Apprendiamo dal sito del Ministero degli Esteri che il Ministro Alfano era effettivamente negli Emirati proprio mentre si procedeva all’arresto del Tulliani. Da ciò che il sito riporta non pare che il tema delle estradizioni dei latitanti italiani sia stato oggetto di incontri e approfondimenti, mi aspetto su questo una spiegazione da parte del Ministro. Restano da comprendere anche le parole di Giletti, che avrebbe detto, in riferimento a Tulliani: “Probabilmente pensava di essere tutelato di più – commenta Giletti – forse nella sua sicurezza, nella sua arroganza, lui era convinto che poteva chiamare la polizia. D’altra parte in tutto questo tempo nessuno e’ andato a cercarlo, lo abbiamo cercato noi”. Davvero in tutto questo tempo nessuno è andato a cercarlo? Intanto anche oggi da Reggio Calabria giungono notizie dell’ennesima, importante operazione di Forze dell’Ordine e DDA contro la ‘ndrangheta di ultima generazione, tanto pericolosa quanto arrogante e spavalda. E’ possibile che questa spudoratezza della nuova ’ndrangheta reggina sia alimentata anche dal ritorno del mito dell’impunità: basta al momento giusto, fare base a Dubai.
Tulliani, Matacena & co: Ministro, giochiamo a nascondino?
Il Ministro Alfano in visita negli Emirati nei prossimi giorni arriva al momento giusto: le condizioni per estradare in Italia tutti i latitanti che li risiedono, ci sono.
E’ vero che l’Italia non ha ancora ratificato l’accordo per la cooperazione giudiziaria e l’estradizione, firmato dal Ministro Orlando nel settembre del 2015 e sappiamo che questo non è ancora avvenuto perché nel frattempo è stata recepita una direttiva europea che impone formalità ancora più stringenti in caso di reati che prevedano la pena di morte nel Paese con cui un membro UE firmi un accordo. Al di la del fatto che non si capisce come sia possibile un ritardo del genere per una correzione del tutto pacifica nel contenuto, sappiamo che l’esistenza di un trattato serve soltanto a rendere le procedure più veloci perché standardizzate. Cioè: tra due Paesi amici è sempre possibile agire per via diplomatica per ottenere l’estradizione di criminali latitanti. Chiedere, insomma, è sempre lecito e in questi casi rispondere è oltre che cortese, anche dovuto. Italia ed Emirati hanno tali e tanti interessi in comune che se l’Italia chiedesse per via diplomatica l’estradizione di coloro che sappiamo essere latitanti negli Emirati, non dovrebbero esserci motivi di resistenza. Non bisognerebbe nemmeno minacciare di ritirare l’ambasciatore. Il capo della nostra diplomazia in questa fase è il Ministro Alfano, che nei prossimi giorni è annunciato proprio negli Emirati: ignorare la questione o affrontarla in maniera elegantemente inconcludente, ci coprirebbe di ridicolo. Come possiamo continuare a chiedere a uomini e donne delle Forze dell’Ordine o a magistrati di impegnarsi in nome della Legge e del Popolo italiano, anche a costo di gravi sacrifici, se poi basta che i delinquenti mettano piede a Dubai per stare in salvo. Non stiamo mica giocando a nascondino!
Battisti sì e Matacena no?
Il Governo fa bene ad insistere sulla estradizione di Battisti, faccia altrettanto con i latitanti che stanno negli Emirati Arabi.
Abbiamo imparato che c’è un “fine pena mai” di cui spesso ci si dimentica: il dolore dei famigliari delle vittime di terrorismo e mafia. Quindi fa bene il Governo italiano a premere perché Battisti torni in Italia per scontare la pena alla quale è stato condannato: un dovere verso le famiglie amputate dei propri cari e verso la credibilità dello Stato. Mafia, corruzione, narcotraffico non fanno meno male, eppure niente pare riuscire ad intaccare la latitanza di gente come Matacena, Imperiale, Landi, che se ne sta negli Emirati Arabi Uniti, che sono un Paese amico almeno quanto il Brasile. L’argomento della pena di morte che avrebbe reso necessario un correttivo al trattato di cooperazione giudiziaria e di estradizione già siglato in bozza nel settembre del 2015 appare, ogni giorno che passa, una scusa inaccettabile. Questa Legislatura non può terminare senza la soluzione di questa vicenda.
