Nel giorno della Memoria, un’interrogazione

Nel giorno della memoria della strage di Capaci depositiamo in Commissione Esteri una interrogazione sulla vicenda della mancata ratifica del Trattato di cooperazione giudiziaria e di estradizione tra Italia ed Emirati e in particolare sulla latitanza del già deputato Amedeo Matacena, in coerenza con la risoluzione che venne approvata in Com Giustizia a fine Ottobre 2016. Riteniamo che la memoria di Falcone, Morvillo, Montinaro, Schifani, Dicillo si debba onorare facendo al meglio il proprio dovere: in questo caso crediamo che non sia più sopportabile il ritardo nella ratifica di questo Trattato, proprio in considerazione del moltiplicarsi di vicende giudiziarie che portano a considerare gli Emirati una sorta di ‘zona franca’ per i delinquenti italiani che vogliano sottrarsi alla giustizia del nostro a Paese. Auspichiamo che il Governo proceda senza più indugi.

Ecco il testo:

INTERROGAZIONE IN III COMMISSIONE
Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale – Per sapere – premesso che:
sono passati circa due anni dall’accordo siglato dal Ministro della Giustizia italiano con le autorità degli Emirati Arabi in materia di cooperazione giudiziaria e di estradizione, consistente in un trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati Arabi Uniti, ed un accordo di cooperazione giudiziaria in materia penale fra i due Paesi, con l’intento di migliorare e intensificare la collaborazione fra Italia ed Emirati Arabi Uniti in materia di giustizia, alla luce, da un lato, della crescita dei rapporti economici, finanziari e commerciali e dell’aumento esponenziale del numero di connazionali residenti negli EAU e, dall’altro, dell’aumento delle richieste di estradizione e di assistenza giudiziaria formulate da parte italiana;
in particolare, con il Trattato di estradizione i due Paesi si sono impegnati reciprocamente a consegnare persone ricercate che si trovano sul proprio territorio, per dare corso ad un procedimento penale o consentire l’esecuzione di una condanna definitiva, mentre l’Accordo di mutua assistenza giudiziaria impegna invece Italia ed Emirati Arabi Uniti a collaborare in materia di ricerca e identificazione di persone, notificazione di atti e documenti, citazione di soggetti coinvolti a vario titolo in procedimenti penali, acquisizione e trasmissione di atti, documenti ed elementi di prova, informazioni relative a conti presso istituti bancari e finanziari, assunzione di testimonianze o di dichiarazioni (ivi inclusi gli interrogatori di indagati ed imputati), espletamento e trasmissione di perizie, esecuzione di attività di indagine, effettuazione di perquisizioni e sequestri, nonché sequestro, pignoramento e confisca dei proventi del reato e delle cose pertinenti al reato. L’accordo prevede inoltre che l’assistenza possa essere accordata anche in relazione a reati tributari e fiscali; ad oggi l’Italia non ha ancora concluso questo percorso, ratificando il trattato, percorso così positivamente intrapreso dal Governo al fine di sanare una negativa smagliatura nei rapporti tra i due Paesi, che sono per altro ottimi partner commerciali soprattutto nei settori dell’energia e della difesa. Gli Emirati, per esempio, sono i primi importatori al mondo di sistema di difesa e armamenti italiani;
il 3 marzo 2016 la ratifica dell’accordo è stata presentata in Consiglio dei ministri per ottenerne l’approvazione, passaggio che sembrava una pura formalità, essendo stato preceduto dal placet dei Ministeri interessati, interno, giustizia, economia e finanze, ma punto all’ordine del giorno venne rinviato e il trattato rimandato per ulteriori approfondimenti. Pare che il nodo fosse legato alla pena di morte, presente nell’ordinamento emiratino, che farebbe sorgere riserve circa la possibilità di ratificare un accordo di questo tipo;
il Ministro Orlando, sin da subito, aveva reso noto l’interesse del Governo italiano in merito ad una pronta operatività dei due accordi;
va considerata in questo quadro, inoltre, positivamente la grande quantità di trattati che, opportunamente, il Parlamento sta approvando in questo periodo su materie analoghe. Per fare soltanto qualche esempio tra i più recenti votati alla Camera ci sono quelli con Austria, Vietnam, Andorra, Stati Uniti Messicani, Armeni, Iraq, Filippine;
la presenza di latitanti in quei territori, purtroppo ad oggi, non è affatto diminuita, e gli ultimi clamorosi fatti di cronaca accrescono la necessità e l’urgenza di una piena e completa operatività dell’accordo: il riferimento è, in ordine di tempo, prima all’individuazione negli Emirati di Cetti Serbelloni, che deve scontare una condanna definitiva per aver evaso tasse in Italia per circa un miliardo di euro, poi al ritrovamento di due opere di Van Gogh rubate ad Amsterdam nel 2002, riconducibili ad attività di riciclaggio del narcotrafficante Imperiale, lui pure individuato negli Emirati: si tratta di fatti che si aggiungono all’ormai da tempo noto caso dell’ex parlamentare Matacena, condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa nella fattispecie di ’ndrangheta e delinquenti dediti al riciclaggio internazionale come messo recentemente in evidenza dalle inchieste napoletane contro la camorra;
le autorità giudiziarie italiane, che si occupano di casi legati alle richieste di estradizione da quel Paese, hanno più volte segnalato come gli Emirati rischino di diventare una sorta di porto franco per latitanti italiani e riciclatori internazionali: diverse associazioni e personalità che si battono per la legalità e gli organi di informazione più volte si sono occupati della vicenda, con prese di posizione, servizi, inchieste, reportage e campagne, come per esempio quella del giornale online Ytali,
rilevato che:
in data 26 ottobre 2016 la Commissione Giustizia della Camera ha approvato la Risoluzione n. 800210 relativa al trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e gli Emirati
arabi uniti, sottoscritto il 16 settembre 2016, in cui si impegnava il Governo a presentare con urgenza, il disegno di legge per l’autorizzazione alla ratifica dei trattati di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l’Italia e gli Emirati Arabi Uniti, sottoscritti dalle parti il 16 settembre 2015, ricercando le soluzioni maggiormente compatibili con la tutela dei principi costituzionali e nelle more della ratifica del trattato, a agire in via diplomatica al fine di ottenere l’estradizione di Amedeo Matacena;

