La Riforma del Codice Antimafia

Il Codice Antimafia ha in sé altri importanti innovazioni legislative: nasce nel novembre 2013, con la discussione in Commissione Giustizia della Camera della proposta di legge di iniziativa popolare AC1138 “Misure per favorire l’emersione alla legalità e la tutela dei lavoratori delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata”, figlia della campagna ‘Io riattivo il lavoro’ promossa dalla Cgil insieme ad un vasto fronte di associazioni come Anm, Libera, Arci, Acli, LegaCoop, Avviso pubblico, Centro Studi Pio La Torre e Sos Impresa.

Successivamente ci furono alcune azioni quali l’inchiesta della Commissione Antimafia, che produsse una articolata proposta di riforma, e il contributo del Governo a partire dal ddl Orlando dell’agosto del 2014. Azioni convergenti su un testo che l’11 Novembre del 2015, a larga maggioranza la Camera ha approvato in prima lettura, per poi passarlo al Senato (che lo ha licenziato con modifiche il 6 di Luglio 2017) e dunque approvarlo in via definitiva alla Camera a settembre 2017.

In seconda lettura alla Camera Davide Mattiello, in qualità di relatore, ha chiesto il ritiro di ogni emendamento. Il rischio, visti i tempi da fine legislatura, sarebbe stato la mancata approvazione della riforma. Certamente su alcuni passaggi c’erano punti di vista rispettabilmente diversi, ma la mediazione positiva a cui si è giunti dopo quattro anni di discussione, non poteva essere tradita da un ulteriore rinvio.

Molto dibattito pubblico si è addensato attorno all’articolo 1 e cioè alla possibilità di sequestro per coloro che avessero commesso reati contro la pubblica amministrazione soggetto: c’è da precisare che soltanto l’esito della indagine patrimoniale che metta in evidenza l’illecita provenienza del patrimonio ovvero la sua sproporzione rispetto a reddito dichiarato ed attività economica svolta, giustificherà il provvedimento di sequestro. Sui punti che hanno maggiormente infiammato la polemica, Mattiello ha risposto in Aula nella relazione precedente alla votazione, di cui riportiamo uno stralcio.

Al movimento 5 stelle dico: sulla questione della trasparenza nella gestione di tutto il procedimento e segnatamente nell’affidamento degli incarichi agli amministratori giudiziari, le viti sono state strette anche accogliendo vostre proposte. Per altro alcune di queste norme vanno specificate tempestivamente esercitando un’altra delega, quella di cui all’articolo 33.

A chi, soprattutto nel centro destra, si è preoccupato per una eccessiva attenzione verso le aziende sequestrate, denunciando il rischio di una distorsione della libera concorrenza, dico: non un euro pubblico sarà speso per le aziende finte o incapaci di stare sul mercato senza la spinta mafiosa, saranno liquidate.

A chi si è preoccupato che l’estensione della platea dei soggetti cui possano essere applicate le misure di prevenzione patrimoniali si traduca in una soffocante ingerenza dello Stato nel mercato, dico: al contrario, la riforma non soltanto amplia l’istituto della amministrazione giudiziaria non finalizzata all’ablazione del bene-azienda, ma introduce finalmente l’istituto del controllo giudiziario che oltre ad evitare l’ablazione, evita anche lo spossessamento in fase di sequestro. Un modo per intervenire chirurgicamente a tutela dell’attività di impresa, almeno fino a quando ve ne siano le condizioni.