Arresto Morabito: ottimo risultato (e a proposito di estradizione..)
L’arresto di Morabito è un ottimo risultato investigativo, che sarà coronato dalla estradizione, già annunciata come tempestiva dalle Autorità uruguaiane. Se non ci fosse l’estradizione, l’arresto stesso avrebbe il sapore amaro della beffa, perché la pena è giusto non soltanto scontarla, ma scontarla lì dove si è procurato il danno alla comunità e si è stati processati. Anche questo contribuisce a rendere la pena espiata una riparazione al dolore causato e possibilmente un motivo di pentimento e di cambiamento del delinquente, come auspicato dalla nostra Costituzione. Azzerrare il mito della impunità per i mafiosi in particolare è uno di quei risultati che fortificano la cultura della legalità e disinnescano quella minaccia democratica costante che è rappresentata dalla forza intimidatrice della criminalità organizzata, che purtroppo diventa cultura criminale diffusa: penso alla grave aggressione subita dall’Ispettore di Polizia municipale di Catania ieri sera, finito in prognosi riservata per aver fatto rispettare un divieto. Per tutto questo torno a rivolgermi al Presidente Gentiloni: basta impunità per i latitanti italiani negli Emirati. E’ uno schiaffo insopportabile, perché aggravato dalla spudoratezza di stare alla luce del sole, almeno Morabito ha dovuto fare lo sforzo di nascondersi per 23 anni. La latitanza di Matacena è arrivata a 4 anni, poi ci sono Imperiale, Schettino, Landi, Tulliani, soltanto per citare i primi. La Commissione bilaterale annunciata in Maggio dal Ministro Alfano che avrebbe dovuto rinegoziare il Trattato tra Italia ed EAU non si è mai riunita, il tempo passa e questa Legislatura rischia di chiudersi senza aver risolto il problema: sarebbe grottesco.
La latitanza di Matacena compie 4 anni (vergognosi)
(ANSA) – ROMA, 28 AGO – “Quattro anni fa cominciava la latitanza di Amedeo Matacena a Dubai. Quattro anni vergognosi: Presidente Gentiloni, bisogna risolvere questa situazione ingiusta e grottesca”. Lo chiede in una nota il parlamentare Pd e componente delle commissioni Antimafia e Giustizia Davide Mattiello. “Condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa a causa della sua alleanza con la ‘ndrangheta reggina – ricorda Mattiello – scampato grazie alla prescrizione a una probabile ulteriore condanna per corruzione in atti giudiziari, imputato insieme al già ministro dell’Interno Scajola e a Chiara Rizzo nel processo ‘Breakfast’, oggetto di recenti sequestri di prevenzione, sverna serenamente in barba alla giustizia italiana, come quell’altro suo sodale, Vincenzo Speziali jr, che invece dovrebbe stare ancora a Beirut. Negli Emirati Arabi, lo sappiamo, sta in pessima compagnia, perché sono parecchi i latitanti italiani ricercati dalla legge che soggiornano in quella ‘zona franca’, tanto preziosa – sottolinea il parlamentare dem – per gli scambi commerciali bilaterali, gli Emirati restano infatti il primo importatore al Mondo di armamenti italiani, quanto impermeabile alla cooperazione giudiziaria. E francamente la questione della ‘pena di morte’ non regge più, tanto più scoprendo che la annunciata, dal ministro degli Esteri Alfano, Commissione diplomatica bilaterale non si è mai riunita”. “Non starò a ricapitolare gli ormai innumerevoli atti parlamentari di sindacato e di indirizzo che sono stati prodotti in questi anni, mi limito Presidente – afferma ancora Mattiello – ad attirare la sua attenzione su un dato che emerge dalla recentissima Ordinanza di Custodia Cautelare ”ndrangheta stragista’ ottenuta dalla DDA di Reggio Calabria, che sta meritoriamente lavorando su quel passato tragico, che in verità non vuole proprio passare, che sta tra il 1989 e il 1994″. “Ebbene a pagina 312 si riporta un passaggio delle dichiarazioni del collaboratore Pasquale Nucera, legato alla cosca Iamonte di Reggio Calabria, nel quale viene descritta una riunione svoltasi al santuario della Madonna di Polsi il 28 Settembre 1991, presenti rappresentanti delle mafie e anche di altre organizzazioni, dove si discusse della necessità di azzerare la classe politica italiana che non dava più affidamento”.
