Sul 416 ter

Nel gennaio 2013, a ridosso delle elezioni, parte la campagna promossa da Libera e Gruppo Abele con cui si chiede trasparenza ai candidati e l’impegno a riformare l’art. 416 ter del codice penale che sanziona lo scambio politico-mafioso. A pochi giorni dal voto sono 878 i candidati che hanno aderito, di cui i 274 eletti costituiranno in seguito l’intergruppo parlamentare dei ‘braccialetti bianchi’

In pochi giorni vengono raccolte centinaia di migliaia di firme, per sollecitare il futuro Governo ad aggiungere alla vecchia formulazione del reato di scambio politico mafioso la dicitura “altre utilità”: fino ad allora infatti l’articolo prevedeva lo scambio elettorale politico-mafioso solo nel caso in cui fosse avvenuta una erogazione di denaro.

La vecchia formulazione aveva trovato una scarsa applicazione, visto che il politico che si accorda col mafioso non offre denaro, bensì favori, ad esempio su appalti pubblici oppure attraverso l’inserimento di uomini legati alle organizzazioni criminali negli apparati della politica.

Nel giugno del 2013 inizia l’iter parlamentare e la Camera individua nell’On. Davide Mattiello e nell’On. Stefano Dambruoso i relatori del provvedimento, che verrà definitivamente approvato nella nuova formulazione il 16 aprile del 2014, in seconda lettura al Senato.

Come dichiarato dall’on. Mattiello all’indomani dell’approvazione “Con la riforma del voto di scambio abbiamo fatto una rivoluzione ragionevole. Il nuovo 416 ter rivoluziona, infatti, la capacità della magistratura di intervenire per spezzare il rapporto tra mafia e politica, perché diventa dopo 20 anni irrilevante la dazione di denaro per provare il reato”.

A difesa della nuova formulazione si schierarono sia l’allora Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, che il 3 aprile del 2014, all’indomanidella seconda approvazione alla Camera, aveva dichiarato “è una norma perfetta e veramente utile a contrastare lo scambio tra politica e mafia”; sia il Presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, che aveva definito positive le decisioni del Governo su Expo, voto di scambio e autoriciclaggio

Innalzamento delle pene

L’iter travagliato del provvedimento, che ricordiamo durò ben 400 giorni, non fu esente da critiche, soprattutto in merito all’abbassamento delle pene rispetto alla precedente formulazione.

Il 14 giugno 2017, grazie ad un emendamento “Mattiello”, al Disegno di Legge del Governo “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”, viene approvato definitivamente anche l’innalzamento delle pene che passano nel minimo da 4 a 6 anni e nel massimo da 10 a 12 anni.

Testo dell’articolo art. 416 ter c.p.

«Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.»

Dichiarazione di Davide del 19 giugno 2017:

“Un impegno che ci eravamo presi come maggioranza quando avevamo detto che, all’aumento delle pene del 416 bis (associazione di tipo mafioso) avremmo tirato su quelle del 416 ter ed è ciò che abbiamo fatto, tenendo fermo il principio della proporzionalità tra pene di fattispecie differenti”.

L’inasprimento del quadro sanzionatorio del 416 bis è stato inserito nel cosiddetto “ddl Anticorruzione”: l’esame del provvedimento, che ha visto come primo firmatario il Presidente del Senato Piero Grasso, era iniziato in Commissione Giustizia del Senato il 5 giugno 2013 ed è stato approvato alla Camera il 15 maggio 2015.

Con la definitiva approvazione dell’AC 4368 le pene previste per il 416 ter passano nel minimo a 6 anni e nel massimo a 12, in coerenza e proporzione alle già innalzate pene per il 416 bis. È stato rispettato l’impegno preso, ma anche le indicazioni della Corte Costituzionale. Così è stato compiuto il percorso iniziato nel 2013.

Il vecchio 416 ter, introdotto nel 1992, per oltre 20 anni non era servito quasi a niente. Il nuovo 416 ter anticipa il momento della commissione del reato allo scambio delle promesse e amplia le condotte perseguibili alle “altre utilità”.

