Io non ho fatto (quasi) niente: bilancio di Legislatura

Io non ho fatto (quasi) niente

Rispondo così e non per provocazione, ai tanti che mi hanno chiamato o che mi hanno scritto per congratularsi con me per la riforma del sistema tutorio dei Testimoni di Giustizia che ieri il Senato ha definitivamente approvato.

Così come accadde dopo l’approvazione della riforma del 416 ter, voto di scambio politico mafioso, della riforma Codice Antimafia, della istituzione del 21 di Marzo, Giornata nazionale dedicata alle vittime (innocenti) delle mafie

Nel bene e nel male, quello che si fa in Parlamento è il frutto di un lavoro collettivo, sempre animato da diverse intenzioni, spesso agitato da tensioni ideologiche e materiali.

Nel bene e nel male il prodotto della attività parlamentare è specchio dei rapporti di forza tra i partiti e dentro ciascun partito, non c’è nessuna autorità sovraordinata a garantire armonia e razionalità, ne’ tanto meno il perseguimento coerente e lineare del “Bene comune”: c’è quel che si fa attraverso il conflitto. E’ la democrazia.

Quando il Partito Democratico mi propose la candidatura nell’ormai lontano Dicembre del 2012, ne ero consapevole e accettai quella proposta sperando di contribuire ad una azione politica che avrebbe realizzato le scelte di cui avevamo sentito il bisogno negli anni lunghi di militanza sociale che mi aveva visto impegnato.

E’ stato un quinquennio complicato, partito senz’altro quasi nel peggiore dei modi, tra non-vittorie, subitanee scissioni (Italia Bene Comune morta alla prima assemblea), Governi no-alternative, ma oggi posso dire che ne è valsa la pena e che è stato un privilegio servire le Istituzioni repubblicane.

Quello che si poteva fare, l’abbiamo fatto.

Non tutto e non sempre come avremmo voluto, certo. Ma è stato fatto.

Sono grato a chi, avendo esperienza e competenze molto maggiori delle mie nella difficile gestione del processo parlamentare, ne ha determinato l’esito. Tre esempi paradigmatici: le mie due Presidenti, l’on. Bindi della Com Antimafia e l’on. Ferranti della Com Giustizia, leonesse differenti nei modi, ma non nella caparbietà e nel senso dello Stato; la delegata d’Aula, on. Cinzia Fontana, severa e umanissima nel governo del gruppo.

La democrazia offre una occasione alla composizione non violenta del conflitto sociale (il che è davvero molto, in tempi di rigurgiti fascisti), che questa occasione sia colta o sprecata, dipende dalla qualità dei partiti e i partiti sono fatti di persone. E’ il partito che garantisce quella continuità di saperi ed orientamenti, che va oltre il contributo che i singoli possono dare temporaneamente stando dentro le istituzioni: i singoli è bene che passino, le Istituzioni e la capacità di farle funzionare no. Professionalità senza professionismo, ma anche senza improvvisazione.

Con me il PD ha mantenuto le promesse: chi conosce la storia del contrasto alle mafie in Italia sa che quasi sempre lo Stato ha fatto cose buone, soltanto reagendo al sangue versato dalla violenza criminale. Le riforme più importanti cioè sono state il frutto amaro degli eccedi di mafia: dopo Ciaculli, dopo via Carini, dopo Capaci e Via D’Amelio.

Noi abbiamo approvato leggi buone senza la dittatura del sangue: perché ci abbiamo creduto. Alcune di queste riforme erano attese da oltre vent’anni: i delitti ambientali, il voto di scambio, la istituzione della Giornata delle vittime di mafia, lo Statuto dei Testimoni di Giustizia. Altre hanno rappresentato una inversione a U rispetto al trend degli anni precedenti: il falso in bilancio, l’autoriciclaggio, l’anti corruzione, la prescrizione. Altre hanno provocato anche qualche fastidio e qualche incomprensione di troppo come le nuove norme contro il caporalato e il nuovo Codice Antimafia.

Il partito perfetto è quello che non esiste, il partito migliore è quello che ancora non conta niente. Un partito che conti e che si assuma la responsabilità di governare è un partito che si compromette con la realtà, che lo deforma, penetrandolo di ogni ambizione più o meno lecita. Talvolta fin troppo e c’è senz’altro il rischio che il partito si snaturi, ma è proprio per questo che conviene starci dentro e gremirlo di resistenze, piuttosto che sottrarsi, facendo il gioco delle spinte che sfigurano.

Anche questa lezione si impara osservando le mafie che purtroppo per noi hanno una formidabile capacità di resilienza e se la ridono di ogni sfarinamento inconcludente.

Il PD ha una base giovanile straordinaria che ho avuto modo di incontrare in ogni angolo di Italia: sono certo che loro contribuiranno a fare meglio quello che noi non siamo riusciti a fare fin qui. E anche questo è un gran conforto.

 

Davide Mattiello

Deputato, PD, XVII Legislatura

Testimoni di Giustizia: ce l’abbiamo fatta!

L’aula del Senato ha approvato in via definitiva la legge sulla protezione dei testimoni di giustizia.

