Europa e nazionalismi: Rosy Bindi ospite di Benvenuti in Italia

L’11 giugno 2018 Rosy Bindi è stata ospite della Fondazione Benvenuti in Italia per il terzo appuntamento del ciclo “Il futuro è un posto meraviglioso”. Con lei abbiamo discusso di populismi e nuovi nazionalismi, una situazione che non può prescindere dall’attualità e dalla decisione del Governo Conte di chiudere i porti, impedendo ai migranti di arrivare in Europa.

Sostituire Rosy Bindi? Inutile e dannoso

(askanews) – “In Commissione antimafia non c’è alcuna discussione a riguardo. Non avverto questo problema. Coloro che hanno inteso mettere in circolazione questa voce, sono coloro che non hanno a che fare con la Commissione parlamentare antimafia e non stanno animando il dibattito all’interno della Commissione. Arrivati a questo punto, sostituire la presidente della Commissione sarebbe inspiegabile, perché sarebbe dannoso per tanti motivi”. Lo ha detto Davide Mattiello, deputato del Pd e membro della commissione antimafia, a Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it). “Da quando si è insediata la presidente Bindi, la commissione antimafia ha lavorato più di qualunque altra commissione e i documenti parlamentari lo attestano – ricorda Mattiello -. Un esempio su tutti è lo scandalo della mala gestione sui beni confiscati alla mafia. La Commissione, appena insediata, ha aperto un’inchiesta proprio sui beni confiscati e le aziende confiscate alle mafie”.

L’antimafia è tutt’altro che fallita

(ANSA) – ROMA, 24 FEB – “La presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi ha colto nuovamente l’occasione per valorizzare le esperienze positive di riutilizzo sociale dei beni confiscati, durante la conferenza stampa finale della missione di tre giorni in Puglia della Commissione, facendo riferimento al lavoro delle cooperative che gestiscono i terreni tra Mesagne e Torchiarolo”. Ad affermarlo e’ il deputato del Pd Davide Mattiello relatore alla Camera della riforma del Codice antimafia che riguarda anche la gestione dei beni sequestrati e confiscati. “Purtroppo notizie come quelle che sono arrivate ieri, relative alla Tecnis e alle ipotesi di accusa che riguardano chi per anni avrebbe sbandierato la legalita’ per coprire altri giochi – prosegue il deputato – confermano quanto bisogno ci sia di distinguere con rigore tra esperienze ed esperienze, per evitare il rischio di delegittimare un intero movimento fatto di attori istituzionali e non. Noi faremo di tutto per evitarlo, continuando a far parlare le azioni concrete, chi generalizza e rappresenta un’Antimafia arresa e fallita, sta solo facendo l’interesse delle mafie”.

Miasino liberato

(ANSA) – ROMA, 19 FEB – “La consegna del castello di Miasino alla Regione Piemonte e’ una bella vittoria repubblicana”. Lo ha detto il deputato del Pd in commissione Giustizia e Antimafia, Davide Mattiello. “E’ importante essere qui oggi tutti insieme: associazioni, Comuni, Regione, Prefetture, Forze dell’Ordine, con la Presidente Bindi, il Procuratore Nazionale Roberti, il Direttore Postiglione, perche’ dopo anni di lavoro difficile e corale il bene confiscato a Pasquale Galasso e’ stato finalmente liberato e si avvia ad una nuova vita. Nessuna resa alla mafia, insomma. Lo Stato puo’ vincere. Dobbiamo proseguire nell’impegno in Parlamento per perfezionare la riforma del Codice Antimafia, gia’ approvata alla Camera l’11 novembre: piu’ strumenti, in modo che non ci siano alibi per coloro che preferiscono spargere disfattismo e disperazione”, conclude la nota. 