Punisce quindi duramente il politico che cerchi il sostegno della mafia in campagna elettorale, ma punisce autonomamente il mafioso che si presta allo scambio. Una pena grave, ma necessaria a rimarcare che la mafia non avrebbe la forza che ha senza l’interlocuzione con la politica e quindi il politico che cerchi il suo sostegno, contribuendo a legittimarla socialmente, ne perpetra la sopravvivenza.

Rispetto alle parole “mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis” che hanno generato incertezze sulle modalità di applicazione, sono state di conforto le più recenti parole dell’allora PNAA, Franco Roberti:

“Dopo un iniziale periodo di rodaggio della nuova versione dell’articolo 416 ter, la nuova giurisprudenza della Cassazione si è assestata su una interpretazione che secondo me rende questa norma applicabile, agibile, e quindi c’è uno strumento in più per contrastare le connessioni politico-mafiose che sono come sappiamo tutti la vera forza delle mafie”.

Camera dei Deputati: intervento in aula a favore degli amministratori minacciati

grazie Presidente,

la proposta di Legge 3891 che l’Aula inizia ad esaminare è già stata approvata dal Senato con ampio consenso l’8 Giugno di un anno fa. L’intenzione che manifesto a nome della maggioranza è quella di approvare senza modifiche il testo che ci è arrivato dal Senato, in modo da chiudere l’iter parlamentare e permettere la promulgazione di queste norme che, come argomenterò tra poco, rappresentano un passo avanti dello Stato nella tutela di un bene repubblicano fondamentale, la libertà del processo attraverso cui si forma la volontà pubblica. In altre parole: l’essenza stessa della democrazia.Con questa stessa intenzione abbiamo affrontato l’esame in Commissione Giustizia.
Questa proposta di Legge è figlia del lavoro fatto dalla Commissione di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, presieduta dalla Senatrice Lo Moro, istituita dal Senato il 3 ottobre 2013, che ha terminato i suoi lavori il 26 febbraio 2015 con una relazione votata all’unanimità. Una proposta di Legge fortemente voluta dalle due associazioni che in Italia più si incaricano di rappresentare le istanze degli amministratori locali: ANCI e Avviso Pubblico.
Infatti se oggi siamo qui a discutere di questa proposta è perché il Parlamento si è fatto carico di una situazione grave, che soprattutto in alcune aree del nostro Paese costituisce una vera e propria emergenza: Sindaci, assessori, consiglieri comunali e agenti di Polizia Municipale minacciati, colpiti nella persona o nel patrimonio, nel tentativo di piegarli a fare cosa non deve essere fatto o per ritorsione rabbiosa verso ciò che è stato fatto.
Avviso Pubblico stima circa 500 atti del genere in un anno, facendo conto ovviamente soltanto sui dati legati alle denunce, quindi ai fatti emersi.
Perché i Comuni? Perché sono l’articolazione dello Stato con cui i cittadini entrano più direttamente in contatto e, soprattutto nei centri medio piccoli, sono la “faccia” dello Stato sulla quale si addensano aspettative di ogni tipo, più o meno legittime.
Infatti a porre in essere minacce e violenze oltre alla criminalità più o meno organizzata e di stampo mafioso, c’è anche un’altra tipologia di soggetti, che non va giustificata, ma che va analizzata di per se’: cittadini esasperati dalla frustrazione e dalla paura per il futuro. Cittadini che arrivano purtroppo a trasformare in violenza il disagio, quando curva diventando disperazione. Per questo se è senz’altro importante che lo Stato con questa Legge alzi scudi più robusti attorno ai Comuni, lo è altrettanto il ricordaci quanto siano fondamentali interventi di natura sociale che alimentino la coesione e promuovano l’emancipazione dal bisogno. Mentre alziamo gli scudi, insomma, dovremmo anche rafforza le braccia dei Comuni, attraverso una disponibilità maggiore di risorse economiche da spendere, con rigore e trasparenza.
La proposta di Legge fa due scelte di fondo su cui vorrei attirare l’attenzione dell’Aula prima di passare ad una puntuale disamina degli articoli.
La prima: chi colpisce un Sindaco, un assessore, un consigliere colpisce la democrazia.
Avrebbe infatti potuto il Legislatore prendere in considerazione le fattispecie base che normalmente integrano gli attacchi, cioè la minaccia, le lesioni, la violenza privata, il danneggiamento, l’ingiuria, la diffamazione, gli atti persecutori, fino all’estorsione e costruirci sopra una aggravante qualora questi attacchi fossero rivolti ad amministratori locali, oppure avrebbe potuto intervenire sul 336 del cp, che sanzione proprio la minaccia e la violenza contro il pubblico ufficiale e invece ha preferito lavorare sul 338 del codice penale. Scelta benedetta, perché è la fattispecie che meglio individua il bene giuridico offeso che più qualifica la condotta che è libertà con la quale deve potersi formare la decisione della Pubblica Amministrazione, intesa in ogni sua manifestazione. Libertà, sia detto per inciso ma con fermezza, che equivale a piena responsabilità: chi si assume un ruolo pubblico non deve essere indebitamente condizionato, proprio perché deve e ribadisco deve poter rispondere di quello che fa e di quello che non fa, senza alcun alibi.