– Se sia stato dato corso – per quanto di competenza – a quanto previsto nella Risoluzione n. 800210 approvata il 26 ottobre 2016 in II Commissione;
– Quali siano le azioni diplomatiche messe in campo al fine di ottenere l’estradizione di Amedeo Matacena

La mafia non è più quella di una volta (ma resta quella di sempre)

Ho organizzato
per il 22 Febbraio 2017 un seminario alla Camera dei Deputati (Sala Aldo
Moro, dalle 10 alle 13) e mi farebbe piacere che tu partecipassi.

A venticinque
anni dalle stragi di Palermo abbiamo il dovere di chiederci come sia cambiato
il fenomeno mafioso e quanto siano efficaci gli strumenti che abbiamo a
disposizione, consapevoli che in questi 30 anni sono stati conseguiti risultati
eccezionali, che hanno consentito al nostro Paese di debellare quasi
completamente la Cosa Nostra dei corleonesi e di assestare colpi duri alle
altre organizzazioni mafiose.

Abbiamo bisogno
in particolare di riconoscere e colpire “la forza intimidatrice del vincolo
associativo” anche in quelle consorterie segrete che fondano il proprio potere
sul ricatto e lo adoperano sistematicamente per interferire nel funzionamento
delle Istituzioni pubbliche. Anche quando queste consorterie non rappresentano
evoluzioni delle associazioni mafiose tradizionali, ma organizzazioni
“originarie ed originali” per evocare le parole che usò il Procuratore
Pignatone nel dicembre del 2014 per spiegarci “Mafia Capitale”. Parole che
verrebbe da utilizzare nuovamente pensando ad inchieste come “P4” “Labirinto” o
come quella che vede oggi indagati i fratelli Occhionero.

Ma abbiamo anche
il bisogno di rafforzare nella percezione
dei cittadini l’imparzialità di chi ricopre ruoli apicali nelle Pubbliche
Istituzioni, imparzialità che si traduce nella esclusiva lealtà alla Repubblica
e quindi alla Costituzione. Una esclusiva lealtà che sicuramente viene meno
qualora il soggetto risponda ad organizzazioni mafiose o comunque segrete e
dedite alla interferenza, ma che può
venire meno o venire meno anche soltanto nella percezione dei cittadini,
qualora il soggetto risponda ad organizzazioni
perfettamente legali e tuttavia fondate su un vincolo di obbedienza gerarchico
perticolarmente qualificato
.

