L’attenzione pubblica non deve venire meno sui processi di mafia, tanto più sul processo che riguarda il giornalista Pino Maniaci. È incomprensibile la decisione presa ieri dal Tribunale di Palermo di vietare le riprese video e audio nel processo che vede imputato, tra gli altri, Pino Maniaci fondatore della emittente Telejato. Non si comprende come mai per il Presidente della seconda sezione penale, Benedetto Giaimo e per la Pm Dott.ssa Amelia Luise, sia diventato un processo che ‘non ha interesse sociale’. Ce lo ha eccome, per il ruolo addirittura internazionale che per anni ha avuto Telejato nel rappresentare un punto di riferimento nel contrasto sociale alla mafia. L’opinione pubblica deve essere nelle condizioni di capire se l’esperienza di Telejato è stata una truffa amara che ha coperto comportamenti gravi o se, viceversa, è stata una esperienza scomoda e coraggiosa che qualcuno sta cercando di seppellire, esasperando in chiave criminale aspetti senz’altro disdicevoli. Le sentenze sono il punto di arrivo del processo, ma l’esperienza ci insegna quanto sia importante poter seguire passo, passo lo svolgersi del processo. Per questo è meglio che ci sia massima trasparenza su questo dibattimento, come chiede con forza anche l’associazione Rita Atria.
Le cose che non so di questo 2016
Non
so perché il Governo italiano non abbia posto fine alle latitanze spudorate di
Matacena, Speziali, Nucera, Imperiale, Landi… Latitanze alla luce del sole, che
offendono il lavoro serio di investigatori e magistrati, che feriscono le
persone per bene, soprattutto quelle che si trovano a dover decidere se
affidarsi alle Istituzioni, magari denunciando ciò che hanno visto o peggio,
subito.
Non
so perché sia morto Omar Pace, ma so che ha vissuto servendo lo Stato e che il
suo lavoro prezioso non era finito.
Non
so perché la Procura di Palermo da un lato prepari il ricorso contro
l’assoluzione di Mannino, giudicando illogiche le motivazioni con le quali il
GUP ha ritenuto le dichiarzioni dei collaboratori non provanti gli addebiti e
dall’altro chieda l’archiviazione per il delitto Agostino-Castelluccio benchè a
sostegno dell’accusa ci siano molteplici e convergenti dichiarazioni di
collaboratori, ritenuti credibili almeno quanto quelli che hanno parlato di
Mannino.
Non
so perché nell’estate del 2013 qualcuno abbia fatto uscire dalle stanze della
DNA i verbali di due riunioni segrete, utili a ricapitolare anni di lavoro
sulle stragi di mafia coordinati dal dott. Donadio, su delega del PNA dott. Grasso.
Ma so che sotto procedimento disciplinare ci sta proprio il dott. Donadio e non
chi ha divulgato quelle informazioni.
Non
so perché il Tribunale di Milano all’apertura del processo BIS per l’assassinio
del giudice Bruno Caccia, non abbia
ammesso come “testi” i colleghi e i collaboratori di allora: come se per il
delitto Chinnici, non fossero stati ascoltati Falcone, Pellegrini, Cassarà. Ma
tanto ora c’è il processo TER da ri-cominciare.
Non
so perché a Totò Cuffaro, condannato per aver passato informazioni segrete a
Cosa Nostra, nessu Tribunale tocchi l’ingente patrimonio (eppure la confisca in
questi casi dovrebbe essere obbligatoria). E non so perché sia stato criticato
più il presidente dell’ARS Ardizzone per aver negato a Cuffaro la sala
“Mattarella”, che Cuffaro per essersi auto assolto con la nefasta battuta di
aver “sbattuto” contro la mafia.
Non
so perché per arrivare negli uffici della DDA di Reggio Calabria si debba
passare per i cessi del VI piano del Ce.Dir. e il nuovo Palazzo di Giustizia
nella migliore delle ipotesi sarà inaugurato nel 2018.
Non
so perché nonostante pure in Canada faccia notizia la ferocia della ‘ndrangheta,
nessuna grande testata giornalistica apra redazioni adeguate a Reggio Calabria,
contribuendo di fatto alla vulnerabilità di certi giornalisti.
Non
so perché Governo e Regione siciliana abbiano promosso la nascita di un
monopolio nella navigazione, attraverso la Società di Navigazione Siciliana,
che sta nelle mani di poche famiglie tra le quali Matacena, Genovese, Franza.
Ma so che appartiene alla SNS la Sansovino dove il 29 novembre sono morti
asfissiati dai gas Christian
Micalizzi, Gaetano D’Ambra e Santo Parisi.
Non so se Pino Maniaci sia un
delinquente, che passerà alla storia del crimine per aver inventato le
estorisioni con IVA, o un minchione che con la sua Telejato ha avuto il
coraggio di puntare il dito contro colletti bianchi che si comportano da
mafiosi o che con i mafiosi ci hanno fatto affari. Ma so che di sequestri e
metano torneremo a parlare.
Non
so perché Matteo Messina Denaro sia ancora libero, nonostante tutta la terra
bruciata dalla quale è circondato, grazie al lavoro incessante coordinato dalla
dott.ssa Principato. Ma so che nomine, trasferimenti e assegnazioni sapienti
hanno disperso un patrimonio di memoria scomoda costruito da investigatori
mordaci e marginalizzato l’apporto di magistrati competenti.