Il 338 sanziona con una pena compresa tra uno e sette anni chi usando minaccia o violenza provi ad impedire o anche soltanto a turbare temporaneamente l’esercizio della funzione di un Corpo politico, amministrativo, giudiziario o di una sua rappresentanza. Un range edittale che permette la procedibilità d’ufficio, le misure cautelari e le intercettazioni in fase di indagine.
La seconda scelta di fondo è stata quella di modificare il 338 per tutti i soggetti cui il 338 si riferisce e non soltanto per gli amministratori locali.
Aderisco convintamente anche a questa seconda scelta perché è un buon Legislatore quello che, spronato ad intervenire da una emergenza contingente, rifletta pacatamente per offrire non soltanto una risposta puntuale all’emergenza considerata, ma una risposta di sistema, che tenga conto della storia e si sforzi di proiettarsi con lungimiranza nel futuro.
Ecco che allora lo “scudo” che noi rafforziamo, lo rafforziamo per tutta la platea di soggetti considerata dal 338: corpi politici, quindi il Legislatore regionale e nazionale e corpi giudiziari.
Altra scelta benedetta perché non è meno importante ovviamente la libertà della formazione della volontà del Legislatore o del Giudice. Evoco soltanto due episodi: a Palermo il più importante processo in corso di dibattimento che esplora l’ipotizzato rapporto scellerato tra Cosa Nostra e pezzi di Stato nel periodo stragista, il così detto “processo trattativa” è costruito sul 338 del codice penale. A Torino soltanto una settimana fa è stato sventato un attentato dinamitardo nel tribunale, verosimilmente collegato all’apertura del dibattimento del processo “Scripta manent” che vede imputati soggetti riconducibili all’area anarco informale.
In vero, c’è un quarto “corpo” che viene giustamente tutelato dal complesso dell’articolato, soprattutto con riferimento a quanto previsto dall’articolo 5, un “quarto corpo” che non è espressamente richiamato dal 338: il “corpo elettorale”. Bene fa la proposta di legge in esame a includere anche l’art. 90 del DPR 570 del ’60, sulle elezione dei Consigli comunali, che per analogia rimanda all’art. 100 del DPR 361 del ’57 sulla elezione delle Camere. Fa bene perché la minaccia o la violenza possono anche essere indirizzati contro il corpo elettorale nel momento in cui si forma la più fondamentale di tutte le volontà repubblicane, quella attraverso la quale si seleziona la rappresentanza democratica. La situazione che si sta vivendo a Trapani offre da questo punto di vista preoccupanti spunti di riflessione.
Vengo in fine a ripercorre le principali novità del testo.Con l’articolo 1 aggiungiamo all’art. 338 le parole “ai singoli componenti”, quindi non soltanto il “corpo” nel suo complesso o la sua “rappresentanza”. In modo da chiarire definitivamente che chi tocca uno, tocca tutti e tocca lo Stato. Con l’articolo 2 rendiamo obbligatorio l’arresto in flagranza.Con l’articolo 3 definiamo una aggravante ad effetto speciale, che scatta quando le condotte intimidatorie abbiano una valenza ritorsiva rispetto alle decisioni assunteCon l’articolo 4 estendiamo la causa di non punibilità di cui all’art. 393-bis anche all’aggravante di cui sopra, qualora l’atto assunto sia figlio di un abuso di potere.Con l’articolo 5 estendiamo la punibilità prevista a tutela del corpo elettorale anche a chi usi minaccia o violenza sul candidato o su chi decida di spendersi a sostegno del candidato, per tanto ritengo positiva la scelta fatta nell’usare il termine “altri” e non il termine “candidato”.Con l’articolo 6 definiamo le modalità con le quali il Ministero dell’Interno debba procedere nel far funzionare l’Osservatorio sugli atti intimidatori nei confronti degli Amministratori locali, già varato nel Luglio del 2015.
Ecco, Presidente e colleghi, una proposta di Legge utile e illuminata, che idealmente è dedicata in particolare a quegli Amministratori locali che hanno pagato con la vita la propria dedizione alla Repubblica, fatemene ricordare uno per tutti, il Sindaco di Pagani Marcello Torre, ucciso per ordine di Cutolo l’11 Dicembre del 1980.E anche a quelli che non sono stati uccisi, ma mortificati quando hanno scelto la legalità anziché l’accomodamento, come accadde all’indimenticato Sindaco di Torino Diego Novelli, quando nel 1983 decise di denunciare la corruzione all’interno del Comune, anziché cercare criminogeni aggiustamenti “politici”.
L’Italia spesso in affanno sul cammino della credibilità istituzionale, deve molto a tutti loro.
Grazie Presidente

