo appello “pirata”. Ancora una volta ci ho trovato la tua passione e la tua intelligenza, ma non mi ha convinto e provo a spiegare il perchè.
L’idea di ri-organizzare tutto il campo progressista e non di ridipingere questa o quella casa nella quale fatalmente ci sarebbe sempre qualcuno a sentirsi “ospite” è senz’altro centrale, ma che per farlo serva una rete orizzontale che dia spazio a tutte le migliori energie, ecco questo no. Tu avevi 6 anni quando nel 1991 venne fondata La Rete, venne fondata il primo giorno di primavera (suggestione che poi sarebbe stata utile ad altre fondazioni), venne fondata da persone coraggiose ed appassionate come te alle quali mi legano profondi sentimenti di stima ed amicizia, venne fondata per liberare le migliori energie progressiste dalla trappola ammuffita delle contrapposizioni ideologiche, accese grandi speranze e mobilitò davvero un’onda di partecipazione.
Sarebbe troppo facile ed ingiusto chiosare dicendo che la Rete nel 94 già stava in pezzi, che i suoi leader “pirati” già stavano litigando tra di loro, che di lì a poco la Rete si sarebbe sciolta e che i suoi “nodi” avrebbero preso strade anche molto diverse. Sarebbe ingeneroso chiudere così ed anche politicamente sciocco. Il punto è un altro: al di là della durata della Rete, la Rete ebbe sicuramente un merito storico e dunque politico straordinario, colse in pieno lo spirito del tempo e lo interpretò.
Quale spirito? Quello del dopo ’89, quello della necessità di chiudere i conti della Terza Guerra Mondiale, quello di liberarsi di una classe dirigente che aveva gestito il potere pubblico anche appoggiandosi alla mafia (Leoluca Orlando era stato stretto collaboratore di Piersanti Mattarella). W la Rete!
Oggi una rete pirata orizzontale, un luogo dell’auto rappresentazione delle forze migliori interpreterebbe lo spirito del tempo? Quale tempo stiamo vivendo? Per me il tempo del trionfo del capitalismo globale della finanza, dei dati, dell’energia, della chimica e degli armamenti. Il tempo del trionfo delle grandi organizzazioni criminali di stampo mafioso (quasi mai citate negli elenchi delle priorità) che diventano un subdolo surrogato dello Stato sociale. Come possiamo pensare di entrare nel conflitto per la gestione del potere pubblico con formazioni che abbiano nella propria genetica organizzativa il baco della fragilità, della litigiosità, del personalismo (perchè poi ad un certo punto la rete pirata le liste le dovrà pur fare e tu sai bene cosa succede).
Le democrazie parlamentari nazionali sono già quasi completamente svuotate di capacità di governo, se vogliamo salvare quel che resta e lavorare per ribellarci ad un destino che qualcuno ha già scritto, dobbiamo andare in un’altra direzione. Quel “luogo dove darsi appuntamento” che tu evochi, c’è già ed è il Partito Democratico: fu quello il luogo nel quale dopo un cammino lungo e faticoso durato quasi 20 anni si diedero appuntamento le migliori forze progressiste italiane. Esperimento fallito e morto: io non credo. E non ci credo perchè dopo 25 anni di militanza sociale e politica non credo nel mito della palingenesi, del nuovo inizio ricreativo che supera tutte le contraddizioni precedenti. Ho visto talmente tanti compagni e tante compagne andarsene sbattendo la porta più o meno schifati e sicuri che in un altrove avrebbero costruito la Terra senza bachi, che non ne posso più.
C’è la fatica di stare nei processi e costruire, se ci si riesce, ogni volta un centimetro in più di libertà, di giustizia, senza presunzione, con tanta forza: si chiama resilienza. Da quando sto nel PD ho perso più di quanto ho vinto: fui della mozione Civati, poi della mozione Orlando… infine della mozione Zingaretti. Ho sofferto, come tanti, ma non ho mai pensato di andarmene.
Perchè continuo a credere nel progetto politico messo a fondamento del PD: persino nella vocazione maggioritaria!! E ci credo oggi più di ieri e sai perchè? Perchè noi abbiamo una battaglia politica storica da vincere (o da perdere!), una battaglia che ci darà o meno la possibilità di combattere tutte le altre (ambiente, giustizia sociale, pace, lavoro…) ed è la battaglia per trasformare la claudicante Unione Europea nella Repubblica d’Europa, Repubblica federale fondata sull’uguaglianza di diritti e di doveri.
Solo così potremo avere la possibilità di ri-entrare da protagonisti nel conflitto globale per la gestione del potere, solo così onoreremo la sovranità del popolo e daremo una speranza alla democrazia. Domenica 14 il PD terrà la sua assemblea nazionale (chi altri si può ancora permettere una assemblea del genere?) e ancora una volta faremo del nostro meglio per spingere la notte un passo più in là.
Davide Mattiello
Presidente della Fondazione Benvenuti in Italia