Matacena e latitanze a Dubai: il mio intervento a ‘Chi l’ha visto?’
Il video dell’intervento che ho fatto alla trasmissione di Rai 3 ‘Chi l’ha visto?’
Matacena e molti altri latitanti passeggiano indisturbti per le strade di Dubai, mentre in Italia molti (non tutti, evidentemente..) aspettano la ratifica del trattato di cooperazione e estradizione.
Speriamo di farcela prima che la legislatura volga al termine..
I latitanti negli Emirati Arabi possono stare tranquilli..
Per ora i latitanti italiani negli Emirati Arabi Uniti possono stare tranquilli (Ammesso che siano ancora lì). Il Governo, nella persona del Sottosegretario Ferri, ha risposto alla mia ultima interrogazione, intervenendo alle 14.30 in Commissione Giustizia. Interrogazione con la quale chiedevo conto del Trattato di cooperazione giudiziaria e di estradizione tra Italia ed Emirati ed in particolare della posizione di Amedeo Matacena. Da quando nel Settembre del 2015 venne approvato l’accordo preliminare, il problema giuridico resta sempre lo stesso: il testo avrebbe dovuto prevedere una più esplicita tutela nei casi in cui fossero stati richiesti dalle autorità emiratine soggetti che, consegnati, avrebbero rischiato la pena di morte. Condizione resa ancora più vincolante dalla entrata in vigore della legge 21 Luglio 2016 n. 149. Sembra che si rendano per questo necessari nuovi negoziati. Non si spiega perchè, nonostante questo e fermi gli ottimi rapporti economici e culturali tra Italia ed Emirati, la “cortesia diplomatica” non basti a vedersi consegnati dalle autorità emiratine nessuno degli italiani richiesti: non soltanto il Matacena, ma anche Massimigliano Alfano, Gaetano Schettino, Raffaele Imperiale, Andrea Nucera, Giulio Cetti Serbelloni. Auspico che il lavoro della nuova Commissione consolare mista da poco costituita, porti a qualche risultato attraverso l’incontro previsto per questo stesso mese di Giugno. A queste condizioni molto difficilmente il Trattato potrà terminare il proprio iter parlamentare entro la fine di questa Legislatura. Soltanto uno scatto di orgoglio del Governo italiano potrà fare la differenza.
Fine legislatura: e il trattato con gli Emirati?
La Legislatura non può finire senza approvare il Trattato con gli Emirati, c’è il rischio che scatti l’estinzione della pena per diversi delinquenti. Secondo l’art. 172 del nostro codice penale, trascorso il doppio della pena stabilita, il condannato che sia riuscito a farla franca, non ha più niente da temere: è libero. Il fatto che l’Italia continui a non ratificare il trattato di estradizione con gli Emirati Arabi Uniti, rende altamente probabile che il meccanismo del 172 scatti a vantaggio di latitanti che spudoratamente, alla luce del sole, si godono la libertà tra Dubai e Abu Dhabi. Dall’ex parlamentare di FI Amedeo Matacena, al narcotrafficante Imperiale, fino ai casi più recenti qualora si arrivasse a condanne definitive. Possiamo permettercelo? Giustamente stiamo facendo il possibile perché il Parlamento approvi definitivamente leggi come la riforma del processo penale o come il nuovo Codice Antimafia, ma senza la ratifica del Trattato rischiamo di costruire dei secchi bucati: mentre potenziamo gli strumenti di repressione e contrasto anche patrimoniale alla criminalità, lasciamo colpevolmente una uscita di sicurezza spalancata. Nell’Ottobre del 2016 abbiamo anche approvato una risoluzione in Commissione Giustizia Camera che impegna il Governo ad agire, nelle more dell’approvazione del Trattato, per via diplomatica per ottenere subito alcune estradizioni. Tra l’altro gli Emirati hanno dal canto loro ratificato il trattato. Più recentemente abbiamo depositato una interrogazione parlamentare in Commissione Esteri. Insomma: l’attenzione parlamentare è massima, ma spetta al Governo sbloccare situazione, rimettendo il trattato all’odg del Consiglio dei Ministri.