Parlamento e Governo forniscano gli strumenti a operatori di Giustizia

Ogni ‘professione’ ha il suo metro di valutazione: Parlamento e Governo hanno soprattutto il compito di fornire strumenti adeguati agli operatori della giustizia pechè non sia equivocabile l’impegno contro mafie e corruzione. Faccio due esempi: è possibile non ratificare il trattato di cooperazione giudiziaria con gli Emirati Arabi? Paese che si è rivelato più volte base sicura per latitanti italiani di grosso calibro, da Matacena ad Imperiale. È possibile che la riforma del Codice Antimafia, votato alla Camera nel Novembre del 2015 sia da allora ferma in Senato. Eppure la crisi del sistema dei sequestri patrimoniali è evidente tanto quanto la sua importanza. Manca un mese all’anniversario dell’assassinio di Pio La Torre: sarebbe insopportabile arrivare al 30 di Aprile senza il voto del Senato

Le cose che non so di questo 2016

Non
so perché il Governo italiano non abbia posto fine alle latitanze spudorate di
Matacena, Speziali, Nucera, Imperiale, Landi… Latitanze alla luce del sole, che
offendono il lavoro serio di investigatori e magistrati, che feriscono le
persone per bene, soprattutto quelle che si trovano a dover decidere se
affidarsi alle Istituzioni, magari denunciando ciò che hanno visto o peggio,
subito.

Non
so perché sia morto Omar Pace, ma so che ha vissuto servendo lo Stato e che il
suo lavoro prezioso non era finito.

Non
so perché la Procura di Palermo da un lato prepari il ricorso contro
l’assoluzione di Mannino, giudicando illogiche le motivazioni con le quali il
GUP ha ritenuto le dichiarzioni dei collaboratori non provanti gli addebiti e
dall’altro chieda l’archiviazione per il delitto Agostino-Castelluccio benchè a
sostegno dell’accusa ci siano molteplici e convergenti dichiarazioni di
collaboratori, ritenuti credibili almeno quanto quelli che hanno parlato di
Mannino.

Non
so perché nell’estate del 2013 qualcuno abbia fatto uscire dalle stanze della
DNA i verbali di due riunioni segrete, utili a ricapitolare anni di lavoro
sulle stragi di mafia coordinati dal dott. Donadio, su delega del PNA dott. Grasso.
Ma so che sotto procedimento disciplinare ci sta proprio il dott. Donadio e non
chi ha divulgato quelle informazioni.

Non
so perché il Tribunale di Milano all’apertura del processo BIS per l’assassinio
del giudice  Bruno Caccia, non abbia
ammesso come “testi” i colleghi e i collaboratori di allora: come se per il
delitto Chinnici, non fossero stati ascoltati Falcone, Pellegrini, Cassarà. Ma
tanto ora c’è il processo TER da ri-cominciare.