Lavorare su
questo secondo bisogno non è meno importante che lavorare sul precedente,
perché il successo delle mafie e delle associazioni segrete sta anche nella
inaffidabilità, reale o percepita, delle Istituzioni Pubbliche. Detto al
contrario: tanto meglio vengono percepite le Istituzioni Pubbliche, tanto
meglio lavorano nel pieno rispetto delle regole democratiche, tanto meno si
avvertirà la tentazione di appoggiarsi ad altre “solidarietà” per ottenere il
soddisfacimento dei propri bisogni. Che poi è il concetto che il generale Carlo
Alberto Dalla Chiesa espresse, dicendo: “Lo Stato dia come diritti, ciò che i
mafiosi danno come favori”.

Parole come “onorabilità”
e “prestigio” non sono piene di vana retorica, sono invece utili e concreti
richiami a quel modo di essere e di apparire di chi interpretata ruoli
istituzionali, così determinante nell’infondere fiducia nei cittadini. Soltanto
un folle non apprezzerebbe il ruolo della “fiducia” nella tenuta di una sociatà
fondata sul principio di legalità democratica.

Ciò posto le
questioni attorno a cui rifletteremo sono due:

– evoluzione del
fenomeno mafioso ed adeguatezza dell’attuale quadro normativo: tra 416 bis e
Legge Anselmi

– compatibilità
tra l’esercizio di funzioni pubbliche apicali e l’appartenenza a sodalizi
fondati su un “qualificato" vincolo di obbedienza

L’obiettivo è
quello di valutare la possibilità di proporre una “ristrutturazione” della Legge
Anselmi che la renda più utile a colpire le così dette “masso-mafie” (cit. Fantò-Scarpinato),
ma anche a tenere alla larga dalla PA chi possa considerarsi, in ragione di
“obbedienze” seppur legali, non sufficientemente libero e imparziale.

Ne discuteremo
con il prof. Isaia Sales, il
procuratore Giuseppe Lombardo, la
giornalista Alessia Candito, l’avv. Fabio Repici e il Vice presidente della
Commissione Parlamentare Antimafia on. Claudio
Fava
.

Sono stati
invitati:

la Presidente
della Camera Boldrini, il Ministro della Giustizia Orlando, il Ministro
dell’Interno Minniti, la Presidente della Commissione Antimafia Bindi, la
Presidente della Commissione Giustizia Ferranti.

Il cratere di Capaci è enorme per la politica

(ANSA) – ROMA, 25 GEN – “Era il 5 Novembre 2015 e il giornalista Attilio Bolzoni terminava il suo pezzo constatando che il cratere di Capaci rischia di essere troppo grande per un’aula di giustizia. Era il pezzo con il quale commentava l’assoluzione di Calogero Mannino a Palermo, costola e al tempo stesso perno dell’impianto accusatorio del processo sulla "trattativa”. Quel ‘cratere troppo grande’ si scrive potere e si legge politica". A scriverlo e’ il deputato Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia, in un contributo pubblicato sul blog del prof. Nando dalla Chiesa, in cui fa riferimento, tra l’altro, alla latitanza dell’ex parlamentare di FI Amedeo Matacena a Dubai “che si protrae dall’agosto del 2013, come se non ci fosse modo per farla finire”, ai collaboratori di giustizia “che confermano quasi 30 anni dopo che ‘Faccia di mostro’ non e’ l’ossessione paranoica di un vecchio padre e di qualche magistrato tendenzioso”, alle parole di denuncia del procuratore aggiunto Teresa Principato sulle coperture alto locate di cui gode la latitanza di Messina Denaro, all’archiviazione chiesta e ottenuta sui depistaggi di Via D’Amelio. “Nel momento in cui si prova a spostare lo sguardo dalle aule di giustizia a quelle parlamentari, ci si rafforza nella convinzione che difficilmente il potere giudica se stesso con quella alterita’ che permetterebbe di chiamare le cose per nome. Qualche volta capita, ma il prodotto rischia di avere piu’ il sapore della resa dei conti che della verita’, perche’ capita in certe situazioni rare, frutto di un drammatico ribaltamento dei rapporti di forza. Non e’ ora quel tempo: questo e’ il tempo della rassicurazione reciproca, in nome di una certa idea di Italia e del suo futuro”, conclude il deputato.