La mafia non è più quella di una volta (ma resta quella di sempre)

Ho organizzato
per il 22 Febbraio 2017 un seminario alla Camera dei Deputati (Sala Aldo
Moro, dalle 10 alle 13) e mi farebbe piacere che tu partecipassi.

A venticinque
anni dalle stragi di Palermo abbiamo il dovere di chiederci come sia cambiato
il fenomeno mafioso e quanto siano efficaci gli strumenti che abbiamo a
disposizione, consapevoli che in questi 30 anni sono stati conseguiti risultati
eccezionali, che hanno consentito al nostro Paese di debellare quasi
completamente la Cosa Nostra dei corleonesi e di assestare colpi duri alle
altre organizzazioni mafiose.

Abbiamo bisogno
in particolare di riconoscere e colpire “la forza intimidatrice del vincolo
associativo” anche in quelle consorterie segrete che fondano il proprio potere
sul ricatto e lo adoperano sistematicamente per interferire nel funzionamento
delle Istituzioni pubbliche. Anche quando queste consorterie non rappresentano
evoluzioni delle associazioni mafiose tradizionali, ma organizzazioni
“originarie ed originali” per evocare le parole che usò il Procuratore
Pignatone nel dicembre del 2014 per spiegarci “Mafia Capitale”. Parole che
verrebbe da utilizzare nuovamente pensando ad inchieste come “P4” “Labirinto” o
come quella che vede oggi indagati i fratelli Occhionero.

Ma abbiamo anche
il bisogno di rafforzare nella percezione
dei cittadini l’imparzialità di chi ricopre ruoli apicali nelle Pubbliche
Istituzioni, imparzialità che si traduce nella esclusiva lealtà alla Repubblica
e quindi alla Costituzione. Una esclusiva lealtà che sicuramente viene meno
qualora il soggetto risponda ad organizzazioni mafiose o comunque segrete e
dedite alla interferenza, ma che può
venire meno o venire meno anche soltanto nella percezione dei cittadini,
qualora il soggetto risponda ad organizzazioni
perfettamente legali e tuttavia fondate su un vincolo di obbedienza gerarchico
perticolarmente qualificato
.

Lavorare su
questo secondo bisogno non è meno importante che lavorare sul precedente,
perché il successo delle mafie e delle associazioni segrete sta anche nella
inaffidabilità, reale o percepita, delle Istituzioni Pubbliche. Detto al
contrario: tanto meglio vengono percepite le Istituzioni Pubbliche, tanto
meglio lavorano nel pieno rispetto delle regole democratiche, tanto meno si
avvertirà la tentazione di appoggiarsi ad altre “solidarietà” per ottenere il
soddisfacimento dei propri bisogni. Che poi è il concetto che il generale Carlo
Alberto Dalla Chiesa espresse, dicendo: “Lo Stato dia come diritti, ciò che i
mafiosi danno come favori”.

Parole come “onorabilità”
e “prestigio” non sono piene di vana retorica, sono invece utili e concreti
richiami a quel modo di essere e di apparire di chi interpretata ruoli
istituzionali, così determinante nell’infondere fiducia nei cittadini. Soltanto
un folle non apprezzerebbe il ruolo della “fiducia” nella tenuta di una sociatà
fondata sul principio di legalità democratica.

Ciò posto le
questioni attorno a cui rifletteremo sono due:

– evoluzione del
fenomeno mafioso ed adeguatezza dell’attuale quadro normativo: tra 416 bis e
Legge Anselmi

– compatibilità
tra l’esercizio di funzioni pubbliche apicali e l’appartenenza a sodalizi
fondati su un “qualificato" vincolo di obbedienza

L’obiettivo è
quello di valutare la possibilità di proporre una “ristrutturazione” della Legge
Anselmi che la renda più utile a colpire le così dette “masso-mafie” (cit. Fantò-Scarpinato),
ma anche a tenere alla larga dalla PA chi possa considerarsi, in ragione di
“obbedienze” seppur legali, non sufficientemente libero e imparziale.

Ne discuteremo
con il prof. Isaia Sales, il
procuratore Giuseppe Lombardo, la
giornalista Alessia Candito, l’avv. Fabio Repici e il Vice presidente della
Commissione Parlamentare Antimafia on. Claudio
Fava
.

Sono stati
invitati:

la Presidente
della Camera Boldrini, il Ministro della Giustizia Orlando, il Ministro
dell’Interno Minniti, la Presidente della Commissione Antimafia Bindi, la
Presidente della Commissione Giustizia Ferranti.