Stimato Vladimiro Zagrebelsky, la satira serve a denudare il “Re”

Stimato Vladimiro Zagrebelsky,
mi aiuti a capire, perché c’è un passaggio nel suo editoriale di ieri “Quando la satira si rifiuta di essere responsabile” che mi pare pericoloso.
Ma andiamo con ordine.
Difendere la laicità delle Istituzioni repubblicane significa assicurare una patente di impunità a quella particolare forma di libertà di espressione che è la satira? Certo che no ed il suo editoriale su questo è preciso e convincente. Abbiamo imparato che l’avverbio meno democratico che esista è “assolutamente”: in democrazia nessuna libertà è assoluta, cioè irriconoscente un limite. È vero il contrario: ogni diritto, ogni libertà, in democrazia presuppone il riconoscimento di un limite, di un dovere. Anche la libertà di espressione, la cui manifestazione può quindi sempre essere criticata duramente ed anche sanzionata giudiziariamente. E questo vale anche per le vignette satiriche di Charlie Hebdo.
Qual è il punto che mi suona pericoloso? Quello nel quale lei scrive:
“Il dovere di responsabilità implica l’attenzione alle conseguenze, anche a quelle che non si possono giustificare, ma che si provocano. Non si tratta di rinunciare ad una propria libertà, ma di gestirla, modularla e attuarla evitando posture narcisistiche indifferenti agli effetti sugli altri. Non è grave gettare a terra un cerino. Ma non ignorando di essere in un pagliaio”
A leggere queste parole mi è tornato in mente Peppino Impastato, quando dalla emittente radiofonica Radio AUT prendeva in giro niente meno che don Tano Badalamenti, chiamandolo “Tano Seduto”. Anche a Peppino dicevano che stava tirando un cerino in un pagliaio perché era ovvio che prima o poi i mafiosi avrebbero reagito secondo la loro natura e gliela avrebbero fatta pagare. Perché appunto: era nella loro natura. Un po’ come quando il sette volte Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, commentando l’omicidio di Giorgio Ambrosoli, disse che era una che “se l’andava a cercare”. Un po’ come quella preside che tentò di proibire le gonne corte delle allieve perché agli insegnanti “ci cadeva l’occhio”. Non ci si può autocensurare presupponendo la naturale reazione violenta di alcuni dei destinatari della propria espressione. Anzi talvolta la provocatorietà della espressione serve proprio a far saltare fuori il demone della violenza, a smascherarlo. La satira serve a denudare il “Re” qualunque esso sia, per capire di che pasta è fatto, di quale reazione è capace. In questo senso non è tanto un cerino gettato in un pagliaio, ma un osso gettato nel buio.
Davide Mattiello
Presidente Fondazione Benvenuti in Italia
Consulente della Commissione parlamentare antimafia