Festa della Repubblica: ottima occasione per sbloccare un certo trattato..
La Festa della Repubblica è una ottima occasione per sbloccare il Trattato di cooperazione giudiziaria con gli Emirati Arabi. Col 2 giugno del 1946 gli Italiani hanno deciso che l’unico sovrano è il popolo e che la sovranità si realizza attraverso la legge davanti alla quale tutti sono uguali. Cioè: nessuna appartenenza a questa o quella ‘tribù’ può giustificare un vantaggio sugli altri. Tanto meno l’appartenenza alla ‘tribù’ dei corrotti e dei mafiosi. Le latitanze spudorate che alcuni delinquenti italiani, a cominciare da Amedeo Matacena, stanno godendosi negli Emirati Arabi grazie alla mancanza di un trattato di cooperazione giudiziaria che consenta le estradizioni, è purtroppo una insopportabile contraddizione del principio fondativo della Repubblica. Il messaggio che rischia di passare è infatti che quelli che appartengono a certe ‘tribù’ riescono a farla franca. Un messaggio devastante perché esiste un evidente nesso culturale tra queste situazioni clamorose e la diffusa illegalità che segna il nostro Paese, penso alle ultime audizioni in ordine di tempo fatte come Commissione Antimafia dei Prefetti di Latina, Trapani, Reggio Calabria, Napoli. L’impressione è quella di un tessuto sociale sempre più insofferente al principio di legalità, influenzato negativamente dal cattivo esempio che spesso arriva proprio da chi ha responsabilità istituzionali. L’Italia sarà una Repubblica migliore se porremo fine a queste latitanze.
Nel giorno della Memoria, un’interrogazione
Nel giorno della memoria della strage di Capaci depositiamo in Commissione Esteri una interrogazione sulla vicenda della mancata ratifica del Trattato di cooperazione giudiziaria e di estradizione tra Italia ed Emirati e in particolare sulla latitanza del già deputato Amedeo Matacena, in coerenza con la risoluzione che venne approvata in Com Giustizia a fine Ottobre 2016. Riteniamo che la memoria di Falcone, Morvillo, Montinaro, Schifani, Dicillo si debba onorare facendo al meglio il proprio dovere: in questo caso crediamo che non sia più sopportabile il ritardo nella ratifica di questo Trattato, proprio in considerazione del moltiplicarsi di vicende giudiziarie che portano a considerare gli Emirati una sorta di ‘zona franca’ per i delinquenti italiani che vogliano sottrarsi alla giustizia del nostro a Paese. Auspichiamo che il Governo proceda senza più indugi.
Ecco il testo:
INTERROGAZIONE IN III COMMISSIONE
Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale – Per sapere – premesso che:
sono passati circa due anni dall’accordo siglato dal Ministro della Giustizia italiano con le autorità degli Emirati Arabi in materia di cooperazione giudiziaria e di estradizione, consistente in un trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati Arabi Uniti, ed un accordo di cooperazione giudiziaria in materia penale fra i due Paesi, con l’intento di migliorare e intensificare la collaborazione fra Italia ed Emirati Arabi Uniti in materia di giustizia, alla luce, da un lato, della crescita dei rapporti economici, finanziari e commerciali e dell’aumento esponenziale del numero di connazionali residenti negli EAU e, dall’altro, dell’aumento delle richieste di estradizione e di assistenza giudiziaria formulate da parte italiana;
in particolare, con il Trattato di estradizione i due Paesi si sono impegnati reciprocamente a consegnare persone ricercate che si trovano sul proprio territorio, per dare corso ad un procedimento penale o consentire l’esecuzione di una condanna definitiva, mentre l’Accordo di mutua assistenza giudiziaria impegna invece Italia ed Emirati Arabi Uniti a collaborare in materia di ricerca e identificazione di persone, notificazione di atti e documenti, citazione di soggetti coinvolti a vario titolo in procedimenti penali, acquisizione e trasmissione di atti, documenti ed elementi di prova, informazioni relative a conti presso istituti bancari e finanziari, assunzione di testimonianze o di dichiarazioni (ivi inclusi gli interrogatori di indagati ed imputati), espletamento e trasmissione di