Verità giudiziaria, verità storica

La partita per giungere alla piena verità giudiziaria e storica in merito agli omicidi e alle stragi che si sono consumate in Italia nella storia repubblicana è ancora aperta. Una lunga scia di sangue che parte da Portella della Ginestra, passando da piazza Fontana e dalla stazione di Bologna, per arrivare a Palermo, negli anni ’90, con le stragi di Capaci, via d’Amelio e il tritolo di Firenze, Roma e Milano.

Esiste una ragion di Stato superiore alla ragione della verità di fronte a un omicidio o ad una strage? Per alcuni, probabilmente, sì: il mantenimento dell’ordine. Anche in quella sua versione deteriore e ipocrita, laddove si consideri, come ordine da difendere, la rendita di posizione di qualche combriccola altolocata, oppure la posizione pretesa da qualche nuova combriccola rampante.

Il 5 luglio 2016 il Parlamento ha approvando il reato di depistaggio per i Pubblici Ufficiali che occultano la verità all’autorità giudiziaria – totalmente o parzialmente – non solo per i fatti di terrorismo e strage, ma anche per vicende legate all’associazione mafiosa, traffico di droga, traffico illegale di armi e di materiale nucleare, chimico o biologico. Pena la sanzione della reclusione da sei a dieci anni. Proposta di legge che ha visto come primo firmatario Paolo Bolognesi, deputato PD e all’epoca presidente dell’Associazione vittime della strage di Bologna.

È un provvedimento importante perché i depistaggi sono stati lo strumento utilizzato dai responsabili materiali e morali delle vicende stragiste e di terrorismo del nostro Paese per rallentare, se non bloccare, le inchieste e per impedire l’accertamento di fatti delittuosi gravissimi sulle stragi che da piazza Fontana al 1993 hanno insanguinato l’Italia. Un capitolo ancora non completamente scritto, fatto di omissioni, bugie, distruzioni di documenti, ormai accertati giudiziariamente, compiuti da pubblici ufficiali inseriti negli apparati dello Stato.

Anche per questo Davide Mattiello ha chiesto a più riprese di interrogare Marcello Dell’Utri in Commissione Antimafia: la pista degli “imprenditori del nord” porta lì. La DDA di Caltanissetta ha recentemente ribadito la centralità del rapporto mafia-appalti del ‘91 per comprendere l’epicentro di interessi che determinarono la strage di Via d’Amelio e non soltanto. Ma quel rapporto incrocia inevitabilmente la vicenda di Dell’Utri e di Mangano, lo ‘stalliere di Arcore’, che in realtà era un personaggio mafioso di primo piano legato alla famiglia di Porta Nuova e al boss Pippo Calò. Il compito della magistratura penale è senz’altro distinto da quello della Commissione Antimafia che però avrebbe un materiale su cui lavorare in maniera legittima, pertinente e interessante: le carte del processo che ha definitivamente condannato per concorso esterno in associazione mafiosa Dell’Utri.

Sarebbe utile lavorare su quelle carte per ricostruire in maniera autonoma, in atti parlamentari, l’intreccio di potere che legò certa imprenditoria del nord a Cosa Nostra. Potremmo forse finalmente consegnare al Paese un giudizio storico, chiaro e preciso sulle responsabilità di quel periodo, che costò tante vite e che avvelenò la democrazia Italiana in una maniera tanto profonda da non essere ancora passata.

Il 20 maggio del 2015 è stato presentato nella sala stampa della Camera il libro di Davide Mattiello “L’onere della prova” (Melampo Ed.), definito dal giudice Nino di Matteo “interessante perché partendo dagli atti della Commissione Antimafia del periodo delle stragi indica il percorso da seguire (…) non soltanto alla magistratura, ma anche alla politica, che non può dimenticare quelle pagine ancora oscure e ancora da approfondire”.

Presenti al tavolo dei relatori c’erano anche Vincenzo e Augusta Agostino, genitori di Antonino Agostino, agente di Polizia alla questura di Palermo, che il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini con la moglie Ida Castelluccio, incinta di cinque mesi, furono uccisi mentre entravano nella villa di famiglia, da una coppia di sicari in motocicletta. I mandanti e gli esecutori dell’omicidio di Agostino e della Castelluccio sono ignoti, ma il poliziotto stava svolgendo indagini e compiti delicati, che sono tutt’ora al vaglio della Autorità Giudiziaria (la Procura Generale di Palermo).

Sappiamo che la verità esiste e che il Parlamento ha la possibilità di fare la differenza, assumendosi la responsabilità di un giudizio storico politico su quegli anni. Crediamo che questo sforzo sia necessario, perché l’Italia diventa migliore se fa i conti con quella tragica esperienza, i cui effetti non sono ancora esauriti.

