Amministratori minacciati

Davide Mattiello è stato relatore alla Camera della norma che rafforza le tutele per amministratori, politici e magistrati esposti a minacce.

Il testo è stato prima approvato dal Senato, a partire dal lavoro della Commissione d’inchiesta del Senato, presieduta dalla senatrice Lo Moro, sulle intimidazioni agli amministratori locali. La commissione ha messo in luce la situazione grave che anche Anci e Avviso pubblico denunciano da tempo: sono soprattutto gli amministratori locali oggi a subire queste violenze nel quotidiano e concreto corpo a corpo sul territorio con delinquenti più o meno organizzati. Ma coerentemente al testo licenziato dal Senato, sono stati tenuti dentro anche i politici nazionali perché è capitato e capita che essi stessi siano sottoposti a minacce analoghe. Per questo sono stati respinti gli emendamenti presentati dal M5S che puntavano ad escludere i politici nazionali: Mattiello ha fatto notare che uno dei più importanti processi oggi in corso che esplora il presunto e perverso rapporto tra Stato e mafia, si fonda proprio sull’articolo 338 del codice penale” (è il “processo trattativa” ndr). Rispetto ai contenuti del provvedimento, si realizza l’estensione dell’applicazione della norma (che prevede una pena da 1 a 7 anni), da un lato, agli atti di intimidazione nei confronti dell’organo (politico, amministrativo, giudiziario) o dei “suoi singoli componenti” e, dall’altra, ai casi in cui essi sono finalizzati ad “ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell’avvenuto rilascio o adozione dello stesso” (art. 1). Per tali fattispecie si rende pertanto possibile il ricorso alle misure cautelari e alle intercettazioni e si rendono anche applicabili le circostanze aggravanti previste dall’art. 339 del codice penale, quando il fatto è commesso con l’utilizzo di armi, da più persone riunite, con scritto anonimo, etc. Sull’art.339 si è prevista un’ulteriore aggravante delle pene, da un terzo alla metà, se gli atti di intimidazione (lesione, violenza privata, minaccia, danneggiamento) sono commessi ai danni di un componente di un corpo politico, amministrativo o giudiziario a causa del compimento di un atto nell’adempimento del mandato, delle funzioni o del servizio (art. 3). La legge va in scia all’impegno condotto dal 1996 da Avviso Pubblico, rete di enti locali per la promozione della legalità, che da anni redige un rapporto dal titolo ‘Amministratori sotto tiro” e che conduce un’attività di affiancamento a coloro che sono vittime di tali violenze.

