Sono arrivato in Parlamento sperando di poter far parte della Commissione Antimafia. Sono entrato in Commissione Antimafia sperando di potermi occupare dei “testimoni di giustizia”.
Ringrazio la Presidente Bindi di avermi dato questa opportunità, nominandomi coordinatore del V Comitato della Commissione, che ha tra i suoi obiettivi proprio questo.
Siamo intesi che questo è quello dal quale prenderemo le mosse.
In Italia la denuncia rappresenta ancora una sfida, un valore da inverare pienamente attraverso i comportamenti tanto delle Istituzioni, quanto dei cittadini. La forza delle mafie è soprattutto culturale e nel codice mafioso “l’alfa” è senz’altro l’omertà: farsi i fatti propri. Guai a chi rompe il vincolo: chi parla è un infame, meritevole della peggior morte.
“Denunciare” significa riferire di crimini che si sono visti commettere o che si sono concretamente subiti. Ma “denunciare” significa anche rompere con certi sodalizi e avere il coraggio di prendere altre strade. Denunciare, insomma, è tanto contribuire alle indagini con ciò che si sa e che si mette a disposizione della magistratura, quanto contribuire alla giustizia, sfilandosi dalla rete di relazioni criminali: un tessuto lacerato, è un tessuto indebolito.
L’inchiesta della Commissione procederà su un doppio binario. Da un lato ascolteremo coloro che sono responsabili della tutela: il Vice Ministro dell’Interno, la Commissione Centrale, il Servizio Centrale, ma anche la DNA per capire quali sono i criteri usati per stabilire chi sia ad aver bisogno di tutela. Approfondiremo il funzionamento del sistema che dall’accoglienza del testimone, conduce fino al suo pieno reinserimento nella vita normale, al termine dei processi. Verificheremo tempestivamente l’iter di attuazione delle nuove norme per l’inserimento lavorativo dei testimoni.
Dall’altro lato ascolteremo i testimoni stessi: quelli che sono attualmente nello speciale programma di protezione, quelli che ne sono usciti con la capitalizzazione, quelli che non sono voluti entrare, preferendo essere tutelati in loco. Approfondiremo la qualità del rapporto tra testimone e apparati, la qualità della vita dei testimoni durante la protezione e anche la qualità della loro vita successiva ai processi e alla capitalizzazione.
Oggi, 31 Marzo, ricordiamo Renata Fonte, assassinata nel 1984 a Nardò, dove era da due anni assessore alla cultura e all’istruzione. Renata Fonte si oppose alla speculazione edilizia che mirava a fare di Porto Selvaggio, un luogo privato, per soli ricchi. Oggi, grazie alla denuncia caparbia di Renata, Porto Selvaggio è un parco pubblico a disposizione di ogni cittadino. Con questa coscienza, che diventa impegno a fare ciascuno la propria parte in spirito di servizio, auguro a me stesso e agli altri membri del Comitato, buon lavoro.
Davide Mattiello