Autopsia di Simone Canale: l’importanza di guardare anche contro luce

Oggi a Simone Canale fanno l’autopsia.
Simone aveva una quarantina d’anni, ‘ndranghetista legato alla cosca Alvaro, decide saltare il fosso e diventa collaborare di giustizia, per questo sottoposto a speciale programma di protezione. Dal programma aveva deciso di andarsene (perché?) ma questo non aveva fatto venire meno il suo ruolo di testimone nei processi (alcuni tra i più importanti che si celebrano a Reggio Calabria) e quindi il dovere dello Stato di proteggerlo a prescindere (come?), perché il diritto alla sicurezza non è ‘on demand’ e nemmeno l’interesse pubblico alla celebrazione dei processi.
Qualche giorno fa è stato trovato morto in casa, nonostante stesse bene. Oggi Simone è su un tavolo autoptico perché il suo avvocato non ha accettato il primo rifiuto della Procura di Biella (sì, stava a Biella in Piemonte!) alla richiesta di autopsia, ritenuta superflua (perché?). L’insistenza dell’avvocata Conidi ha provocato un ripensamento e l’autopsia è stata disposta. Ecco qual è il tema: la perseveranza nel porre domande, senza cedere allo smarrimento che il complicato mondo Mafia-Anti-Mafia spesso genera.
Faccio un altro esempio. Ieri è stata condannata dal Tribunale di Caltanisetta in primo grado ad 8 anni la ex giudice (non hanno radiato soltanto Palamara!) Silvana Saguto che avrebbe abusato sistematicamente del sul ruolo di Presidente della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Io voglio sapere a questo punto se Pino Maniaci, l’insopportabile e spudorato Pino Maniaci (lo sapevo anche prima delle intercettazioni) è un criminale dedito alle estorsioni, oppure è stato vittima di una vendetta da parte di pezzi infedeli delle Istituzioni. Magari non sarà il più ‘clamoroso caso di depistaggio della storia italiana’ ma meriterà pure un chiarimento.

ANSA in sciopero: senza informazione non c’è democrazia

I giornalisti di ANSA sono in sciopero da ieri e bisogna che questa novità faccia notizia. Si annunciano tagli ed ulteriore precarizzazione. Quando a raccontare la realtà saranno rimasti soltanto alcuni grandi gruppi industriali multinazionali che ne sarà della verità? Quindi della democrazia, perché è inutile girarci attorno: libertà e sovranità popolare dipendono dall’accesso ad informazioni di qualità. Non ho ancora ‘smaltito’ il modo indegno col quale è stato cacciato da Repubblica Verdelli, che arriva questa scelta drammatica della redazione di ANSA. Eppure nel Governo la sensibilità sull’argomento non dovrebbe mancare. Forza! La stampa libera é un bene pubblico!

Il comunicato di ANSA:
L’assemblea dei giornalisti dell’ANSA ritiene irricevibile il piano prospettato dall’azienda per recuperare gli ipotizzati minori ricavi legati all’emergenza sanitaria Covid-19. Le misure avanzate comprometterebbero gravemente la capacità dell’ANSA di assicurare un notiziario qualitativamente e quantitativamente adeguato alle esigenze del Paese in un momento in cui il ruolo dell’informazione è quanto mai essenziale. Un indebolimento, quello prospettato, che pare ancora più inconcepibile alla luce del riconoscimento della funzione che la politica tutta e le istituzioni hanno tributato all’Ansa in questa fase drammatica del Paese, nella quale il lavoro della redazione, che ha operato in smart working in assenza di dotazioni tecnologiche adeguate, è stato unanimemente ritenuto indispensabile nella lotta alle fake news. Per l’ennesima volta l’azienda intende raggiungere il pareggio dei conti scaricando i costi sui redattori e ancor peggio sui collaboratori e sui precari dell’agenzia privati, non solo di prospettive, ma anche di una retribuzione dignitosa, con la pretesa, inoltre, di raggiungere l’obiettivo entro il 2020. Con queste premesse si ritiene impossibile qualsiasi confronto con l’azienda, confronto che sarebbe ipotizzabile solo sulla base di una prospettiva di rilancio con una conseguente riorganizzazione del lavoro.

La redazione negli ultimi 15 anni ha subito progressivi tagli di organico e sacrifici economici che hanno compromesso il futuro dell’agenzia, rendendo così palese che l’assetto proprietario, immaginato 75 anni fa per garantire al Paese una fonte di notizie imparziale e indipendente, è ormai del tutto inadeguato ai tempi. I giornalisti dell’Ansa chiedono all’azienda un piano industriale e rivolgono un appello al Governo, al Parlamento, alla società civile e a tutte le forze democratiche, con cui proseguiranno un serrato confronto, perché facciano sentire la loro voce affinché si impediscano scelte che metterebbero a rischio uno dei principali pilastri del sistema informativo nazionale.

