Il manifesto promosso da Sergio Chiamaparino è un’ottima piattaforma dalla quale partire per articolare il futuro che vogliamo per il nostro Piemonte.
C’è un “Sì” che sta tra le pieghe del manifesto, che è bene far sbocciare in tutta evidenza: “SI” ad un Piemonte senza mafia e corruzione! Perché mafia e corruzione sono ancora il principale fattore di diseguaglianza sociale nel nostro Paese e purtroppo le più recenti inchieste (da Barbarossa a Geenna, passando per Sanitopoli) dimostrano che sono attuali il rischio e il danno anche per il nostro territorio.
Cosa può fare la Regione per realizzare questo “SI”?
- Dare impulso all’utilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia in Piemonte, che è secondo tra le Regioni del nord per numero di beni confiscati, ma ultimo in Italia per utilizzo sociale ed conta situazioni come quella del Castello di Miasino e della villa di San Giusto Canavese su cui non è possibile traccheggiare.
- Rafforzare il monitoraggio del ciclo del contratto pubblico, anche intensificando la collaborazione con forze dell’ordine e magistratura al fine di aggiornare costantemente la mappa degli operatori economici e finanziari che agiscono sul territorio.
- Investire nella formazione dei pubblici amministratori e dei funzionari pubblici affinché maturi la consapevolezza del fenomeno e la conoscenza degli strumenti che consentono di prevenirlo e contrastarlo.
- Implementare le risorse a sostegno degli imprenditori in difficoltà al fine di prevenire e ridurre il rischio di sovraindebitamento e prestito usurario.
- Potenziare gli interventi di contrasto alla dispersione scolastica, anche attraverso il continuo miglioramento della qualità del patrimonio immobiliare, perché la scuola è il primo anticorpo al linguaggio mafioso e violento ed è la prima forza di emancipazione personale.
- Investire negli interventi di inclusione sociale dei soggetti più vulnerabili, perché offrire a tutti coloro che ne hanno bisogno una seconda opportunità costruisce molta più sicurezza sociale di quanto non facciano paura e segregazione.
Davide Mattiello
Presidente della Fondazione Benvenuti in Italia