Il sindaco gentile

Gli appalti, la camorra e un uomo onesto: la storia di Marcello Torre.
Presentazione alla Camera dei Deputati il 4 febbraio con Rosy Bindi, Luigi Ciotti,
Davide Mattiello, Marcello Ravveduto, Annamaria Torre

La storia di Marcello Torre verrà raccontata alla Camera dei Deputati il 4 febbraio prossimo, alle ore 13.00 presso la Sala Stampa, in occasione della presentazione del libro “Il sindaco gentile”. 

IL LIBRO. L’indifferenza ci rende passivi e quindi complici del male criminale. Questo è uno degli insegnamenti che la vita di Marcello Torre ha trasmesso fino a noi: lo sottolinea con forza don Luigi Ciotti, anima e presidente di Libera, al termine della prefazione al libro Il sindaco gentile. Gli appalti, la camorra e un uomo onesto. La storia di Marcello Torre, in libreria per Melampo Editore. Una biografia che ripercorre l’esperienza politica e umana del sindaco di Pagani (Salerno), ucciso dalla camorra l’11 dicembre 1980, rimasta finora sostanzialmente – e inspiegabilmente – inedita, ma ricostruita ora con puntualità estrema, da storico, qual è l’autore Marcello Ravveduto. E però con la capacità di allargare il fascio di luce del racconto a coprire un intero territorio e molte vicende d’interesse nazionale (l’affermarsi del potere camorristico, la tragedia del sisma dell’Irpinia, lo scontro sulla legge sul divorzio…).

I protagonisti sono infatti sempre almeno due. In primis Marcello Torre, “democristiano indipendente” – come scrive Nando dalla Chiesa –, inizialmente avvocato anche di camorristi, capace di difendere la legge sul divorzio in contrasto con la corrente fanfaniana, maggioritaria nel suo partito, e, da politico locale, di frapporsi alla brama di accaparrarsi da subito una posizione di rilievo nell’impegno di ricostruzione per il dopo terremoto (23 novembre 1980, 2.735 morti e 8.850 feriti). E poi una terra dove le sparatorie e i delitti, che insanguinano Pagani e la regione, segnano l’ascesa di Raffaele Cutolo, trasformandola in un “Far West”– 1527 omicidi in Campania tra il 1970 e i primi anni Ottanta –; una terra che dopo il sisma viene inondata di finanziamenti pubblici (50 mila miliardi di lire), creando un’emergenza infinita (nel 1990 ancora 28.500 sfollati) e alimentando l’appetito smodato dei boss, per aver ostacolato il quale viene decisa definitivamente la fine del “sindaco gentile”.

«La vita di Marcello Torre – ricorda ancora don Ciotti – viene troncata la mattina dell’11 dicembre 1980, dopo che ha passato giorni e notti tra la sua gente, a gestire i soccorsi, a distribuire cibo e coperte. La mafia uccide una persona troppo libera per essere manipolata o anche solo “indirizzata”». 

L’AUTORE. Marcello Ravveduto è docente di Public & Digital History presso l’Università di Salerno, componente del comitato scientifico della rivista “Narcomafie” e della Biblioteca digitale sulla camorra e sulla cultura della legalità presso l’Università Federico II di Napoli. Ha scritto tra gli altri Napoli… Serenata calibro 9. Storia e immagini della camorra tra cinema, sceneggiata e neomelodici (2007), Libero Grassi. Storia di un’eresia borghese (2012). Ha curato le antologie Strozzateci tutti (2010) e Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia (2012). È inoltre coautore di Le strade della violenza (2006), del primo e del terzo volume de L’Atlante delle mafie (2012, 2015) e di Riformismo mancato. Società, consumi e politica nell’Italia del miracolo (2014). 