Sono tre gli indagati per l’omicidio Agostino: Nino Madonia, Gaetano Scotto e Giovanni Aiello, soprannominato “Faccia di mostro”, l’ex poliziotto indicato come un sicario a cavallo tra mafia e servizi, morto improvvisamente il 21 Agosto del 2017 sul lido di Montauro in Calabria (Mattiello ha chiesto e ottenuto che la Commissione Antimafia acquisisse l’autopsia). Secondo le dichiarazioni rese al pm Nino di Matteo dal collaboratore Vito Lo Forte, Madonia e Scotto avrebbero agito con Aiello che subito dopo l’omicidio li aiutò a distruggere la moto usata e li fece scappare su un’auto pulita per non destare sospetti. Il 26 febbraio del 2016 Vincenzo Agostino, durante un confronto all’americana tenutosi nel carcere dell’Ucciardone, ha riconosciuto in Giovanni Aiello “faccia di mostro”. Vincenzo ha sempre sostenuto che Aiello era venuto a casa sua a cercare il figlio Nino qualche giorno prima del 5 agosto, giorno dell’omicidio di Nino. Si era presentato insieme ad un’altra persona sostenendo di essere colleghi del giovane poliziotto: uno aveva la faccia deturpata, soprattutto sul lato destro, una “faccia di mostro”. La descrizione di Aiello corrisponde a quella fatta da numerosi collaboratori che nel corso degli anni lo hanno sempre indicato come un sicario a disposizione della mafia.

Il 21 agosto 2017 arriva la notizia dell’improvvisa morte di Aiello, secondo la ricostruzione ufficiale colto da un malore mentre si trovava sulla spiaggia di Montauro, in Calabria. Davide Mattiello si è subito opposto alla notizia che voleva la cremazione del corpo all’indomani del funerale: in una nota rilasciata all’ANSA Mattiello si diceva “sconcertato dalla notizia data e non smentita della autorizzazione alla cremazione del corpo di Giovanni Aiello, oggi stesso a seguito del funerale previsto per le 17:30”. Cremare il corpo avrebbe significato impedire qualunque eventuale altro approfondimento. “C’è da trovare un equilibrio tra il rispetto sempre e comunque dovuto ad un uomo che muore e alla sua famiglia e il bisogno di verità dei famigliari delle vittime in qualche modo legate alla storia di Aiello, che poi è il bisogno medesimo che ha lo Stato. Intanto, prudenza vorrebbe, quanto meno sospendere la cremazione”.

La morte di Aiello porta con sé naturalmente la fine della sua processabilità sul piano penale, ma non fa venire meno la responsabilità di raccogliere, archiviare, studiare ciò che lo ha riguardato in questi anni. Per questo Mattiello ha richiesto alla Commissione parlamentare antimafia di acquisire tutto il materiale a disposizione su ‘faccia di mostro’, richiesta che è stata accolta il 14 settembre 2017.

Giudizio storico e giudizio penale hanno esigenze differenti ed è bene che con la massima cura e trasparenza siano offerti allo studio, al confronto e alla valutazione gli atti disponibili perché non si perda memoria quanto meno di chi, come e quando abbia indagato e se dovessero emergere contraddizioni la Commissione avrebbe l’autorità per approfondire e chiedere spiegazioni. Come dice Paolo Bolognesi “i misteri non esistono, esistono soltanto i segreti”, che talvolta resistono anche grazie alla ignavia di chi dovrebbe cercare la verità.

Antimafia acquisisca atti periodo stragi

(ANSA) – ROMA, 9 AGO – “Rinnovo la proposta che ho avanzato alla Presidente Bindi della Commissione parlamentare antimafia alla vigilia dell’anniversario dell’assassinio di Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio, di acquisire gli atti di impulso fatti dalla Direzione nazionale antimafia tra il 2008 e il 2013”. Lo chiede il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Antimafia e Giustizia, dopo un articolo pubblicato oggi dal quotidiano Il Fatto quotidiano nel quale, secondo le dichiarazioni del pentito Nino Lo Giudice, sarebbe stato il poliziotto Giovanni Aiello a far saltare in aria Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta.
“Ci sono magistrati e investigatori che con grande rigore e caparbietà stanno cercando di fare luce, consapevoli dei prezzi che pagano e pagheranno per questo, a loro la nostra stima e il nostro sostegno”, prosegue il deputato. “Walter Molino – commenta Mattiello – si conferma giornalista ben documentato e preciso, il suo pezzo aiuta a capire cosa stia succedendo. Su quanto Lo Giudice ha detto ai magistrati di Catanzaro e Reggio Calabria, che in gran parte coincide con quanto detto, per esempio, da Villani, Di Giacomo e Lo Forte, resta il problema dei riscontri ma ci sono anche altre domande che pesano. Ormai pare assodato che Lo Giudice nel 2013 venne indotto a infamare Donadio, oltre a Pignatone e Prestipino: chi ha avuto interesse a farlo? A partire dal processo aperto a Catanzaro nel quale Lo Giudice risponde di calunnia, è iniziata una indagine sui mandanti del depistaggio? Questo fatto, c’entra con la fuga di notizie sul lavoro di Donadio dell’estate del 2013, che contribuì alla decisione di Roberti, neo procuratore nazionale, di sollevare Donadio dall’incarico di coordinamento sulle indagini relative alle stragi? La stessa attività di impulso realizzata tra il 2008 e il 2013 da Donadio su mandato di Grasso, allora Procuratore nazionale antimafia, è stata oggetto di un ricorso al PG di Cassazione, firmato da Lari e Salvi, che ad oggi risulta ancora pendente: non sarebbe opportuno definire anche questa vicenda tempestivamente?”

