Ieri sono intervenuto alla trasmissione I fatti in diretta: si parlava di ‘ndrangheta.
Ho parlato (DAL MIN. 60) , a proposito anche della vicenda matacena, della capacità delle organizzazioni criminali mafiose di prolungare le latitanze. La durata di una latitanza è uno dei metri della forza pervasiva dell’organizzazione criminale.
Il perdurare della latitanza di Matacena, nelle condizioni che voi tutti conoscete, è del tutto inaccettabile.
Se questa latitanza perdura nel tempo è soltanto per una responsabilità politca ed istituzionale, perchè investigatori e magistrati hanno fatto tutto quello che dovevano e potevano fare.

RIPETO: QUESTA LATITANZA DURA NEL TEMPO PER RESPONSABILITA’ POLITICHE ED ISTITUZIONALI

Ventotene: ricordare Jo Cox

(ANSA) – ROMA, 22 AUG – “Oggi i rappresentanti di Italia, Germania e Francia si ritroveranno a Ventotene: sarebbe bello ci portassero il ritratto di Jo Cox per lasciarlo li dove l’Europa Unita è stata sognata e la libertà pagata a caro prezzo”. A chiederlo, con un appello, è il deputato Pd Davide Mattiello, che ricorda: “La Cox, deputata laburista inglese, è stata uccisa perchè ha parteggiato per l’Europa. Ha dato la vita per questa Europa, che non è ancora quella che meritiamo, ma è quella di cui abbiamo bisogno per fare di meglio. ‘Cox’ in inglese vuol dire ‘timoniere’ e con il suo impegno Jo ha sicuramente tracciato la rotta. Come i giovani socialisti di Utoya, ammazzati perché volevano una Europa laica, plurale, inclusiva. Verrà il giorno degli Stati Uniti d’Europa, sarà il giorno in cui avremo vinto sui neo nazionalismi spaventosi che gonfiano l’Europa di odio: quel giorno vedremo a cosa saranno valsi tutti questi sacrifici”.

Cannabis: a bocca asciutta mafie e mercato

(ANSA) – ROMA, 19 AGO – “E se la legalizzazione della cannabis, oltre ad essere l’occasione per asciugare il business criminale, fosse anche l’occasione per non alimentare nuove speculazioni economiche? Lasciando fuori, per una volta, multinazionali, introiti fiscali e solite contraddizioni. Sotto il monopolio dello Stato potrebbero restare soltanto produzione, trasformazione e commercializzazione ai fini terapeutici e ai fini dell’auto produzione” A scriverlo su Fb è il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia. “Faccio parte dell’intergruppo parlamentare per la legalizzazione – chiarisce – fin dal primo momento e sono tra i firmatari del testo Della Vedova/Giachetti: il testo sul quale stiamo lavorando già prevede le cose a cui alludo, ovvero autoproduzione-autoconsumo, possesso e condivisione legalizzati, così come la produzione a fini terapeutici, ma contiene anche la parte della produzione a fini commerciali sotto il monopolio dello Stato: il modello è quello delle sigarette. Il fatto che in Italia non può non venire in mente quello che è successo e succede con la legalizzazione del gioco d’azzardo. Difficile uscire dalle contraddizioni. La legalizzazione della cannabis è sfida culturale che porta dentro di se’ molta storia e punti di vista solitamente tanto attenti alla libertà di autodeterminazione dell’individuo, quanto critici verso le manipolazioni del mercato. Allora perchè non tagliare la testa al toro e lasciare a bocca asciutta tanto le mafie, quanto il mercato?”, conclude Mattiello.