L’assemblea dei redattori dell’Ansa indice uno sciopero di 48 ore a partire dalle 7 di venerdì 15 maggio, proclama lo stato di agitazione e invita le redazioni a riunirsi subito dopo l’assemblea per definire possibili iniziative a sostegno dell’attività sindacale.

L’assemblea affida al Cdr un pacchetto di ulteriori 10 giorni di sciopero e lo sollecita ad avviare una azione che porti all’esterno la vertenza dell’ANSA attraverso una campagna di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei nostri lettori.

Il DL Rilancio non penalizzi il Terzo Settore

Dalla penalizzazione del Terzo settore danni sociali enormi: il Governo ci pensi bene. È fondamentale che in conversione del DL Liquidità il Parlamento modifichi l’art.1 includendo anche gli Enti non commerciali che svolgono attività di interesse generale non in regime di impresa, analogamente a quanto accaduto per la sospensione dei versamenti prevista dall’art. 18 dello stesso Dl. Chi si impegna quotidianamente a servizio della coesione sociale, cioè per fare in modo che nessuno rimanga indietro, non svolge soltanto una attività eticamente meritoria, svolge anche una attività economicamente rilevante prevenendo e attenuando tutte quelle circostanze umane che diversamente possono trasformarsi in sofferenza, solitudine, malattia, conflittualità, delinquenza. Cioè costi, costi e ancora costi!.

Basta guardare cosa succede quando in certe periferie urbane saltano i progetti di accompagnamento sociale, di inclusione lavorativa, di mediazione dei conflitti: bisogna mandare l’esercito e riempire lo spazio di telecamere. Oppure pensare che Save the Children stima in Italia un milione di minori in più a rischio povertà assoluta. La filantropia non basta! Pieno sostegno quindi alle posizioni recentemente espresse dal Sottosegretario Baretta.

RICOMPORRE LE PARTI

 

Sono stato coinvolto da Luciano Violante nel progetto editoriale “RICOMPORRE LE PARTI:
FRATTURE E CONTINUITÀ NELLA STORIA DELLE ISTITUZIONI REPUBBLICANE” 
che oggi vede la luce (tra pochi giorni anche in forma cartacea). Una grande sfida che mi ha sorpreso e messo alla prova: perchè Violante mi ha chiesto di scrivere proprio il capitolo dedicato alle stragi del 1992. Perchè io? Considerando che Violante è stato uno dei protagonisti di quella stagione e che con altri altrettanto autorevoli ho avuto modo di collaborare in questi anni. Perchè io? Che non sono ne’ uno storico, ne’ un giornalista, ne’ un testimone. Confesso che mi sono sentito profondamente inadeguato. Ma poi ho accettato e l’ho fatto per senso del dovere e anche per riconoscenza verso chi mi ha aiutato a capire in questi 20 e più anni di militanza, perchè le parole scritte possono anche essere un testamento ed una promessa. Faremo del nostro meglio per continuare la liberazione.

 

IL DIBATTITO PUBBLICO DOPO L’ULTIMA SENTENZA DELLA GRAN CAMERA DI STRASBURGO

La mia riflessione e quella di Gian Carlo Caselli, riprese da Libera Informazione, hanno sottolineato il rischio di fare pericolosi passi indietro, le pubblichiamo qui insieme ad una rassegna stampa ampia. Le Istituzioni europee farebbero meglio a capire con maggiore attenzione le ragioni che hanno spinto l’Italia a fare certe scelte nella lotta alla mafia, anche perché da tempo ormai la mafia non è più un problema soltanto italiano.