Non
so perché a Totò Cuffaro, condannato per aver passato informazioni segrete a
Cosa Nostra, nessu Tribunale tocchi l’ingente patrimonio (eppure la confisca in
questi casi dovrebbe essere obbligatoria). E non so perché sia stato criticato
più il presidente dell’ARS Ardizzone per aver negato a Cuffaro la sala
“Mattarella”, che Cuffaro per essersi auto assolto con la nefasta battuta di
aver “sbattuto” contro la mafia.

Non
so perché per arrivare negli uffici della DDA di Reggio Calabria si debba
passare per i cessi del VI piano del Ce.Dir. e il nuovo Palazzo di Giustizia
nella migliore delle ipotesi sarà inaugurato nel 2018.

Non
so perché nonostante pure in Canada faccia notizia la ferocia della ‘ndrangheta,
nessuna grande testata giornalistica apra redazioni adeguate a Reggio Calabria,
contribuendo di fatto alla vulnerabilità di certi giornalisti.

Non
so perché Governo e Regione siciliana abbiano promosso la nascita di un
monopolio nella navigazione, attraverso la Società di Navigazione Siciliana,
che sta nelle mani di poche famiglie tra le quali Matacena, Genovese, Franza.
Ma so che appartiene alla SNS la Sansovino dove il 29 novembre sono morti
asfissiati dai gas Christian
Micalizzi, Gaetano D’Ambra e Santo Parisi.

Non so se Pino Maniaci sia un
delinquente, che passerà alla storia del crimine per aver inventato le
estorisioni con IVA, o un minchione che con la sua Telejato ha avuto il
coraggio di puntare il dito contro colletti bianchi che si comportano da
mafiosi o che con i mafiosi ci hanno fatto affari. Ma so che di sequestri e
metano torneremo a parlare.

Non
so perché Matteo Messina Denaro sia ancora libero, nonostante tutta la terra
bruciata dalla quale è circondato, grazie al lavoro incessante coordinato dalla
dott.ssa Principato. Ma so che nomine, trasferimenti e assegnazioni sapienti
hanno disperso un patrimonio di memoria scomoda costruito da investigatori
mordaci e marginalizzato l’apporto di magistrati competenti.

Non
so perché Angiolo Pellegrini, generale dell’Arma e capitano a Palermo negli
anni in cui con Falcone prendeva forma il maxi-processo a Cosa Nostra, non sia
mai stato sentito in Commissione Antimafia, nemmeno per capire, secondo il
generale, chi e perché “si è tirato indietro sul più bello”.

Non
so perché a Gaetano Saffioti, imprenditore di Palmi, testimone di giustizia, in
Calabria non lo facciano lavorare, nemmeno quando dice di volerlo fare gratis.
Ma so che in giro per il Mondo è famoso ed apprezzato per il suo “cemento
trasparente”.

Non
so perché Bendetto Zoccola, vice Sindaco di Mondragone, che vive blindato
dall’esercito con la sua famiglia per le denunce che ha firmato, non sia ancora
stato risarcito per il danno che ha subito a causa delle botte e delle bombe.

Non
so perché a Luigi Gallo, imprenditore casertano che ha denunciato il sistema
riferito ai Cosentino, rischi oggi di fallire nonostante il riconoscimento
ottenuto dal Commissario del Governo per le vittime di racket, schiacciato
dalle pretese di ANAS.

Non
so quanto sia forte l’abbraccio osceno tra ‘ndrangheta e massoneria a Vibo
Valentia, ma so che c’è chi ancora sta pagando per aver fatto nomi che non si
dovevano fare. Ed è una buona notizia che il processo Black Money non sia stato
spostato a Salerno come chiesto dalle difese di Mancuso.

Non
so se Mimmo Lucano sarà ancora il Sindaco di Riace, ma so che l’Italia per bene
gli sarà accanto in questi giorni difficili, perché non sia col fango che venga
scritta l’ultima pagina di una storia che ha fatto germogliare dignità e
speranza dove per molti ci sono soltanto speculazione e abbandono.

So che avremo un anno nuovo di zecca per continuare a
cercare tutte le risposte.

Buon 2017!