Salvini tratta forze ordine come pitbull

ANSA) – ROMA, 17 AGO – “Salvini parla degli uomini e delle donne delle Forze dell’Ordine come se fossero pitbull da sguinzagliare per le strade: una prospettiva offensiva e pericolosa”. A rilevarlo e’ il deputato Pd Davide MATTIELLO, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia. “E’ offensiva – sottolinea il deputato – perche’ quelli che conosco io, poliziotti, carabinieri, finanzieri, forestali sono professionisti seri che cercano di fare il proprio lavoro con equilibrio. Credo che a questi faccia molto piu’ male toccare con mano che certa politica che proclama di avere a cuore le Forze dell’Ordine, vada a braccetto con la criminalita’ organizzata, per fare affari, come ipotizza l’inchiesta Breakfast relativa ai rapporti tra ‘ndrangheta e l’ex tesoriere della Lega Belsito, o che certe latitanze durano nel tempo perche’ protette in “alto loco” o che certe carriere di funzionari inavvicinabili sono dirottate o stroncate, in vario modo, se pestano i piedi sbagliati”. “Credo che questi uomini e queste donne – prosegue MATTIELLO – chiedano allo Stato di essere messi nelle condizioni giuste per fare al meglio quello che devono fare, per esempio evitando che una tutela di IV livello debba essere svolta su una macchina fornita dal protetto, che magari la deve pure guidare. Ed e’ pericolosa perche’ purtroppo nelle Forze dell’Ordine ci stanno anche quelli a cui prudono le mani ed e’ responsabilita’ soprattutto della politica non legittimarli in alcun modo: proprio li dove il potere si concentra, piu’ alte devono essere la vigilanza e la prudenza al fine di prevenire ogni abuso”.

Testimoni giustizia sotto scorta, ma con la loro auto

(ANSA) – ROMA, 14 AGO – Hanno denunciato la ndrangheta, la mafia o la camorra, hanno fatto arrestare e condannare diverse persone, lo Stato li tiene sotto scorta ma, in pieno agosto, fa recapitare loro una lettera in cui si dice che, dal 1 settembre, “la misura sarà attuata mediante l’utilizzo di un’autovettura di proprietà dell’interessato”. E’ quanto accaduto a due imprenditori testimoni di giustizia, Pino Masciari e Rocco Mangiardi, entrambi calabresi, che hanno scelto anni addietro di non sottostare alla prepotenza di chi voleva piegarli. Pino Masciari, storico testimone di giustizia, è l’imprenditore edile calabrese che è stato sottoposto dal 18 ottobre 1997, assieme alla moglie e ai due figli, ad un programma speciale di protezione per aver denunciato la criminalità organizzata calabrese e le sue collusioni politiche e che ha quindi dovuto lasciare la sua terra. “Con la nuova circolare ho diritto ad un’auto blindata solo in Calabria ma non dove risiedo oggi e in più devo mettere io a disposizione il veicolo: è come se lo Stato dicesse ‘vi abbandono’. Questo suona come un monito per gli altri imprenditori: chi denuncia viene isolato. Come faccio io, che sono un morto vivente, che non sono stato più messo in condizioni di produrre, io che davo centinaia di posti di lavoro, ad acquistare un’auto? E perchè tutti i parlamentari, anche gli ex, possono usufruire di trasporto gratuito mentre chi dà la vita per lo Stato viene trattato in questo modo?”.
A Rocco Mangiardi è stato prolungato fino a fine anno il servizio di scorta ma, viene spiegato in una lettera che gli è stata notificata pochi giorni fa, deve essere lui a mettere a disposizione l’auto sul quale attuarlo. L’uomo, 60 anni, sposato, tre figli, nel 2006 denunciò quattro persone per estorsione e dal 2009, pochi giorni prima dell’inizio del processo contro i quattro – ormai condannati in via definitiva – è stato messo sotto tutela. Titolare di un’attività di un esercizio di ricambi d’auto a Lamezia Terme, racconta che nel 2006 vennero a chiedergli di pagare 1200 euro al mese. Decise di denunciare tutto e negli anni ha continuato a ricevere minacce.
All’inizio, racconta, veniva scortato su un’auto blindata, poi si passò ad un’auto non blindata con due agenti. Ora il dirigente della questura che gli ha consegnato la comunicazione del Viminale gli ha spiegato che con il nuovo tipo di tutela avrà diritto ad un solo agente di scorta. “Non ho paura – dice Mangiardi – mi affido alle mani di Dio, ma per me questa è una questione di principio: se per lo Stato devo essere tutelato, deve pensare lui a tutelarmi, non è possibile che sia io ad acquistare un’auto”.
Intanto sulla vicenda della scorta è intervenuto il deputato Pd Davide Mattiello che in Commissione antimafia coordina il gruppo di lavoro sui testimoni di giustizia. In una lettera al ministero dell’Interno, Mattiello chiede di comprenderne meglio finalità e modalità attuative della circolare ministeriale.
“Se lo Stato sottopone un soggetto a tutela di quarto livello – scrive – vuol dire che ravvisa un rischio attuale e concreto per la sua vita e conseguentemente un rischio per la sicurezza pubblica. Il "quarto livello” non è quindi uno status con il quale pavoneggiarsi, almeno fino a prova contraria, ma è un servizio necessario a tutela dei cittadini. Quindi mi lascia perplesso in linea di principio, se ho ben inteso, che lo Stato chieda al protetto di mettere a disposizione un autovettura: sarebbe come se un ospedale dicesse al paziente prima di una operazione di portarsi pinze e bisturi da casa. La perplessità aumenta nel non ravvisare nel contenuto della circolare, per come mi è stato rappresentato, quanto meno una eccezione fatta per coloro che in concreto non avessero disponibilità materiali adeguate a fornire un auto mezzo. Di più: non un automezzo qualsiasi è compatibile per un servizio di tutela; pur essendo chiaro che non stiamo parlando di auto specializzate, cioè blindate, ma di autovetture comuni, dovranno pur essere mezzi efficienti e potenti. Diversamente mi pare si porrebbe un problema in più a quelli già evidenziati, e cioè quello della sicurezza dello stesso personale di PS dedicato all’accompagnamento".

