GARANTIRE PROTEZIONE A CHI ROMPE COI CLAN

Le notizie che arrivano dalla Calabria ci spingono a stringerci attorno a magistrati e forze dell’ordine che stanno presidiando un territorio fortemente conteso dalla criminalita’ organizzata. La reazione dello Stato dipende anche dalla capacita’ di tutelare le persone che decidono di collaborare, tanto i testimoni di giustizia, quanto i collaboratori. Ma c’e’ una terza categoria di soggetti che va tutelata: le persone che, pur non avendo elementi da conferire alla magistratura, desiderano uscire da certi contesti sociali-criminali perche’ vogliono cambiare vita. E’ importante che anche queste persone sentano lo Stato accanto. Auspico che il Ministro Alfano insista in questa direzione. Sono tante le cose da fare con urgenza: per esempio ad oggi non risulta che siano state riassegnate le deleghe sulla pubblica sicurezza al vice ministro, che ha il compito di presiedere la Commissione Centrale.

La Commissione Antimafia apre l’inchiesta sui “testimoni di giustizia”

Sono arrivato in Parlamento sperando di poter far parte della Commissione Antimafia. Sono entrato in Commissione Antimafia sperando di potermi occupare dei “testimoni di giustizia”.
Ringrazio la Presidente Bindi di avermi dato questa opportunità, nominandomi coordinatore del V Comitato della Commissione, che ha tra i suoi obiettivi proprio questo.
Siamo intesi che questo è quello dal quale prenderemo le mosse.
 
In Italia la denuncia rappresenta ancora una sfida, un valore da inverare pienamente attraverso i comportamenti tanto delle Istituzioni, quanto dei cittadini. La forza delle mafie è soprattutto culturale e nel codice mafioso “l’alfa” è senz’altro l’omertà: farsi i fatti propri. Guai a chi rompe il vincolo: chi parla è un infame, meritevole della peggior morte.
 
“Denunciare” significa riferire di crimini che si sono visti commettere o che si sono concretamente subiti. Ma “denunciare” significa anche rompere con certi sodalizi e avere il coraggio di prendere altre strade. Denunciare, insomma, è tanto contribuire alle indagini con ciò che si sa e che si mette a disposizione della magistratura, quanto contribuire alla giustizia, sfilandosi dalla rete di relazioni criminali: un tessuto lacerato, è un tessuto indebolito.
 
L’inchiesta della Commissione procederà su un doppio binario. Da un lato ascolteremo coloro che sono responsabili della tutela: il Vice Ministro dell’Interno, la Commissione Centrale, il Servizio Centrale, ma anche la DNA per capire quali sono i criteri usati per stabilire chi sia ad aver bisogno di tutela. Approfondiremo il funzionamento del sistema che dall’accoglienza del testimone, conduce fino al suo pieno reinserimento nella vita normale, al termine dei processi. Verificheremo tempestivamente l’iter di attuazione delle nuove norme per l’inserimento lavorativo dei testimoni.
Dall’altro lato ascolteremo i testimoni stessi: quelli che sono attualmente nello speciale programma di protezione, quelli che ne sono usciti con la capitalizzazione, quelli che non sono voluti entrare, preferendo essere tutelati in loco. Approfondiremo la qualità del rapporto tra testimone e apparati, la qualità della vita dei testimoni durante la protezione e anche la qualità della loro vita successiva ai processi e alla capitalizzazione.  
 
Oggi, 31 Marzo, ricordiamo Renata Fonte, assassinata nel 1984 a Nardò, dove era da due anni assessore alla cultura e all’istruzione. Renata Fonte si oppose alla speculazione edilizia che mirava a fare di Porto Selvaggio, un luogo privato, per soli ricchi. Oggi, grazie alla denuncia caparbia di Renata, Porto Selvaggio è un parco pubblico a disposizione di ogni cittadino. Con questa coscienza, che diventa impegno a fare ciascuno la propria parte in spirito di servizio, auguro a me stesso e agli altri membri del Comitato, buon lavoro.
 
Davide Mattiello

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Ancora una volta il meglio rischia di essere nemico del bene.