Davide Mattiello

Processo San Michele: il Governo nomini un Commissario per le vittime di usura

Ora il Governo nomini subito il Commissario per le vittime di racket e usura. Le condanne arrivate oggi nel processo San Michele, pur non essendo definitive, costituiscono una tappa importante nel percorso di giustizia che le Forze dell’Ordine e la Magistratura del territorio torinese stanno portando avanti ormai da oltre un decennio se si considera il momento in cui Varacalli, affiliato alla ‘ndrangheta, ha cominciato a parlare. Il processo San Michele è importante in particolare perché dimostra la capacità del nostro sistema investigativo e giudiziario di reagire tempestivamente per fermare sul nascere le infiltrazioni mafiose anche negli appalti delle grandi opere. Ma in questo processo ha svolto un ruolo rilevante l’architetto Mauro Esposito che con le sue denunce ha permesso agli inquirenti di avere un quadro preciso della situazione. L’architetto Esposito ha pagato un prezzo molto alto per la sua scelta sia sul piano professionale che personale, un prezzo che lo Stato e gli altri Enti coinvolti, penso soprattutto ad Inarcassa, devono riconoscere e risarcire. Il Governo intanto potrebbe dare un segnale di attenzione atteso ormai da Luglio: nominare il nuovo Commissario per le vittime di Racket e usura, la sede è vacante da quando è andato in pensione il prefetto Giuffrè. Non è più possibile aspettare: senza Commissario, le pratiche relative ai risarcimenti per chi smette di subire e denuncia, sono ferme. Questo ritardo rischia di aumentare le sofferenze e anche il senso di precarietà in chi si affida allo Stato e questo è un regalo alla criminalità organizzata che non si giustifica nemmeno a Natale!

I 4 punti di Gentiloni

(ANSA) – ROMA, 13 DIC – “Ringrazio il Presidente Gentiloni che nella sua replica alla Camera ha concentrato le priorità del Governo in soli 4 punti: Europa, terremoto; lotta alla criminalità organizzata rafforzando la cooperazione internazionale in ambito giudiziario e lavoro: è quanto basta per continuare ad insistere, perchè la credibilità delle Istituzioni dipende anche dal fatto che le latitanze più sfacciate: Matacena, Nucera, Speziali, Landi, vengano interrotte e i ricercati consegnati alla Giustizia italiana”. Lo afferma il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Antimafia e Giustizia, che ieri aveva detto che avrebbe subordinato il proprio voto di fiducia ad un esplicito e chiaro impegno dal parte di Gentiloni a chiudere entro il 2016 “il dossier vergognoso delle latitanze alla luce del sole”.
“Voglio dedicare questo impegno ribadito dal Presidente del Consiglio Gentiloni ad un magistrato di valore che sta per concludere il suo lungo ed efficace servizio: il dottor Cataldo Motta, attualmente Procuratore a Lecce, cui dobbiamo tanti risultati sul fronte del contrasto al caporalato e alla criminalità organizzata”, conclude Mattiello.

Tana per gli Emirati!

Il Governo si impegni a non vanificare il lavoro straordinario dei nostri investigatori: basta mettere un piede a Dubai per essere salvi. Nelle ultime 24 ore le FFOO e la magistratura hanno assestato colpi duri alla criminalità organizzata: ieri a Napoli contro il clan Mallardo, questa notte a Rosarno con l’arresto di Marcello Pesce dopo 6 anni di latitanza, infine a Palermo con l’arresto di Matteo Cracolici già prestanome di Messina Denaro. Insomma: la mafia c’è, ma anche lo Stato, quando vuole. Peccato che poi, nonostante tutte le sollecitazioni possibili in sede parlamentare, fino al punto di votare una risoluzione in Commissione Giustizia insieme PD e 5Stelle, basti mettere un piede per esempio negli Emirati per essere salvi, come quando da bambini si giocava a nascondino toccando “tana!”. Una condizione mortificante e pericolosa per gli operatori della giustizia e per tutti i cittadini italiani. Le estradizioni da Paesi amici, per fatti di reato riconosciuti reciprocamente, dipende soltanto dalla volontà politica: i Trattati di cooperazione giudiziaria, quando ci sono, snelliscono le procedure, ma non sono mai condizioni necessarie. Non è soltanto la latitanza di Matacena a Dubai o di Vincezo Speziali in Libano a colpire negativamente, ora si aggiunge anche la vicenda di Krekar, anch’essa tutta da chiarire, se è vero che solo il 29 ottobre, sei dei presunti jihadisti della cellula meratese sono stati rinviati a giudizio per il processo d’Appello, previsto per il 13 marzo del prossimo anno. Tra questi appunto, anche Krekar, per il quale non si comprendono le reali motivazioni del ritiro della richiesta di estradizione dalla Norvegia. Sarebbe vergognoso che anche il 2016 di chiudesse con un nulla di fatto.