perizie, esecuzione di attività di indagine, effettuazione di perquisizioni e sequestri, nonché sequestro, pignoramento e confisca dei proventi del reato e delle cose pertinenti al reato. L’accordo prevede inoltre che l’assistenza possa essere accordata anche in relazione a reati tributari e fiscali; ad oggi l’Italia non ha ancora concluso questo percorso, ratificando il trattato, percorso così positivamente intrapreso dal Governo al fine di sanare una negativa smagliatura nei rapporti tra i due Paesi, che sono per altro ottimi partner commerciali soprattutto nei settori dell’energia e della difesa. Gli Emirati, per esempio, sono i primi importatori al mondo di sistema di difesa e armamenti italiani;
il 3 marzo 2016 la ratifica dell’accordo è stata presentata in Consiglio dei ministri per ottenerne l’approvazione, passaggio che sembrava una pura formalità, essendo stato preceduto dal placet dei Ministeri interessati, interno, giustizia, economia e finanze, ma punto all’ordine del giorno venne rinviato e il trattato rimandato per ulteriori approfondimenti. Pare che il nodo fosse legato alla pena di morte, presente nell’ordinamento emiratino, che farebbe sorgere riserve circa la possibilità di ratificare un accordo di questo tipo;
il Ministro Orlando, sin da subito, aveva reso noto l’interesse del Governo italiano in merito ad una pronta operatività dei due accordi;
va considerata in questo quadro, inoltre, positivamente la grande quantità di trattati che, opportunamente, il Parlamento sta approvando in questo periodo su materie analoghe. Per fare soltanto qualche esempio tra i più recenti votati alla Camera ci sono quelli con Austria, Vietnam, Andorra, Stati Uniti Messicani, Armeni, Iraq, Filippine;
la presenza di latitanti in quei territori, purtroppo ad oggi, non è affatto diminuita, e gli ultimi clamorosi fatti di cronaca accrescono la necessità e l’urgenza di una piena e completa operatività dell’accordo: il riferimento è, in ordine di tempo, prima all’individuazione negli Emirati di Cetti Serbelloni, che deve scontare una condanna definitiva per aver evaso tasse in Italia per circa un miliardo di euro, poi al ritrovamento di due opere di Van Gogh rubate ad Amsterdam nel 2002, riconducibili ad attività di riciclaggio del narcotrafficante Imperiale, lui pure individuato negli Emirati: si tratta di fatti che si aggiungono all’ormai da tempo noto caso dell’ex parlamentare Matacena, condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa nella fattispecie di ’ndrangheta e delinquenti dediti al riciclaggio internazionale come messo recentemente in evidenza dalle inchieste napoletane contro la camorra;
le autorità giudiziarie italiane, che si occupano di casi legati alle richieste di estradizione da quel Paese, hanno più volte segnalato come gli Emirati rischino di diventare una sorta di porto franco per latitanti italiani e riciclatori internazionali: diverse associazioni e personalità che si battono per la legalità e gli organi di informazione più volte si sono occupati della vicenda, con prese di posizione, servizi, inchieste, reportage e campagne, come per esempio quella del giornale online Ytali,
rilevato che:
in data 26 ottobre 2016 la Commissione Giustizia della Camera ha approvato la Risoluzione n. 800210 relativa al trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e gli Emirati
arabi uniti, sottoscritto il 16 settembre 2016, in cui si impegnava il Governo a presentare con urgenza, il disegno di legge per l’autorizzazione alla ratifica dei trattati di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e gli Emirati Arabi Uniti, sottoscritti dalle parti il 16 settembre 2015, ricercando le soluzioni maggiormente compatibili con la tutela dei principi costituzionali e nelle more della ratifica del trattato, a agire in via diplomatica al fine di ottenere l’estradizione di Amedeo Matacena;
– Se sia stato dato corso – per quanto di competenza – a quanto previsto nella Risoluzione n. 800210 approvata il 26 ottobre 2016 in II Commissione;
– Quali siano le azioni diplomatiche messe in campo al fine di ottenere l’estradizione di Amedeo Matacena