Troppi interrogatici sulla morte del colonnello Pace

“Sono passati 4 mesi dalla morte del tenente colonnello Omar Pace: ci sono troppi punti interrogativi”. A sottolinearlo è il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia.
“Il colonnello Pace della Guardia di Finanza, in forze alla DIA di Roma e inserito nel gruppo di investigatori a supporto della DDA di Reggio Calabria – afferma Mattiello – era uno dei principali collaboratori del magistrato Giuseppe Lombardo nel dipanare la matassa informatica generata dall’inchiesta Breakfast e dalla "costola” di questa: l’inchiesta sulla latitanza di Amedeo Matacena che coinvolge anche l’ex Ministro Scajola. Omar Pace si è tolto la vita sparandosi un colpo di pistola, due giorni prima di deporre come teste proprio a Reggio Calabria. Davvero Pace era pedinato? Davvero gli erano stati cambiati in modo irragionevole incarichi e ruoli? Davvero gli era stato impedito di intervenire in pubblici dibattiti? Da chi e perché? Domande per ora senza risposte, anche se la Procura di Roma ha aperto un fascicolo sulla vicenda". “Intanto – prosegue il deputato – Amedeo Matacena compie proprio in questi giorni il suo terzo anno di latitanza negli Emirati Arabi: una vergogna.
Se le più recenti ipotesi di accusa della DDA di Reggio Calabria e di Roma, penso ad inchieste come Breakfast, Labirinto, Mamma Santissima, troveranno conferma in sentenza, emergerà un sistema criminale politico-mafioso inquietante, che non sarà esagerato definire eversivo dell’ordine democratico. Abbiamo tutti il dovere di sostenere la ricerca della verità, ognuno in relazione al proprio ruolo. Chiedo ancora una volta cosa il Governo intenda fare per porre fine alla latitanza di Matacena, visto che nessuna decisione è stata presa nemmeno nell’ultimo CdM, e auspico che alla ripresa dei lavori parlamentari la Commissione Antimafia recuperi senza indugio l’audizione del procuratore della Repubblica di Reggio Calabria De Raho e del sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Lombardo, che si sarebbe dovuta tenere ai primi d’agosto”, conclude.