Omicidio Agostino: le gravissime dichiarazioni di Lo Forte vanno riscontrate con urgenza

(ANSA) – ROMA, 26 NOV – “E’ urgente riscontrare le dichiarazioni gravissime di Lo Forte, che collegano l’ex poliziotto Giovanni Aiello al cosi’ detto ‘faccia di mostro’ e al duplice omicidio di Nino Agostino e sua moglie Ida. E’ un segnale importante la richiesta fatta dalla Procura al GIP di Palermo di ulteriori tre mesi per approfondire”. Cosi’ il deputato Pd Davide Mattiello, componente della Commissione parlamentare Antimafia. “Il percorso di collaborazione di Lo Forte – prosegue Mattiello- e’ lungo e complicato, ma sulle sue parole si sono gia’ basate altre sentenze di condanna: legittimo pensare che sia credibile. Auspico ancora una volta che venga sentito come persona informata dei fatti l’attuale Questore di Palermo dott. Longo, che all’epoca dei fatti raccolse riscontri di prima mano subito dopo il duplice omicidio. Sui fatti capitati tra il 1989 e il 1994 dobbiamo pretendere tutta la verita’, una verita’ che non si puo’ esaurire nelle risultanze dell’attivita’ giudiziaria”.

E’ stata presa qualche misura cautelare nei confronti di Aiello?

(ANSA) – ROMA, 11 DIC – Il deputato Pd Davide Mattiello torna a chiedere se Giovanni Aiello sia ancora a piede libero. “Le dichiarazioni del nuovo collaboratore Vito Galatolo, oltre ad informare sull’organizzazione dell’attentato a Di Matteo – osserva Mattiello – confermano le parole della sorella, Giovanna, che aveva individuato in Giovanni Aiello il famigerato "Faccia di Mostro”, coinvolto presumibilmente anche nell’omicidio di Nino Agostino e di sua moglie Ida. Gia’ allora avevo posto un interrogativo, consapevole che almeno quattro Procure stavano indagando su Aiello e oggi torno a porre lo stesso interrogativo: e’ stata presa qualche misura cautelare nei confronti di Aiello? Non vorrei scoprire, un domani, che, maturate le indagini nei suoi confronti, Aiello risultasse irreperibile", concludeMattiello. (ANSA)

Qui sotto riporto la mia dichiarazione dell’11 giugno in cui chiedevo conto del riconoscimento di Giovanni Aiello come il famigerato ‘Faccia di mostro’.

(ANSA) – PALERMO, 11 GIU – “La collaborazione con la giustizia di Giovanna Galatolo, figlia del boss Vincenzo, avrebbe prodotto un frutto importante: il riconoscimento di Giovanni Aiello. Aiello, alias ‘faccia di mostro’, a detta di alcuni, potrebbe essere il famigerato anello di congiunzione tra Cosa Nostra e lo Stato, coinvolto in alcuni tra i piu’ oscuri e crudeli fatti di cronaca degli anni ’80 e ’90”. Lo dice il deputato Pd Davide Mattiello , componente della commissione Antimafia e Giustizia. “Potrebbe essere lui l’uomo incontrato da Vincenzo Agostino, padre di Nino Agostino, pochi giorni prima che Nino fosse ucciso il 5 agosto del 1989 – aggiunge – Aiello in questi ultimi mesi e’ stato piu’ volte intervistato, a casa sua in Calabria. Ai giornalisti ha detto di non avere niente a che fare con quelle brutte storie, ha anche detto di sapere che sono aperti dei procedimenti a suo carico, ma che nessuno lo aveva mai cercato. Adesso qualcuno lo ha cercato e lo ha fatto perche’ la figlia di un boss dice di riconoscerlo. Sullo sfondo un periodo di violenze e misteri: con servitori onesti dello Stato che si spingevano oltre la linea per dare la caccia ai latitanti mafiosi e altri che invece, avendo accesso a quelle medesime informazioni, le adoperavano a vantaggio dei mafiosi. Insomma, erano dei venduti. Proprio ai Galatolo qualcuno diede la lista contente cinque nomi di uomini dello Stato, ‘cacciatori’ di latitanti mafiosi: in quella lista probabilmente i nomi di Nino Agostino e Emanuele Piazza. Ora che i nodi stanno venendo al pettine, bisogna assicurarsi che Aiello non sparisca”