Approvata la risoluzione che impegna il Governo sull’estradizione dagli Emirati

Mattiello: Sul trattato di estradizione e di
mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e gli Emirati arabi uniti, sottoscritto il 16 settembre 2016.

 

TESTO APPROVATO

La II Commissione,

premesso
che:

è
passato poco più di un anno dall’accordo siglato dal Ministro Orlando con le
autorità degli Emirati Arabi in materia di cooperazione giudiziaria e di
estradizione, consistente in un trattato di estradizione e di mutua assistenza
giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il
Governo degli Emirati Arabi Uniti, ed un accordo di cooperazione giudiziaria in
materia penale fra i due Paesi, con l’intento di migliorare e intensificare la
collaborazione fra Italia ed Emirati Arabi Uniti in materia di giustizia, alla
luce, da un lato, della crescita dei rapporti economici, finanziari e
commerciali e dell’aumento esponenziale del numero di connazionali residenti
negli EAU e, dall’altro, dell’aumento delle richieste di estradizione e di
assistenza giudiziaria formulate da parte italiana;

in
particolare, con il Trattato di estradizione i due Pesi si sono impegnati
reciprocamente a consegnare persone ricercate che si trovano sul proprio
territorio, per dare corso ad un procedimento penale o consentire l’esecuzione
di una condanna definitiva, mentre l’Accordo di mutua assistenza giudiziaria
impegna invece Italia ed Emirati Arabi Uniti a collaborare in materia di
ricerca e identificazione di persone, notificazione di atti e documenti,
citazione di soggetti coinvolti a vario titolo in procedimenti penali,
acquisizione e trasmissione di atti, documenti ed elementi di prova,
informazioni relative a conti presso istituti bancari e finanziari, assunzione
di testimonianze o di dichiarazioni (ivi inclusi gli interrogatori di indagati
ed imputati), espletamento e trasmissione di perizie, esecuzione di attività di
indagine, effettuazione di perquisizioni e sequestri, nonché sequestro,
pignoramento e confisca dei proventi del reato e delle cose pertinenti al
reato. L’accordo prevede inoltre che l’assistenza possa essere accordata anche
in relazione a reati tributari e fiscali;

ad
oggi l’Italia non ha ancora concluso questo percorso, ratificando il trattato,
percorso così positivamente intrapreso dal Governo al fine di sanare una
negativa smagliatura nei rapporti tra i due Paesi, che sono per altro ottimi partner
commerciali soprattutto nei settori dell’energia e della difesa. Gli Emirati,
per esempio, sono i primi importatori al mondo di sistema di difesa e armamenti
italiani;

il
3 marzo 2016 la ratifica dell’accordo è stata presentata in Consiglio dei
ministri per ottenerne l’approvazione, passaggio che sembrava una pura
formalità, essendo stato preceduto dal placet dei Ministeri interessati,
interno, giustizia, economia e finanze, ma punto all’ordine del giorno venne
rinviato e il trattato rimandato per ulteriori approfondimenti. Pare che il
nodo fosse legato alla pena di morte, presente nell’ordinamento emiratino, che
farebbe sorgere riserve circa la possibilità di ratificare un accordo di questo
tipo;

in
merito al ritardo nella ratifica dell’accordo è stata presentata
un’interrogazione a risposta in Commissione, la n. 5-09675;

il
Ministro Orlando, sin da subito, aveva reso noto l’interesse del Governo
italiano in merito ad una pronta operatività dei due accordi;