Sembra proprio che ci sia qualcuno che la riforma del 416 ter non la vuole; faremo di tutto per far sì che questo non avvenga. Non siamo mai stati sordi alle parole di coloro che muovevano delle criticità sia sul testo Camera del 16 luglio sia oggi su questo testo; vorremmo trovare la sintesi più alta di tutte compatibilmente però con l’esigenza di avere la norma funzionante, perchè c’è l’esigenza di averla riforma in tempo utile per questa tornata elettorale.

Ad ogni buon conto, ed in punta di diritto…

cari,

spero, come voi, che la capi gruppo di oggi pomeriggio stabilisca tempi certi per la ricalendarizzazione della discussione con voti, per il 416 ter.
Avverto nell’aria la tentazione di modificare il testo, contando poi sulla “legislativa” in Senato, per fare in fretta a chiudere.
Soltanto a pensarci, mi si rizzano i capelli (che detto da me!): ancora ho negli occhi l’allora Ministro per i rapporti col Parlamento, Dario Franceschini, quando il 23 Luglio, alla Camera, poco dopo l’esplodere delle polemiche sul testo che avevamo approvato e che proprio quella mattina sbarcava in Senato, dove la Commissione Giustizia avrebbe dovuto approvarlo senz’altro in “legislativa”, ci rassicurava sostenendo che ci sarebbe stato soltanto uno slittamento di qualche ora (sic). 
Nessuno ci crederebbe più. Ognuno sarebbe legittimato a pensare che per qualcuno la preoccupazione maggiore sia quella di tardare quel tanto, da non rendere applicabile la norma nelle imminenti campagne elettorali. Per non fare uno sgarbo a qualche amico, la fuori.
Insomma un massacro.
Rammento, come si suol dire, prima di tutto a me stesso, che sui profili di costituzionalità abbiamo avuto le pronunce positive senza condizioni delle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato.
In più, se può servire, la giurisprudenza di Cassazione conosce eccome l’utilizzo del termine “disponibilità” , anche nella articolazione “disponibilità a soddisfare le esigenze”. Da notare che la giurisprudenza di Cassazione utilizza questi concetti proprio per descrivere il rapporto tra mafia e “terzi” che alla mafia si avvicinano. E’ proprio la specificità del “fatto” mafia, tutto fondato su sodalizi segreti, che si manifestano per le conseguenze che producono nel tessuto sociale, in termini di assoggettamento e quindi di orientamento delle decisioni dei singoli e delle Istituzioni, che impone l’utilizzo, anche nella costruzione delle norme penali, di concetti necessariamente più sfumati e sconfinanti nel sociologico. Fu così anche per il 416 bis, per non parlare del pilastro del contrasto alle mafie: l’aggressione ai patrimoni. Non dimentichiamo che la stragrande maggioranza dei provvedimenti di sequestro, è fondata su misure di prevenzione, in assenza di reato.
Ad ogni buon conto, qualche esempio:
 
Sez. 5, Sentenza n. 4893 del 16/03/2000 Ud.  (dep. 20/04/2000 ) Rv. 215964
Mentre nel reato di scambio elettorale politico-mafioso (art 416 ter cod.pen.) non è necessario, ed anzi è improbabile, che il politico aderisca, quale componente o concorrente esterno, alla struttura malavitosa (essendo semplicemente previsto che egli abbia ottenuto promessa di appoggio elettorale, contro effettivo versamento di denaro), nella ipotesi in cui la associazione mafiosa si impegni per ostacolare il libero esercizio del diritto di voto o per procurare voti ad un determinato candidato (art. 416 bis comma terzo, ultima parte cod.pen.), quest’ultimo o sarà un aderente, a pieno titolo, alla suddetta associazione, ovvero, in quanto uomo politico estraneo alla associazione, ma disponibile al soddisfacimento delle esigenze della stessa
 
Sez. 5, Sentenza n. 12679 del 24/01/2007 Cc.  (dep. 27/03/2007 ) Rv. 235987
In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, l’ordinanza cautelare personale che configuri il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso nella incondizionata disponibilità di un medico a prestare assistenza sanitaria ad esponenti mafiosi
 