Leggi:

In Europa non sanno cos’è la mafia, l’articolo di Gian Carlo Caselli su liberainformazione

I gravi errori della CEDU, il mio articolo su liberainformazione

Ergastolo ostativo: la rassegna stampa

13 spunti per il contrasto alle Mafie

  1.  questa mattina anche un bambino di 8 otto (!) anni è stato fermato in una operazione contro il narcotraffico nella Piana di Gioia Tauro: è necessario realizzare la “Terza via” per permettere a donne e figli di cambiare strada
  2. bisogna potenziare la macchina della Giustizia adeguando gli organici, a cominciare dai GIP/GUP, come chiede da tempo il Procuratore Bombardieri
  3. bisogna ripristinare vincoli severi alla vendita dei beni confiscati alla mafia
  4. bisogna potenziare la cooperazione giudiziaria per riportare in Italia tutti i latitanti e rafforzare la Procura europea sull’esempio della DNAA italiana
  5. bisogna migliorare le condizioni di lavoro delle Forze dell’Ordine a cominciare dalla Polizia Penitenziaria
  6. bisogna tutelare la libertà di stampa dalla violenza delle querele temerarie
  7. bisogna superare la criminalizzazione della solidarietà, vero regalo alle mafie
  8. bisogna potenziare gli strumenti di sostegno alle vittime di mafia, soprattutto quelle che denunciano
  9. bisogna monitorare e rafforzare il 41 BIS impedendo che in qualunque modo i boss continuino a mandare segnali all’esterno
  10. bisogna rafforzare il contrasto ai patrimoni, soprattutto finanziari, delle mafie a cominciare dalla integrazione definitiva delle banche dati e col potenziamento della caccia informatica
  11. bisogna riformare la normativa sullo scioglimento degli Enti per infiltrazione mafiosa perchè mai più sia vissuta come una punizione verso una intera comunità
  12. bisogna ripristinare i controlli sui sub appalti e superare le contraddizioni introdotte nel Codice degli Appalti
  13. bisogna fare della scuola sempre di più una alternativa valida alla strada

(* il Punto 13 della bozza di programma di Governo fatta circolare ieri da 5S e PD: nella bozza il contrasto alla mafia non soltanto non sale sul podio delle priorità, ma neppure entra nella “top ten”: eppure mafia e corruzione restano il principale motore di disuguaglianza nel nostro Paese. Dai: era soltanto una bozza!)

PS: la foto è di Letizia Battaglia, maestra e amica

Fare dell’Europa una Repubblica: la sfida della nostra generazione

Fare dell’Europa una Repubblica
Fondata sull’uguaglianza di diritti e doveri
È la sfida della nostra generazione
È promessa di giustizia e libertà

Per il lavoro
Perché oggi dentro l’Unione europea ci si fa concorrenza sleale: la Repubblica d’Europa avrà un solo sistema fiscale. Perché l’Unione Europea debole non protegge abbastanza dalle bordate della speculazione finanziaria e delle altre potenze economiche globali. La Repubblica d’Europa avrà la forza di rinegoziare le regole del mercato mondiale.

Per l’ambiente
Perché la crisi climatica non può essere affrontata dai singoli stati nazionali. La nube radioattiva di Chernobyl non si è fermata alla frontiera! La Repubblica d’Europa avrà la forza per dare al Pianeta e a tutti noi una speranza, cominciando da politiche energetiche ancora più integrate e sostenibili.

Per l’umanità migrante
Perché è l’Europa tutta che deve farsi carico dell’umanità che scappa da guerra e miseria, provvedendo a soccorrerla e ad accoglierla. La Repubblica d’Europa avrà un sistema solo di integrazione e una sola politica estera e di cooperazione 

Contro i nazionalismi
Che sono falsi e pericolosi: promettono che a chiuderci in casa staremo meglio, la verità che aumenterà la competizione e si scatenerà la guerra. I nazionalismi meschini e criminali non hanno niente di serio da proporre per la crisi ambientale, per la crisi sociale scatenata dalla globalizzazione, anzi: cavalcano queste crisi per stupide rendite elettorali di breve periodo. 

Contro la mafia
Che è organizzazione criminale trasnazionale per natura e per arricchirsi ha bisogno di Istituzioni internazionali deboli o meglio ancora inesistenti. L’unione europea in questi anni ha fatto tanti passi nella direzione giusta di una sempre maggiore integrazione di forze di polizia, magistratura e apparati informativi: guai a tornare indietro! Gli assassini di Daphne Caruana Galizia e Jan Kuciak tracciano la strada da continuare.