Non
so perché Angiolo Pellegrini, generale dell’Arma e capitano a Palermo negli
anni in cui con Falcone prendeva forma il maxi-processo a Cosa Nostra, non sia
mai stato sentito in Commissione Antimafia, nemmeno per capire, secondo il
generale, chi e perché “si è tirato indietro sul più bello”.
Non
so perché a Gaetano Saffioti, imprenditore di Palmi, testimone di giustizia, in
Calabria non lo facciano lavorare, nemmeno quando dice di volerlo fare gratis.
Ma so che in giro per il Mondo è famoso ed apprezzato per il suo “cemento
trasparente”.
Non
so perché Bendetto Zoccola, vice Sindaco di Mondragone, che vive blindato
dall’esercito con la sua famiglia per le denunce che ha firmato, non sia ancora
stato risarcito per il danno che ha subito a causa delle botte e delle bombe.
Non
so perché a Luigi Gallo, imprenditore casertano che ha denunciato il sistema
riferito ai Cosentino, rischi oggi di fallire nonostante il riconoscimento
ottenuto dal Commissario del Governo per le vittime di racket, schiacciato
dalle pretese di ANAS.
Non
so quanto sia forte l’abbraccio osceno tra ‘ndrangheta e massoneria a Vibo
Valentia, ma so che c’è chi ancora sta pagando per aver fatto nomi che non si
dovevano fare. Ed è una buona notizia che il processo Black Money non sia stato
spostato a Salerno come chiesto dalle difese di Mancuso.
Non
so se Mimmo Lucano sarà ancora il Sindaco di Riace, ma so che l’Italia per bene
gli sarà accanto in questi giorni difficili, perché non sia col fango che venga
scritta l’ultima pagina di una storia che ha fatto germogliare dignità e
speranza dove per molti ci sono soltanto speculazione e abbandono.
So che avremo un anno nuovo di zecca per continuare a
cercare tutte le risposte.
Buon 2017!
Davide Mattiello
Estorsioni – Mattiello: Pino Maniaci collabori con magistrati
(ANSA) – ROMA, 4 MAG – “Mi aspetto da Telejato completa collaborazione con i magistrati”. Lo afferma il deputato Pd Davide Mattiello, componente della Commissione Antimafia, a proposito della vicenda che vede coinvolto il giornalista antimafia Pino Maniaci, direttore di TeleJato, una piccola tv privata di Partinico (Pa) che ha un vasto pubblico nel corleonese, indagato per favori e mazzette.
Mattiello nei giorni scorsi, quando si era diffusa la notizia che il direttore della tv Telejato era indagato a Palermo per estorsione, aveva ricordato che Maniaci era stato il primo a denunciare pubblicamente la mala gestione della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo.
Da Telejato: Nei nostri studi il deputato Davide Mattiello, componente della commissione antimafia, venuto a conoscenza delle accuse contro Pino Maniaci, dichiara: “Non è certo un articolo che può cambiare la storia di una persona e condizionarne l’operato”.
Non sono ‘bravate’
(ANSA) ROMA, 4 DIC – Nuove intimidazioni ai danni del giornalista di Telejato Pino Maniaci: dopo l’auto bruciata, qualche giorno fa, la notte scorsa sono stati impiccati i suoi cani. A darne notizia e’ il deputato Pd e componente della Commissione parlamentare Antimafia Davide Mattiello, che dice: “non sono bravate. Temo che queste violenze siano collegate alle piu’ recenti richieste giornalistiche di Maiaci che da tempo si concentrano su rapporti poco chiari nella gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia, nel palermitano”. Il giornalista e’ stato recentemente ascoltato in commissione Antimafia nell’ambito dell’inchiesta sui giornalisti minacciati, coordinata dal deputato Claudio Fava, ed e’ entrato nel merito delle sue inchieste giornalistiche, collegate anche al lavoro che la commissione sta portando avanti sulla amministrazione giudiziaria di Italgas.
(ANSA) – ROMA, 17 SET – L’VIII Comitato Mafia, Giornalisti e Mondo dell’Informazione della Commissione Antimafia, coordinato dal parlamentare Claudio Fava, ha ascoltato la testimonianza dei giornalisti Pino Maniaci e Rino Giacalone. “Sono giornalisti da anni impegnati tra Trapani e Palermo e ci hanno raccontato la violenza mafiosa, che non ha quasi piu’ nulla a che fare con lupare ed incendi dolosi, mentre ha sempre piu’ a che fare con quella tipica forma di violenza che e’ l’intimidazione ambientale, tradotta spesso nello strumento della querela milionaria”, ha raccontato Davide Mattiello, componente dell’Antimafia ed esponente Pd. “Toccante – ha proseguito Mattiello – il ricordo che Giacalone ha dedicato a Mauro Rostagno, giornalista contro cui la mafia non ha esitato ad usare il piu’ tradizionale fucile, condito pero’, ecco la capacita’ intimidatoria ambientale della mafia, da sofisticati depistaggi. Basti pensare che la sentenza di condanna del processo Rostagno ha rinviato gli atti alla Procura per verificare la posizione di ben 15 testimoni, che potrebbero essere processati per falsa testimonianza. Ha concluso Giacalone: peccato che allora non ci fosse ancora il reato di depistaggio”. “Io aggiungo: peccato che non ci sia ancora nemmeno oggi. Il testo e’ pronto per l’Aula, un segnale doveroso approvarlo al piu’ presto”, ha concluso Mattiello.