Sez. 6, Sentenza n. 26119 del 09/05/2003 Ud.  (dep. 18/06/2003 ) Rv. 228303
In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, la prova dell’assunzione della qualifica di uomo d’onore comporta non solo l’accertamento dell’appartenenza dell’interessato alla mafia – nel senso di un suo personale inserimento nella compagine degli appartenenti all’organizzazione criminosa – ma anche la dimostrazione di un suo contributo causale all’integrazione del reato associativo, posto che l’obbligo solennemente assunto direndersi disponibile per ogni esigenza della cosca
Buona giornata,
Davide Mattiello

Tempi certi per il voto di scambio

Abbiamo a portata di mano l`occasione unica di inserire nel codice penale norme severe contro lo scambio politca-mafia; si tratta di norme attese da oltre 20 anni fa. Per questo mi auguro che la capigruppo di questo pomeriggio decida di mettere in calendario per la prossima settimana il voto della legge; ulteriori rinvii sarebbero del tutto incomprensibili e ingiustificati. In occasione del rinvio dello scorso luglio ci venne assicurato che si sarebbe trattato solo di qualche ora. Ma da allora sono trascorsi ben 8 mesi. È fondato il sospetto che ci sia chi voglia impedire l`applicazione della legge in occasione delle imminenti campagne elettorali. Sarebbe inammissibile.

 

Raccogliamo l’appello di don Ciotti e di Libera e affinche’ il 416 ter venga approvato al piu’ presto: se il testo venisse cambiato anche solo di una parola dovrebbe tornare all’esame del Senato. La norma e’ buona e sara’ efficace. Non ci sono problemi di costituzionalita’: oggi la Camera ha respinto la pregiudiziale di costituzionalita’ ma ancora prima sia la Commissione Affari Costituzionali del Senato che quella della Camera, presieduta dall’on. Sisto, avevano dato un parere positivo e senza condizioni

Grazie Presidente,

Oggi cominciamo a scrivere l’ultima pagina di questo importante iter legislativo, che riguarda la modifica dell’art. 416 ter del codice penale.

Iter fortemente e autorevolmente stimolato dalla massiva campagna dei “Braccialetti bianchi”. Campagna alla quale hanno aderito centinaia di parlamentari e centinaia di migliaia di cittadini. Campagna che ha focalizzato la propria proposta nelle parole “altra utilità”: quelle parole che stavano già nell’originario progetto di legge auspicato dal pool di Palermo oltre vent’anni fa, parole che saltarono allora, quando il testo venne approvato all’indomani delle stragi, l’8 Agosto del 1992. Parole che in qualche misura la giurisprudenza aveva comunque tradotto all’interno del significato della parola “denaro”. Parole che in ogni caso la Camera aveva inserito, sine glossa, già nel testo licenziato in prima lettura a Luglio.

Anticipo che l’intenzione che io qui rappresento, è quella di scriverla al più presto quest’ultima pagina, confermando senz’altro il testo così come inviatoci dal Senato.

Il Senato ha modificato in diversi punti il testo che la Camera approvò all’unanimità nel mese di Luglio. Usando una metafora, il rapporto tra il testo approvato dal Senato e quello che approvammo alla Camera, è il rapporto che esiste tra un fiore che dispiega i suoi petali e il precedente bocciolo: non c’è soluzione di continuità tra le due realtà. Non c’è contraddizione. C’è piuttosto una coerente evoluzione, resa possibile dal tempo e dal bicameralismo. Il Senato ha portato a maturazione quanto stava già in nuce nel testo Camera. Rispecchiando finalmente quanto auspicato dalla proposta di Legge a prima firma Sanna, dalla quale il Partito Democratico aveva preso le mosse.

Il Senato ha eliminato il termine “consapevolmente” ritenendolo inutile. Ha aggiunto la parola “promessa” sia rispetto ai voti che la mafia si impegna a procurare, sia rispetto alla contropartita, che il politico si impegna a realizzare, al fine di stigmatizzare più efficacemente il momento della consumazione del reato, ma su questo tornerò tra poco. Ha inteso come oggetto possibile della contropartita il denaro, qualunque altra utilità, ma anche la disponibilità a soddisfare interessi o esigenze dell’organizzazione mafiosa. Ha infine equiparato le pene a quelle previste dal 416 bis.