Per fare dell’Europa una Repubblica ci vuole una Italia liberata dai nazional-supini, Lega-5Stelle, una Italia che faccia politica tenendo ben saldi i valori della Carta Repubblicana e che lavori impiegando le migliori energie con le Istituzioni europee affinchè il Parlamento europeo apra al più presto una nuova fase costituente che dia all’Unione europea un progetto di Costituzione repubblicana e federale.
Una legge
Un sistema fiscale
Un sistema di protezione sociale
Una politica estera
Una politica ambientale
È molto difficile… non troppo difficile!

Ricordare Roberto Antiochia, leggendo le parole della mamma

Oggi a Palermo vengono ricordati Cassarà e Antiochia, poliziotti assassinati dalla mafia il 6 Agosto del 1985.

La mamma di Roberto Antiochia, Saveria (*), scrisse una lettera durissima al Ministro dell’Interno, Oscar Luigi Scalfaro, pubblicata da Repubblica il 22 Agosto, vi prego di dedicare a questa lettera l’attenzione che merita:

SIGNOR ministro degli Interni, ho letto e riletto le sue parole e i suoi giudizi su quanto accade a Palermo e le scrivo per dirle che il mio dolore di madre è diventato anche rabbia, la stessa rabbia dei poliziotti di quella città. Ho visto anch’io cose penose a Palermo e, in particolare, escludendo l’accorata sincera umanità del presidente Cossiga, mi è pesata la presenza dei soliti coccodrilli di Stato all’ ennesima funzione in morte di un poliziotto. Parlo del funerale di mio figlio Roberto. Aveva 23 anni, la sua breve stagione si è conclusa con una raffica di mitra. Aveva lasciato gli studi, la nostra casa, prospettive di lavoro con il fratello maggiore, per entrare con grande entusiasmo in polizia. Aveva un ideale di giustizia e di legalità, sperava di dare un volto nuovo e più efficiente alla polizia, credeva di poter combattere malavita e mafia, credeva di poter migliorare questa società corrotta e degradata. PER un anno e mezzo a Palermo aveva lavorato con Cassarà e Montana. Le difficoltà, la solitudine, la precarietà della Squadra mobile invece di scoraggiarlo avevano aumentato il suo attaccamento al lavoro, ai superiori amici, ai colleghi, molti dei quali erano diventati per lui come fratelli. Era stato trasferito a Roma a fine dicembre 1984, per accontentare la fidanzata e me, che non ce la facevamo più a vivere con tanta ansia e paura. Era rimasto però con gran parte del suo cuore a Palermo dove tornava in licenza e, alla fine, pure in ferie. Ci era tornato per i funerali di Montana e aveva chiesto di riprendere temporaneamente servizio a Palermo, rendendosi conto della situazione disperata, pericolosissima. Sapeva che il suo governo e il suo ministero, come sempre lontani mille miglia, avrebbero prodotto solo parole. La Squadra mobile e i pochi funzionari rimasti erano soli. Cassarà in prima linea. Non gli era stata affidata l’ inchiesta sull’ assassinio di Montana, chissà perchè. Non gli era stata messa una camionetta, che dico, un solo agente di guardia sotto casa. Mancavano sempre i mezzi, a quanto pare. Cose strane sono accadute a Palermo in quei giorni. Un giornalista di “Repubblica” le ha chiesto, signor ministro, perchè a Palermo lo Stato avesse un “esercito di cartapesta”. Forse perchè fa comodo a molti, rispondo io. Giusto, signor ministro, niente bugie di Stato, e lasciamo anche da parte la retorica sul sacrificio fatto per servire lo Stato. Mio figlio è morto per la Squadra mobile di Palermo, per la sua Squadra mobile. E’ morto nel volontario, disperato tentativo di dare al suo superiore e amico Cassarà un po’ di quella protezione che altri avrebbero dovuto dargli, in ben altra proporzione, sapendo quanto fosse preziosa la sua opera e in quale tremendo pericolo fosse la sua vita. Per questo provo tanta amarezza e tanto rancore verso questo potere governativo cieco e sordo, che raramente mantiene le sue promesse, che è pronto, rapido e efficiente per i decreti “Berlusconi” o per trovare i fondi che raddoppiano il finanziamento dei partiti, mentre manda a morire indifesi, per carenza