Unanime! Il voto della Camera sulla relazione dedicata ai Testimoni di Giustizia

(ANSA) – ROMA, 22 APR – Una legge per i testimoni di giustizia che li distingua, anche sul piano normativo, in maniera radicale, dai collaboratori, “perche’ non debba piu’ succedere che si confondano collaboratori e testimoni” e l’adozione di strumenti di tutela, di assistenza economica e reinserimento lavorativo “che siano come abito sartoriale sulla vita del testimone e della sua famiglia”. Queste due delle richieste avanzate dal coordinatore del V Comitato della Commissione Antimafia, Davide Mattiello (Pd), che ha messo a punto una Relazione sui testimoni di giustizia che oggi verra’ votata alla Camera. “Ad oggi – ha spiegato Mattiello – a seconda del tipo delle misure speciali a cui si e’ sottoposti, sono differenti gli strumenti di tutela, di assistenza economica, e di reinserimento lavorativo cui si puo’ accedere. Noi diciamo che bisogna superare questa sclerosi del sistema; vanno cucite addosso al testimone e alla sua famiglia”. Ultimo auspicio, contenuto nella relazione, “e’ che si possano trovare quelle strade, quei canali, attraverso i quali valorizzare quelle scelte difficilissime di cui la cronaca ci restituisce troppo spesso narrazioni di terrore domestico. Sono le donne, sono i minori, che fanno parte di quei contesti familiari e criminali e che da quei contesti vogliono liberarsi benche’ non abbiano, talvolta, informazioni utili per l’autorita’ giudiziaria. Lo Stato deve proteggere queste scelte, costruendo percorsi di tutela e di reinserimento”.

Rosy Bindi: “Portare verso zona bianca coloro che sono in quella grigia”

“E’ necessario un ammodernamento del nostro modo di combattere le mafie”: con queste parole la presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, ha preso la parola in Aula alla Camera in occasione della discussione, cui seguirà anche il voto, della Relazione della Commissione sui testimoni di giustizia. “Noi riteniamo che dopo la legge del 13 febbraio del 2001, la sua applicazione e la sua sperimentazione da parte dei Governi che si sono succeduti nel tempo, sia necessario procedere ad alcune modifiche”, ha spiegato Bindi, che si è soffermata su tre aspetti, a partire dalla definizione della figura del testimone di giustizia con una rigorosa distinzione rispetto alla figura del collaboratore. “Preannuncio subito – ha affermato – che lavoreremo anche alla modifica che riguarda i collaboratori di giustizia. Dobbiamo distinguere queste due figure per riuscire a portare verso la zona bianca coloro che oggi abitano la zona grigia e che molto facilmente possono invece scivolare verso la zona nera. Il diverso modo con cui agiscono oggi le mafie, che oltre all’uso della violenza sanno creare complicità e connivenze, ci deve portare ad avere un atteggiamento che sintetizzerei con questa immagine: le braccia aperte per accogliere coloro che, anche dopo aver sbagliato, ma non essendo mai diventate parte integrante delle associazioni mafiose, dopo esserne diventate vittime vogliono recidere assolutamente questo rapporto che in una fase li ha visti in qualche modo complici o, quantomeno, li ha visti lucrare la convenienza di questo rapporto”. Altra richiesta della Bindi è che siano applicate per tutti le stesse regole, ma attraverso una forte personalizzazione, “perché si tratta comunque di storie ciascuna con la sua originalità. Basta ascoltarli per capire quanto una scelta come quella che loro hanno fatto per tutti noi abbia inciso profondamente nella loro esistenza e nell’esistenza dei loro cari”. Infine Bindi ha sottolineato l’importanza che quando e dove è possibile, il testimone di giustizia debba restare a casa propria, continuando la propria attività laddove si trova.