Sono state sollevate critiche a questa nuova formulazione, critiche animate dalle migliore intenzioni: consegnare all’Italia una norma penalmente ben costruita, inattaccabile sul piano della legittimità costituzionale e quindi utile davvero a rompere i velenosi rapporti tra politica e mafia. Sono quindi critiche degne della massima attenzione. Critiche che si sono appuntate soprattutto sull’utilizzo del termine “disponibilità”, mai introdotto prima nel codice penale, e ritenuto cifra di una norma imprecisa nel circoscrivere il perimetro della condotta da sanzionare. Imprecisa e quindi pericolosa, per i cittadini che hanno il sacrosanto diritto di sapere in anticipo e compiutamente per quali comportamenti saranno perseguiti dallo Stato, tanto più se il gioco ci sono così tanti anni di galera.

Come rispondiamo a queste critiche? Come rassicuriamo cittadini, operatori del diritto e colleghe e colleghi deputati, chiamati a licenziare questa norma?

In due passaggi.

Prima di tutto dobbiamo chiarire quale sia l’intento della norma, per isolare il nucleo della fattispecie. L’intento della norma si comprende bene procedendo per sottrazione: la corruzione elettorale è già colpita dagli artt. 96 e seguenti del TU 361 del 57; la coercizione elettorale è già colpite dagli artt. 85 e seguenti della 570 del 60; abbiamo già l’art. 7 con il quale si sanziona come aggravante l’utilizzo del metodo mafioso. Abbiamo il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, di elaborazione giurisprudenziale, per colpire il vantaggio concreto apportato dal politico all’organizzazione mafiosa. Infine abbiamo il terzo comma dell’art 416 bis, in cui venne inserita la finalità “elettoralistica”, nello stesso momento in cui fu inventato il 416 ter: due facce della stessa medaglia. Se queste sono le tessere già messe sul tavolo per salvaguardare il bene giuridico grande della correttezza del momento elettorale, cosa aggiunge il novellato 416 ter? Aggiunge la rilevanza penale di chi, politico o suo rappresentante, si “siede a tavola” con la mafia, sapendo di sedersi a tavola con la mafia, con l’intenzione di aumentare il proprio potere, attraverso il potere della mafia stessa. Lo spot va dunque acceso sul comportamento dell’uomo politico che pur di acquisire maggiore potere, si accorda con la mafia. Tanto è vero che sono il secondo comma del 416 ter e il terzo comma del 416 bis  e l’art. 7, quelli precipuamente dedicati a colpire i mafiosi. La fattispecie resta nel suo complesso quella di un reato-contratto, che pretende, al fine di perfezionarsi, l’incontro tra due volontà, tuttavia e ciò posto, proprio l’aver articolato il nuovo 416 ter in due distinti comma, prevedendo col secondo di colpire in maniera specifica il mafioso che conclude l’accordo, giustifica la sottolineatura: il primo comma mette in evidenza e sanziona il comportamento tipico del politico o di chi lo rappresenta.

La promessa o la erogazione di denaro, di qualunque altra utilità, fino alla disponibilità a soddisfare esigenze o interessi della organizzazione mafiosa, descrivono il contenuto della volontà con la quale il politico si dispone all’accordo, ma non determinano la consumazione del reato, non hanno a che fare con il perfezionamento della condotta.

Che cosa ha dunque a che fare con la consumazione del reato? Con il perfezionamento della condotta? Cosa in altri termini dovrà essere provato e se provato costerà al politico e, o al suo rappresentante, fino a 12 anni di galera? Gli stessi che, resta inteso, rischia il mafioso che ha fatto da controparte.

La consapevolezza di “sedersi a tavola” col mafioso, in campagna elettorale, per stringere un accordo di reciproca utilità.

Il messaggio è forte e chiaro: in campagna elettorale con i mafiosi guai ad intendersela. Punto. Verrebbe da dire che il politico non dovrebbe intendersela mai con la mafia, ma appunto in questo sta la differenza tra una norma morale e una norma penale, che deve tipizzare una condotta, cavandola fuori dall’insieme dei comportamenti umani. Il messaggio è severo e carico della dolorosa storia italiana: chi fa politica in Italia non può non chiedersi a priori chi sia Tizio e chi sia Caio. Discriminando Tizio qualora risulti un qualche suo coinvolgimento con l’organizzazione mafiosa. Insomma: al politico italiano la legge impone un carico di responsabilità maggiore e specifico nel discernere i soggetti con i quali stabilire accordi

In questo il Parlamento deve assumersi fino in fondo il proprio compito, rappresentando la sovranità del popolo: nello stabilire liberamente quali siano i comportamenti ritenuti gravi per la Repubblica e come sanzionarli, nel rispetto dei vincoli costituzionali.