di mezzi e di volontà, uno dopo l’ altro, gli uomini migliori delle forze dell’ordine e della magistratura. Con questo Stato la lotta contro la mafia è davvero impari. Anche lei fa parte di quel potere governativo, signor ministro. Ha fatto bene a non venire da me al Duomo di Palermo, non avrei potuto stringerle la mano e tanto meno lo potrei oggi. Lei ha scoperto solo adesso quello che succede a Palermo: le due Questure, la Squadra mobile isolata e con mezzi assolutamente inadeguati, le infiltrazioni mafiose. Ma, mi scusi signor ministro degli Interni, lei dove vive? Di quali Interni si è occupato in questi anni del suo incarico? Come fa a non sapere quello che la maggioranza degli italiani conosce da tanto tempo perchè ripetutamente denunciato dai magistrati, dai dirigenti della polizia siciliana? Non legge i giornali, non guarda la Tv? Davvero lei adesso si sta informando? Davvero ha ancora bisogno di relazioni ministeriali per sapere? NIENTE bugie di Stato, ma non solo per la morte del giovane Marino. Niente bugie di Stato, signor ministro, anche sulle ragioni della contestazione dei poliziotti. Lei dice che è avvenuta solo a causa delle sospensioni e dei trasferimenti da lei decisi. E invece quella contestazione, fatta da un gruppo di uomini generosi, capaci e coraggiosi, ma ormai esasperati e delusi, viene da lontano. Viene da anni di lavoro durissimo e rischioso, in condizioni sempre più precarie. Viene da vane speranze, da promesse disattese. Viene da quel tragico corteo di morti, di colleghi e superiori barbaramente uccisi. Niente bugie di Stato, lei non vuole sentirsi dire che ha decapitato la Squadra mobile con quei trasferimenti, dice che è falso perchè è stata affidata a un funzionario esperto. Non dubito che quel funzionario sia ottima e capace persona, ma ha dichiarato lui stesso, proveniente da Firenze, di non conoscere nemmeno le strade di Palermo. Lei parla di sue decisioni sofferte, ma la sofferenza la lasci a noi che abbiamo avuto i morti. Lei dice che avrebbe dovuto dimettersi se non avesse agito in quel modo. Forse avrebbe fatto meglio, invece ha scelto di “dimettere” subito, e senza certezza di colpa, persone che non hanno poltrone preziose come la sua. Niente bugie di Stato, lei accetta l’ipotesi di infiltrazioni mafiose, forse in Questura, forse nella Squadra stessa. E allora che fa? Si accontenta di essere stato bravo a capire? Se ci sono ce le teniamo queste spie? Sono anni che vengono denunciate, pensiamo alla morte di Boris Giuliano, alla morte annunciata di Rocco Chinnici. E la mafia non avrà calato la sua mano pesante anche nella strana vicenda che ha portato alla morte di Marino? Che tragedia, signor ministro, e quanto grande e terribile è la sua responsabilità. Ho vissuto vicino a mio figlio in questi anni, ho soggiornato spesso a Palermo, ho conosciuto funzionari e colleghi. Ho visto che non avevano le macchine chieste da più di un anno, ho visto le alfette da inseguimento della Squadra mobile rattoppate, malridotte e riconoscibili anche dai bambini. Ho visto gli agenti usare le macchine personali o farsele prestare dagli amici. Ho visto disputarsi l’intera Squadra l’unico binocolo a disposizione. Ho visto i funzionari pagare gli informatori di tasca loro. Sono solo esempi, piccoli esempi di una grande sordità. Se lei fosse stato meno preoccupato per la sua incolumità, il 7 agosto, al Duomo di Palermo, avrebbe sentito in mezzo alle proteste degli agenti le nostre voci disperate. Quella di Assia, la fidanzata di Montana, la mia, quella di Cristina, la fidanzata di mio figlio, quella di Alessandro, ma soprattutto quella di Roberto dalla sua bara. E ora vada pure a dormire tranquillo, signor ministro, recitando le sue preghiere. Io non ci riesco più, me lo impedisce il mio dolore e una rabbia che non è solo mia.

di SAVERIA ANTIOCHIA (* per anni entrando nella sede di Libera a Roma la prima cosa che incontravo era il suo ritratto, perchè Saveria di Libera è stata una delle anime più forti ed indimenticabili)