Sbagliato buttarla in caciara: sulle cure massima attenzione, ma vale per Dell’Utri quello che abbiamo detto e fatto per Riina. Non esiste un generale principio di incompatibilità tra malattia e detenzione, bisogna valutare caso per caso, trattando tutti con la medesima misura. Nel caso di Riina, la Commissione Antimafia grazie alla tempestività della Presidente on. Bindi verificò in concreto che le condizioni della detenzione di Riina si realizzavano nel massimo del rispetto delle esigenze di cura, cioè fuori dal carcere, nella struttura ospedaliera di Parma.
Tutt’altro è il tema del reato per il quale Dell’Utri è stato condannato, lo stesso del latitante ex deputato di FI, Matacena per intenderci: il così detto ‘concorso esterno in associazione mafiosa’. Su questo punto ribadisco il dispiacere per come è stata gestita presso la CEDU la vicenda Contrada, perché credo sia stato un errore grave ritenere il reato di ‘concorso esterno’ un impossibile reato di origine giurisprudenziale definito soltanto a partire dal ’94. La condotta che integra il reato, altro non è che quella descritta dall’incontro degli articoli 110 e 416 bis del cp, che semmai la Cassazione con le sue sentenze ha contribuito a perimetrare come fa normalmente con tutti i reati. Sarebbe meglio per l’Italia che il dibattito si spostasse su un’altra domanda: perché Dell’Utri, come Matacena, come Cuffaro (condannato per favoreggiamento aggravato), non ha mai collaborato con i magistrati?