Con questa norma il Parlamento prende atto una volta di più che la forza delle mafie nel nostro Paese è un fatto speciale, che dipende in buona misura dalla debolezza dello Stato e quindi dalla debolezza di una certa politica. Una politica spesso corrotta e molliccia, in debito di credibilità e quindi di consenso, che non cerca di risalire la china, raddrizzando la schiena, ma piuttosto cerca scorciatoie, sgrufolando in basso come maiale in cerca di ghiande. Questo Parlamento, con questa norma dice a chi fa e vuol fare politica in questo Paese: su la schiena! Lo dobbiamo ai tanti servitori dello Stato che hanno pagato con la vita la straordinaria normalità dell’onestà e della lealtà verso le Istituzioni.

Mi avvio alle conclusioni.

Qualcuno a questo punto potrebbe pensare: Ma, se è questo il fuoco, meglio sarebbe stato tenere l’avverbio “consapevolmente”?

No, bene toglierlo: perché nei delitti il dolo, cioè intenzione e consapevolezza soggettiva dell’autore del reato, deve sempre accompagnare ogni segmento della fattispecie.

Qualcun altro potrebbe pensare: Ma allora, se questo è il fuoco, non è corretto affermare che le parole “disponibilità a soddisfare…” rappresentino un primo tentativo di dare forma legislativa al reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

No, bene affermarlo: perché il concorso esterno colpisce il “terzo”, in questo caso il politico, che arreca concretamente un vantaggio alla mafia e per la mafia il primo vantaggio concreto, arrecato dal politico è la propria vicinanza, che può essere vantata, con ciò di per se’ aumentando il prestigio delle organizzazioni mafiose.

Infine, Presidente e colleghi, due forti auspici per il futuro prossimo.

Il 416 ter così novellato è cosa buona e giusta da approvare. Ma arriva con 20 di ritardo e rischia di essere almeno in parte superato dagli eventi. Mi spiego: lo schema sotteso al 416 ter rimanda ad una alterità dialettica tra politici e mafiosi. Da una parte ci sta la mafia e dall’altra la politica, politica e mafia si parlano e si intendono. Questo schema è oggi meno rappresentativo di 20 anni fa e rischia di riguardare una mafia, pur sempre temibile, ma non la più potente. Gli osservatori più attenti ci avvertono che ormai i sistemi mafiosi sono diventati grandi sistemi economico-finanziari, che vivono per lo più nella legalità e che quindi non hanno bisogno di cercare il politico per accordarsi. Il politico lo “producono” nel gioco normale delle alleanze di potere. Ecco perché è così importante l’aggressione ai patrimoni mafiosi su scala internazionale, anche per questo sarà così strategico il semestre europeo guidato dall’Italia.

Secondo auspicio: il 416 ter non copre le “primarie”. Le primarie sono considerate un fatto privato interno ad una associazione (il partito) e quindi la loro correttezza non è considerata un bene tale da doversi salvaguardare attraverso la norma penale. Per questo è così importante che la nuova legge elettorale per la Camera, oggi all’esame del Senato, preveda dei correttivi. Sono certo che i senatori, le senatrici e segnatamente il Presidente Grasso, recepiranno con la consueta attenzione questo mio auspicio, che rappresenta il desiderio di molti. 

Incostituzionale è tollerare il rapporto tra politica e mafia

L’unica cosa incostituzionale e’ continuare a tollerare il rapporto tra politica e mafia: Forza Italia se ne faccia una ragione". Cosi’ Davide Mattiello, deputato del Pd e relatore del provvedimento sul reato di scambio elettorale politico-mafioso, all’esame dell’Aula di Montecitorio da questa settimana, e sul quale Forza Italia ha annunciato la presentazione della pregiudiziale di incostituzionalita’, una scelta che Mattiello ha definitivo “molto grave”.(ANSA)

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