va
considerata in questo quadro, inoltre, positivamente la grande quantità di
trattati che, opportunamente, il Parlamento sta approvando in questo periodo su
materie analoghe. Per fare soltanto qualche esempio tra i più recenti votati
alla Camera ci sono quelli con Austria, Vietnam, Andorra, Stati Uniti
Messicani, Armeni, Iraq, Filippine;

la
presenza di latitanti in quei territori, purtroppo ad oggi, non è affatto
diminuita, e gli ultimi clamorosi fatti di cronaca accrescono la necessità e
l’urgenza di una piena e completa operatività dell’accordo: il riferimento è,
in ordine di tempo, prima all’individuazione negli Emirati di Cetti Serbelloni,
che deve scontare una condanna definitiva per aver evaso tasse in Italia per
circa un miliardo di euro, poi al ritrovamento di due opere di Van Gogh rubate
ad Amsterdam nel 2002, riconducibili ad attività di riciclaggio del
narcotrafficante Imperiale, lui pure individuato negli Emirati: si tratta di
fatti che si aggiungono all’ormai da tempo noto caso dell’ex-parlamentare
Matacena, condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per concorso
esterno in associazione mafiosa nella fattispecie di ’ndrangheta e delinquenti
dediti al riciclaggio internazionale come messo recentemente in evidenza dalle
inchieste napoletane contro la camorra;

le
autorità giudiziarie italiane, che si occupano di casi legati alle richieste di
estradizione da quel Paese, hanno più volte segnalato come gli Emirati rischino
di diventare una sorta di porto franco per latitanti italiani e riciclatori
internazionali: diverse associazioni e personalità che si battono per la
legalità e gli organi di informazione più volte si sono occupati della vicenda,
con prese di posizione, servizi, inchieste, reportage e campagne, come
per esempio quella del giornale online Ytali,

impegna il Governo:

a
presentare con urgenza, il disegno di legge per l’autorizzazione alla ratifica
dei trattati di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e
gli Emirati Arabi Uniti, sottoscritti dalle parti il 16 settembre 2015,  ricercando le soluzione maggiormente
compatibili con la tutela dei principi costituzionali;

nelle
more della ratifica del trattato, a agire in via diplomatica al fine di
ottenere l’estradizione di Amedeo Matacena.

«Mattiello, Verini».

Matacena: il Governo conferma l’impegno per l’estradizione

Il Governo conferma impegno per tempestiva estradizione di Amedeo Matacena. Un segnale dovuto a magistrati, investigatori e italiani per bene. In Commissione Giustizia Camera stiamo discutendo due risoluzioni, una presentata da me insieme all’on Verini e una dal collega Ferraresi del M5S, che impegnano il Governo sia sulla definitiva ratifica dei trattati di cooperazione giudiziaria con gli Emirati Arabi Uniti, sia sul tempestivo perfezionamento della estradizione di Amedeo Matacena, tra l’altro condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Il Governo nell’esprimere i propri pareri sui due testi ha comunque annunciato di avere ribadito la richiesta di estradizione del Matacena sulla base dei Trattati già storicamente sottoscritti dai due Paesi, a cominciare dalla Convenzione contro il crimine transazionale del 2000. Sono soddisfatto anche perché questa strada è quella che io stesso avevo auspicato e suggerito fin dal 2014. Le risoluzioni saranno comunque votare nei prossimi giorni’

Mafia: Governo nomini commissario vittime usura

(ANSA) – ROMA, 27 SET – “Il Governo nomini il Commissario straordinario per le vittime di usura e racket: il modo migliore per onorare la scelta degli imprenditori di Corleone che si sono ribellati al pizzo”. Lo chiede il deputato Pd Davide Mattiello, che ricorda che da quando a Luglio e’ andato in pensione il prefetto Giuffre’ il posto e’ vacante. “E’ un’assenza che pesa sia sul piano operativo, sia sul piano simbolico: sono tante in Italia le vittime di usura e racket, una parte di queste decide di denunciare, rompendo il muro della paura e accettando consapevolmente di correre un rischio anche grave, come nel recente caso di Giovanni Cugliari nel vibonese. Queste persone quando si affidano allo Stato non possono vedere una porta chiusa, un ufficio vuoto. Questa sera il Consiglio dei Ministri puo’ risolvere la situazione”, conclude il deputato, che e’ componente delle commissioni Antimafia e Giustizia.