Camera dei Deputati: intervento in aula a favore degli amministratori minacciati

grazie Presidente,

la proposta di Legge 3891 che l’Aula inizia ad esaminare è già stata approvata dal Senato con ampio consenso l’8 Giugno di un anno fa. L’intenzione che manifesto a nome della maggioranza è quella di approvare senza modifiche il testo che ci è arrivato dal Senato, in modo da chiudere l’iter parlamentare e permettere la promulgazione di queste norme che, come argomenterò tra poco, rappresentano un passo avanti dello Stato nella tutela di un bene repubblicano fondamentale, la libertà del processo attraverso cui si forma la volontà pubblica. In altre parole: l’essenza stessa della democrazia.Con questa stessa intenzione abbiamo affrontato l’esame in Commissione Giustizia.
Questa proposta di Legge è figlia del lavoro fatto dalla Commissione di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, presieduta dalla Senatrice Lo Moro, istituita dal Senato il 3 ottobre 2013, che ha terminato i suoi lavori il 26 febbraio 2015 con una relazione votata all’unanimità. Una proposta di Legge fortemente voluta dalle due associazioni che in Italia più si incaricano di rappresentare le istanze degli amministratori locali: ANCI e Avviso Pubblico.
Infatti se oggi siamo qui a discutere di questa proposta è perché il Parlamento si è fatto carico di una situazione grave, che soprattutto in alcune aree del nostro Paese costituisce una vera e propria emergenza: Sindaci, assessori, consiglieri comunali e agenti di Polizia Municipale minacciati, colpiti nella persona o nel patrimonio, nel tentativo di piegarli a fare cosa non deve essere fatto o per ritorsione rabbiosa verso ciò che è stato fatto.
Avviso Pubblico stima circa 500 atti del genere in un anno, facendo conto ovviamente soltanto sui dati legati alle denunce, quindi ai fatti emersi.
Perché i Comuni? Perché sono l’articolazione dello Stato con cui i cittadini entrano più direttamente in contatto e, soprattutto nei centri medio piccoli, sono la “faccia” dello Stato sulla quale si addensano aspettative di ogni tipo, più o meno legittime.
Infatti a porre in essere minacce e violenze oltre alla criminalità più o meno organizzata e di stampo mafioso, c’è anche un’altra tipologia di soggetti, che non va giustificata, ma che va analizzata di per se’: cittadini esasperati dalla frustrazione e dalla paura per il futuro. Cittadini che arrivano purtroppo a trasformare in violenza il disagio, quando curva diventando disperazione. Per questo se è senz’altro importante che lo Stato con questa Legge alzi scudi più robusti attorno ai Comuni, lo è altrettanto il ricordaci quanto siano fondamentali interventi di natura sociale che alimentino la coesione e promuovano l’emancipazione dal bisogno. Mentre alziamo gli scudi, insomma, dovremmo anche rafforza le braccia dei Comuni, attraverso una disponibilità maggiore di risorse economiche da spendere, con rigore e trasparenza.
La proposta di Legge fa due scelte di fondo su cui vorrei attirare l’attenzione dell’Aula prima di passare ad una puntuale disamina degli articoli.
La prima: chi colpisce un Sindaco, un assessore, un consigliere colpisce la democrazia.
Avrebbe infatti potuto il Legislatore prendere in considerazione le fattispecie base che normalmente integrano gli attacchi, cioè la minaccia, le lesioni, la violenza privata, il danneggiamento, l’ingiuria, la diffamazione, gli atti persecutori, fino all’estorsione e costruirci sopra una aggravante qualora questi attacchi fossero rivolti ad amministratori locali, oppure avrebbe potuto intervenire sul 336 del cp, che sanzione proprio la minaccia e la violenza contro il pubblico ufficiale e invece ha preferito lavorare sul 338 del codice penale. Scelta benedetta, perché è la fattispecie che meglio individua il bene giuridico offeso che più qualifica la condotta che è libertà con la quale deve potersi formare la decisione della Pubblica Amministrazione, intesa in ogni sua manifestazione. Libertà, sia detto per inciso ma con fermezza, che equivale a piena responsabilità: chi si assume un ruolo pubblico non deve essere indebitamente condizionato, proprio perché deve e ribadisco deve poter rispondere di quello che fa e di quello che non fa, senza alcun alibi.
Il 338 sanziona con una pena compresa tra uno e sette anni chi usando minaccia o violenza provi ad impedire o anche soltanto a turbare temporaneamente l’esercizio della funzione di un Corpo politico, amministrativo, giudiziario o di una sua rappresentanza. Un range edittale che permette la procedibilità d’ufficio, le misure cautelari e le intercettazioni in fase di indagine.
La seconda scelta di fondo è stata quella di modificare il 338 per tutti i soggetti cui il 338 si riferisce e non soltanto per gli amministratori locali.