A chi, concedendo un po’ troppo alla vis polemica, ha cercato di agitare l’opinione pubblica affermando che con questa riforma basterà un semplice indizio di corruzione per vedersi confiscare l’azienda, la casa e il conto in banca, dico: vi sbagliate e soprattutto inducete all’errore! Il meccanismo della prevenzione patrimoniale considera la pericolosità sociale del soggetto soltanto come “innesco”, come condizione inizialmente necessaria, ma non sufficiente: infatti soltanto l’esito della indagine patrimoniale che metta in evidenza l’illecita provenienza del patrimonio ovvero la sua sproporzione rispetto a reddito dichiarato ed attività economica svolta, giustificherà il provvedimento di sequestro. Addirittura possiamo spingerci a dire che la presunta pericolosità sociale del soggetto è una condizione necessaria SOLTANTO inizialmente, prova ne è che il procedimento di confisca continua anche nei confronti del patrimonio imputabile alla persona meno pericolosa che esista in natura: il morto! La pericolosità sociale del soggetto è condizione necessaria e sufficiente soltanto per l’applicazione delle misure di prevenzione PERSONALI e non di quelle patrimoniali: spero che il punto sia chiaro. Ed è per questo motivo che è condivisibile l’inserimento all’art. 4 del reato di cui all’art. 612 bis, cioè lo “stalking”: l’art. 4 fa riferimento alle misure di prevenzione personali disposte dall’autorità giudiziaria, che non di per sé appunto, si traducono in misure di prevenzione patrimoniale, pur essendo richiamato dall’art. 16. Ben vengano quelle personali per lo “stalker”! Abbiamo un tragico ritardo ancora in parte da colmare in materia.

A chi ha manifestato la serie preoccupazione che l’allargamento della platea dei soggetti a cui possano applicarsi le misure di prevenzione patrimoniale, possa esporre la normativa a nuove censure da parte della Corte Costituzionale o della Giustizia europea, dico: comprendo la preoccupazione, ma la riforma si fa carico delle censure del passato, risolvendole. Intanto perché alcune di quelle censure, come quelle contenute nella sentenza De Tommaso, pretendevano una maggiore attenzione al sacrosanto principio della prevedibilità delle condotte che vengono sanzionate, riconoscendo per altro piena legittimità al meccanismo della prevenzione. Sul punto rimando al preciso parere formulato dalla I Commissione. Ma a questa pretesa abbiamo risposto individuando le ulteriori condotte attraverso il richiamo puntuale delle fattispecie di reato corrispondenti, le quali per definizione garantiscono un sufficiente grado di tipizzazione e quindi di prevedibilità. Altre censure invece hanno nel tempo riguardato il meccanismo della procedura di applicazione della prevenzione patrimoniale, ritenuto eccessivamente comprimente le ragioni del proposto e dei terzi di buona fede. Queste censure pretendevano una maggiore attenzione al contraddittorio, alla posizione dei terzi di buona fede, alla certezza dei tempi e alla chiarezza degli esiti della procedura medesima. Ed è esattamente in questa direzione che abbiamo lavorato: la parte più corposa e meno discussa della riforma è proprio quella che interviene sulle competenze giurisdizionali, sui tempi, sulle impugnazioni, sulla tutela dei terzi di buona fede, sul rapporto tra procedura di prevenzione e sequestro di natura penale, sul rapporto tra procedura di prevenzione e di esecuzione fallimentare.

A chi ha espresso perplessità sulla estensione dell’articolo 1 agli indiziati di reati contro la PA quando esista anche l’indizio della associazione per delinquere, come ha fatto autorevolmente il Presidente dell’ANAC Cantone, dico: faccio mia la preoccupazione di un utilizzo abnorme di questa previsione e credo che sarà doveroso monitorare la norma ed intervenire tempestivamente per perfezionarla. Lo dico con la serenità di chi è consapevole che in questi quattro anni il Partito Democratico e la maggioranza, in piena sintonia con il Governo, hanno alzato gli scudi contro la corruzione, intanto istituendo la stessa ANAC, ma poi anche aumentando le pene, allungando i termini di prescrizione, prevedendo sconti a chi rompa il patto scellerato collaborando con la giustizia e la confisca penale obbligatoria.

La parte più corposa e meno discussa della riforma è quella che interviene sulle competenze giurisdizionali, sui tempi, sulle impugnazioni, sulla tutela dei terzi di buona fede, sul rapporto tra procedura di prevenzione e sequestro di natura penale, sul rapporto tra procedura di prevenzione e di esecuzione fallimentare.

Il 13 Settembre il CSM, normalmente critico nei confronti del Legislatore, ha approvato una delibera che dedica alla riforma del Codice decine di pagine di analisi e conclude con un inequivocabile invito ad approvarla, riconoscendo che il testo scioglie diversi nodi da anni lamentati dagli operatori del settore.