Filippo Bubbico: “Per i Testimoni di Giustizia prevedere commesse ed esenzioni”

“Bisogna favorire la permanenza dei testimoni di giustizia nei luoghi di residenza”: lo ha detto il viceministro all’Interno, Filippo Bubbico, prendendo la parola in occasione della discussione e dell’approvazione, prevista oggi, della Relazione della Commissione parlamentare Antimafia sui testimoni di giustizia. “Dobbiamo anche affrontare un problema – ha spiegato Bubbico – che la relazione mette bene in evidenza e che riguarda gli operatori economici, gli imprenditori, che denunciano, che rendono testimonianza e che, per effetto della loro testimonianza, vivono situazioni particolarmente difficili nell’esercizio della loro attività economica, della loro attività produttiva, della loro attività commerciale o professionale, perché agire in contesti ostili e difficili per chi ha denunciato, per chi ha testimoniato, è particolarmente gravoso. E allora vanno studiate, come nella relazione viene suggerito, quelle modalità, conformi all’ordinamento comunitario, che possano favorire l’assegnazione diretta di commesse, l’esecuzione di opere da parte della pubblica amministrazione, in ragione compatibile con le regole della concorrenza e del mercato. Occorrerà definire eventualmente una specifica misura da notificare alla Commissione europea, perché possa essere praticato un regime di esenzione, magari modulato per determinati valori, per quegli operatori economici che testimoniano la loro volontà di opporsi alle organizzazioni criminali”

Proseguiamo sulla strada della riforma delle misure di prevenzione

(ANSA) – ROMA, 13 APR – Tutti gli addetti ai lavori spronano a proseguire sulla strada della riforma delle misure di prevenzione tracciata in Commissione Giustizia della Camera attraverso l’abbinamento dei testo unico 1138 di iniziativa popolare e del 2737 a prima firma Bindi, originato dalla Commissione Antimafia. A renderlo noto e’ il relatore per la maggioranza ai testi di riforma delle misure di prevenzione del Codice Antimafia, Davide Mattiello (Pd), che oggi pomeriggio nella sala del Mappamondo, insieme alla presidente della Commissione Giustizia Donatella Ferranti e al correlatore Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia, ha ascoltato i magistrati delle misure di Prevenzione La Malfa di Bari, Saguto di Palermo, Menditto di Lanciano, Balsamo di Caltanissetta, il Procuratore di Roma Pignatone, Monteleone Consigliere della Corte d’Appello di Roma, e i rappresentanti di Abi, Ance, commercialisti e amministratori Giudiziari. “Tutti concordi – spiega Mattiello – sul valore positivo dell’impianto normativo che tutela il valore pubblico delle confische di prevenzione e l’utilita’ sociale che ne deve derivare, rendendo piu’ efficiente la procedura e insieme tutela il lavoro la dove ve ne siano le condizioni e tutela i terzi creditori di buona fede. Ora la parola passa al Governo e al concerto necessario tra Camera e Senato”.

La priorità è la tutela dei lavoratori dopo i sequestri delle aziende.

La Presidente Bindi ha ribadito oggi a Bari, nel corso della missione che stiamo facendo come Commissione Antimafia, che la priorità dopo i sequestri delle aziende alle mafie è la tutela dei lavoratori, e ha rilanciato la centralità della gestione delle aziende confiscate: bisogna fare in modo che il sequestro diventi una buona notizia. Auspico che al più presto possa cominciare l’esame in Parlamento della PDL 1138 che punta a migliorare il sistema della gestione delle aziende. E’ la proposta fortemente voluta dalla Cgil, da Libera, da Avviso Pubblico.

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il 416 ter non può restare su un binario morto

La presidente Bindi ha ragione: il 416/ter non puo’ restare su un binario morto. Non possiamo nemmeno permettere che i tempi di approvazione della norma siano tali da vanificarne l’applicazione per la prossima tornata elettorale, quando molti Comuni saranno rinnovati. Il Governo chiarisca al piu’ presto se ci siano le condizioni per assumere la norma, che saremmo disposti a modificare alla Camera accogliendo le indicazioni dell’ANM, in un Decreto Legge. Le forze politiche si impegnino a convertire il testo senza ulteriori modifiche. Altrimenti meglio approvare la norma cosi’ com’e’.