Senza il lavoro corale di Parlamento e Governo questo risultato non sarebbe stato possibile: il valore dei Testimoni di Giustizia oggi ha il suo pieno riconoscimento.
La Legge appena approvata all’unanimità oltre a cambiare in maniera concreta la gestione della sicurezza dei Testimoni di Giustizia, sia sul piano della prevenzione del rischio sia sul piano del sostegno economico e psicologico, manda un messaggio chiaro e ineludibile: il cittadino per bene che avendo assistito ad un delitto o avendolo subito decide di denunciare, con ciò esponendosi ad un rischio tale da rendere inadeguate le ordinarie misure di sicurezza, è un tesoro repubblicano e come tale va trattato. Non è un “infame” perché non si è impicciato dei fatti suoi, non è un “costo” da minimizzare. D’altra parte la legge fa chiarezza su eventuali abusi: fissa paletti precisi sul profilo del Testimone di Giustizia, per evitare che la qualifica venga scambiata per uno status, acquisito una volta per sempre.
Voglio ringraziare i consulenti e i funzionari della Commissione Antimafia che hanno contribuito in maniera decisiva alla inchiesta che svolgemmo nel 2014 sulla condizione dei testimoni di Giustizia e alla successiva stesura della proposta di legge, che ha trovato il pieno sostegno di tutte le forze politiche.

Lamezia Terme, codice Antimafia e riforme

Continuare l’azione anti mafia portata avanti in questi anni: la sfida è la corruzione clientelare. Lo scioglimento del Comune di Lamezia Terme, dove ieri mattina ho avuto modo di confrontarmi con Libera e la CGIL in un dibattito sul Codice Antimafia, ci sprona a continuare sulla via delle riforme approvate in questi anni. Infatti il Codice Antimafia, il reato di voto di scambio, quello di autoriciclaggio, i delitti ambientali, il falso in bilancio, il più rigoroso contrasto del caporalato, la tutela rafforzata per gli amministratori locali, sono state tutte riforme mirate a rendere sempre più sconveniente il sodalizio mafioso e quello non meno grave di chi corrompe sistematicamente, dirottando risorse pubbliche e impoverendo il tessuto sociale. Dobbiamo continuare, rivedendo anche la normativa che permette lo scioglimento dei Comuni per renderla più efficace, sapendo però che lo strumento dello scioglimento serve soltanto ad interrompere l’infiltrazione mafiosa: è come un ‘salva vita’ che scatta quando il circuito elettrico si surriscalda, non è lo scioglimento che risolve il problema. Per risolverlo ci vuole una diversa cultura politica che rigetti esplicitamente i voti mafiosi e clientelari e punti a far tornare a votare i tanti cittadini per bene che sempre più spesso rinunciano a prendere parte. Purtroppo, più cresce l’astensionismo, più i voti sporchi diventano decisivi

No ai fuochi d’artificio sulla pelle dei Testimoni di Giustizia!

No ai fuochi d’artificio sulla pelle dei Testimoni di Giustizia! Rischia di saltare dal programma dei lavori del Senato, dopo oltre quattro anni di lavoro e nonostante il consenso unanime delle forze politiche su una riforma attesa da 25 anni, che riconosce piena dignità ai cittadini onesti che a causa delle denunce che fanno si espongono ad un rischio altissimo per la propria vita e la vita dei propri famigliari. Nel merito dei provvedimenti di cui alcuni gruppi stanno chiedendo l’anticipazione nemmeno entro: alcuni come lo Ius Soli sono fondamentali e mi hanno visto sempre in prima linea. Qui la questione non è il merito dei provvedimenti ma il senso che deve avere il Parlamento: deve servire a fare leggi su cui ci sono i numeri o deve servire a fare campagna elettorale, trasformando gli ultimi giorni di attività in una girandola di fuochi d’artificio? Quest’ultima ipotesi è semplicemente immorale. Possibile che il Presidente Grasso non la contrasti?

 

Dell’Utri: sbagliato buttarla in caciara

Sbagliato buttarla in caciara: sulle cure massima attenzione, ma vale per Dell’Utri quello che abbiamo detto e fatto per Riina. Non esiste un generale principio di incompatibilità tra malattia e detenzione, bisogna valutare caso per caso, trattando tutti con la medesima misura. Nel caso di Riina, la Commissione Antimafia grazie alla tempestività della Presidente on. Bindi verificò in concreto che le condizioni della detenzione di Riina si realizzavano nel massimo del rispetto delle esigenze di cura, cioè fuori dal carcere, nella struttura ospedaliera di Parma.
Tutt’altro è il tema del reato per il quale Dell’Utri è stato condannato, lo stesso del latitante ex deputato di FI, Matacena per intenderci: il così detto ‘concorso esterno in associazione mafiosa’. Su questo punto ribadisco il dispiacere per come è stata gestita presso la CEDU la vicenda Contrada, perché credo sia stato un errore grave ritenere il reato di ‘concorso esterno’ un impossibile reato di origine giurisprudenziale definito soltanto a partire dal ’94. La condotta che integra il reato, altro non è che quella descritta dall’incontro degli articoli 110 e 416 bis del cp, che semmai la Cassazione con le sue sentenze ha contribuito a perimetrare come fa normalmente con tutti i reati. Sarebbe meglio per l’Italia che il dibattito si spostasse su un’altra domanda: perché Dell’Utri, come Matacena, come Cuffaro (condannato per favoreggiamento aggravato), non ha mai collaborato con i magistrati?

 

A Como contro il fascismo

A Como per ribadire che il fascismo in qualunque forma si ri-presenti é fuori dal patto Repubblicano. Non bisogna confondere la libertà di espressione con la tolleranza di qualunque opinione. La Repubblica italiana è moralmente nata il 25 Aprile del 1945, con la liberazione dal nazi fascismo che é costata enormi sacrifici: noi oggi siamo liberi grazie a questo. Chi si pone fuori dal perimetro delle regole della Costituzione del ’48, non ha diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico. La democrazia è esigente, pretende il rispetto della dignità di ciascuno, anche di chi è, temporaneamente straniero, perché arriva dal Mondo più segnato dalla diseguaglianza, dalla guerra, dal terrorismo. Faccio un appello particolare agli studenti, perché tengano fuori dai dibattiti scolastici questi neo fascisti.