Aderisco convintamente anche a questa seconda scelta perché è un buon Legislatore quello che, spronato ad intervenire da una emergenza contingente, rifletta pacatamente per offrire non soltanto una risposta puntuale all’emergenza considerata, ma una risposta di sistema, che tenga conto della storia e si sforzi di proiettarsi con lungimiranza nel futuro.
Ecco che allora lo “scudo” che noi rafforziamo, lo rafforziamo per tutta la platea di soggetti considerata dal 338: corpi politici, quindi il Legislatore regionale e nazionale e corpi giudiziari.
Altra scelta benedetta perché non è meno importante ovviamente la libertà della formazione della volontà del Legislatore o del Giudice. Evoco soltanto due episodi: a Palermo il più importante processo in corso di dibattimento che esplora l’ipotizzato rapporto scellerato tra Cosa Nostra e pezzi di Stato nel periodo stragista, il così detto “processo trattativa” è costruito sul 338 del codice penale. A Torino soltanto una settimana fa è stato sventato un attentato dinamitardo nel tribunale, verosimilmente collegato all’apertura del dibattimento del processo “Scripta manent” che vede imputati soggetti riconducibili all’area anarco informale.
In vero, c’è un quarto “corpo” che viene giustamente tutelato dal complesso dell’articolato, soprattutto con riferimento a quanto previsto dall’articolo 5, un “quarto corpo” che non è espressamente richiamato dal 338: il “corpo elettorale”. Bene fa la proposta di legge in esame a includere anche l’art. 90 del DPR 570 del ’60, sulle elezione dei Consigli comunali, che per analogia rimanda all’art. 100 del DPR 361 del ’57 sulla elezione delle Camere. Fa bene perché la minaccia o la violenza possono anche essere indirizzati contro il corpo elettorale nel momento in cui si forma la più fondamentale di tutte le volontà repubblicane, quella attraverso la quale si seleziona la rappresentanza democratica. La situazione che si sta vivendo a Trapani offre da questo punto di vista preoccupanti spunti di riflessione.
Vengo in fine a ripercorre le principali novità del testo.Con l’articolo 1 aggiungiamo all’art. 338 le parole “ai singoli componenti”, quindi non soltanto il “corpo” nel suo complesso o la sua “rappresentanza”. In modo da chiarire definitivamente che chi tocca uno, tocca tutti e tocca lo Stato. Con l’articolo 2 rendiamo obbligatorio l’arresto in flagranza.Con l’articolo 3 definiamo una aggravante ad effetto speciale, che scatta quando le condotte intimidatorie abbiano una valenza ritorsiva rispetto alle decisioni assunteCon l’articolo 4 estendiamo la causa di non punibilità di cui all’art. 393-bis anche all’aggravante di cui sopra, qualora l’atto assunto sia figlio di un abuso di potere.Con l’articolo 5 estendiamo la punibilità prevista a tutela del corpo elettorale anche a chi usi minaccia o violenza sul candidato o su chi decida di spendersi a sostegno del candidato, per tanto ritengo positiva la scelta fatta nell’usare il termine “altri” e non il termine “candidato”.Con l’articolo 6 definiamo le modalità con le quali il Ministero dell’Interno debba procedere nel far funzionare l’Osservatorio sugli atti intimidatori nei confronti degli Amministratori locali, già varato nel Luglio del 2015.
Ecco, Presidente e colleghi, una proposta di Legge utile e illuminata, che idealmente è dedicata in particolare a quegli Amministratori locali che hanno pagato con la vita la propria dedizione alla Repubblica, fatemene ricordare uno per tutti, il Sindaco di Pagani Marcello Torre, ucciso per ordine di Cutolo l’11 Dicembre del 1980.E anche a quelli che non sono stati uccisi, ma mortificati quando hanno scelto la legalità anziché l’accomodamento, come accadde all’indimenticato Sindaco di Torino Diego Novelli, quando nel 1983 decise di denunciare la corruzione all’interno del Comune, anziché cercare criminogeni aggiustamenti “politici”.
L’Italia spesso in affanno sul cammino della credibilità istituzionale, deve molto a tutti loro.
Grazie Presidente

Incandidabili i sindaci di comuni sciolti per mafia: NORMA APPROVATA!

(ANSA) – ROMA, 24 SET – “E’ una giornata memorabile: in Commissione Antimafia abbiamo approvato all’unanimita’ il nuovo codice di auto regolamentazione per le candidature e le nomine. Alla lettera C si prevede che il sindaco di un Comune sciolto per mafia non possa essere candidato a niente, compreso Parlamento e Europa!! Insomma in un modo o nell’altro andiamo avanti per la strada buona.. Forza&Coraggio!”. Lo scrive sul suo profilo Facebook Davide Mattiello, componente della commissione Parlamentare Antimafia, a proposito dell’approvazione del Codice etico per le candidature e le competizioni elettorali da parte della Commissione in vista delle prossime elezioni amministrative e regionali.