Antimafia acquisisca atti periodo stragi

(ANSA) – ROMA, 9 AGO – “Rinnovo la proposta che ho avanzato alla Presidente Bindi della Commissione parlamentare antimafia alla vigilia dell’anniversario dell’assassinio di Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio, di acquisire gli atti di impulso fatti dalla Direzione nazionale antimafia tra il 2008 e il 2013”. Lo chiede il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Antimafia e Giustizia, dopo un articolo pubblicato oggi dal quotidiano Il Fatto quotidiano nel quale, secondo le dichiarazioni del pentito Nino Lo Giudice, sarebbe stato il poliziotto Giovanni Aiello a far saltare in aria Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta.
“Ci sono magistrati e investigatori che con grande rigore e caparbietà stanno cercando di fare luce, consapevoli dei prezzi che pagano e pagheranno per questo, a loro la nostra stima e il nostro sostegno”, prosegue il deputato. “Walter Molino – commenta Mattiello – si conferma giornalista ben documentato e preciso, il suo pezzo aiuta a capire cosa stia succedendo. Su quanto Lo Giudice ha detto ai magistrati di Catanzaro e Reggio Calabria, che in gran parte coincide con quanto detto, per esempio, da Villani, Di Giacomo e Lo Forte, resta il problema dei riscontri ma ci sono anche altre domande che pesano. Ormai pare assodato che Lo Giudice nel 2013 venne indotto a infamare Donadio, oltre a Pignatone e Prestipino: chi ha avuto interesse a farlo? A partire dal processo aperto a Catanzaro nel quale Lo Giudice risponde di calunnia, è iniziata una indagine sui mandanti del depistaggio? Questo fatto, c’entra con la fuga di notizie sul lavoro di Donadio dell’estate del 2013, che contribuì alla decisione di Roberti, neo procuratore nazionale, di sollevare Donadio dall’incarico di coordinamento sulle indagini relative alle stragi? La stessa attività di impulso realizzata tra il 2008 e il 2013 da Donadio su mandato di Grasso, allora Procuratore nazionale antimafia, è stata oggetto di un ricorso al PG di Cassazione, firmato da Lari e Salvi, che ad oggi risulta ancora pendente: non sarebbe opportuno definire anche questa vicenda tempestivamente?”

La Verita’ sull’ omicidio Agostino riguarda tutti

(ANSA) – ROMA, 4 AGO – “La verita’ sull’omicidio di Nino Agostino e di sua moglie Ida riguarda tutti noi e riguarda il futuro dell’Italia. Poche vicende come questo duplice omicidio (avvenuto il 5 agosto 1989) seguito da quello di Emanuele Piazza nel Marzo del 1990, hanno a che fare con l’epicentro di quel conflitto di poteri e per il potere, che passando per le stragi del ‘92 e del ’93, arrivera’ a condizionare il nostro presente, facendo della cosi’ detta Seconda Repubblica, una Repubblica dimezzata non meno della prima”. Lo afferma in una nota il deputato Pd e componente delle commissioni Giustizia e Antimafia Davide Mattiello. “Sara’ piu’ libera la ‘terza’? Dipende anche dalle risposte giudiziarie e politiche che sapremo dare a quei fatti – osserva Mattiello – forse arrivando a distinguere una volta per tutte tra chi fece il male, pensando di fare il bene e chi fece il male semplicemente per soddisfare la propria avidita’. Il tempo per le nuove indagini e’ quasi scaduto e a settembre la DDA di Palermo dovra’ decidere se chiedere il rinvio a giudizio oppure no. Intanto sono successi alcuni fatti: Vincenzo Agostino, il padre di Nino, ha riconosciuto durante l’incidente probatorio svoltosi nell’aula bunker di Palermo in Giovanni Aiello il collega di Nino che lo ando’ a cercare a casa qualche giorno prima dell’assassinio. Giovanni Aiello e’ formalmente indagato per concorso in omicidio. Poi ci sono i collaboratori di giustizia che tra Caltanisetta e Reggio Calabria stanno confermando informazioni importanti: c’e’ Di Giacomo, che ebbe in quegli anni un ruolo di spicco nel clan Laudani di Catania, che parla di un gruppo di fuoco riservato, di cui faceva parte anche un uomo legato ai servizi e ci sono Villani e Lo Giudice ‘ndranghetisti che a loro volta fanno affermazioni importanti”. “Basterebbe soffermarsi sulla vicenda travagliata di Lo Giudice – afferma ancora Mattiello – per comprendere quanto vivi e vitali siano ancora oggi gli interessi che si muovono a coprire quelle responsabilita’. Lo Giudice infatti e’ stato presumibilmente usato negli ultimi anni per colpire la credibilita’ di alcuni magistrati, in particolare del dott. Donadio, tanto che per questo Lo Giudice risponde oggi di calunnia, ma cio’ nonostante – conclude Mattiello – la magistratura reggina lo considera credibile per il resto e sta continuando a riscontrare le sue affermazioni”