Sinteticamente ricordiamo che il provvedimento prevede modifiche al decreto legislativo n.159 del 2011 (codice antimafia) e al decreto legge n.306 del 1992 (modifiche al cpp e contrasto alla criminalità mafiosa) tra le quali:

1) l’estensione delle misure di prevenzione personale e patrimoniale a nuove categorie di reati, tra cui quelli relativi ai delitti contro la Pubblica Amministrazione

2) una più celere procedura per le misure di sequestro e confisca con anche l’assegnazione in via provvisoria dei beni sequestrati e l’istituzione di sezioni o collegi specializzati per i procedimenti previsti dal Codice antimafia

3) un miglior controllo giudiziario delle aziende e l’istituzione di un fondo di rotazione per avere risorse necessarie alla loro ripresa

4) la riorganizzazione dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati e l’istituzione di tavoli provinciali permanenti sulle aziende sequestrate o confiscate, presso le Prefetture.

È utile sottolineare il percorso partecipativo alla base della legge, determinante in ogni passaggio, fino all’approvazione.

L’approvazione definitiva alla Camera, il 27 settembre 2017, ha costituito un atto di responsabilità politica importante per il passo migliorativo che fa fare all’azione di prevenzione e di contrasto alle mafie e alla corruzione. Certamente bisognerà nei prossimi anni monitorare l’applicazione delle norme per verificare il buon esito del lavoro parlamentare.

Amministratori minacciati

Davide Mattiello è stato relatore alla Camera della norma che rafforza le tutele per amministratori, politici e magistrati esposti a minacce.

Il testo è stato prima approvato dal Senato, a partire dal lavoro della Commissione d’inchiesta del Senato, presieduta dalla senatrice Lo Moro, sulle intimidazioni agli amministratori locali. La commissione ha messo in luce la situazione grave che anche Anci e Avviso pubblico denunciano da tempo: sono soprattutto gli amministratori locali oggi a subire queste violenze nel quotidiano e concreto corpo a corpo sul territorio con delinquenti più o meno organizzati. Ma coerentemente al testo licenziato dal Senato, sono stati tenuti dentro anche i politici nazionali perché è capitato e capita che essi stessi siano sottoposti a minacce analoghe. Per questo sono stati respinti gli emendamenti presentati dal M5S che puntavano ad escludere i politici nazionali: Mattiello ha fatto notare che uno dei più importanti processi oggi in corso che esplora il presunto e perverso rapporto tra Stato e mafia, si fonda proprio sull’articolo 338 del codice penale” (è il “processo trattativa” ndr). Rispetto ai contenuti del provvedimento, si realizza l’estensione dell’applicazione della norma (che prevede una pena da 1 a 7 anni), da un lato, agli atti di intimidazione nei confronti dell’organo (politico, amministrativo, giudiziario) o dei “suoi singoli componenti” e, dall’altra, ai casi in cui essi sono finalizzati ad “ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell’avvenuto rilascio o adozione dello stesso” (art. 1). Per tali fattispecie si rende pertanto possibile il ricorso alle misure cautelari e alle intercettazioni e si rendono anche applicabili le circostanze aggravanti previste dall’art. 339 del codice penale, quando il fatto è commesso con l’utilizzo di armi, da più persone riunite, con scritto anonimo, etc. Sull’art.339 si è prevista un’ulteriore aggravante delle pene, da un terzo alla metà, se gli atti di intimidazione (lesione, violenza privata, minaccia, danneggiamento) sono commessi ai danni di un componente di un corpo politico, amministrativo o giudiziario a causa del compimento di un atto nell’adempimento del mandato, delle funzioni o del servizio (art. 3). La legge va in scia all’impegno condotto dal 1996 da Avviso Pubblico, rete di enti locali per la promozione della legalità, che da anni redige un rapporto dal titolo ‘Amministratori sotto tiro” e che conduce un’attività di affiancamento a coloro che sono vittime di tali violenze.

Superamento degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari)

Davide Mattiello è stato relatore di maggioranza della legge per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, avendo raccolto simbolicamente il testimone da Ignazio Marino, nel frattempo diventato Sindaco di Roma, protagonista del primo tratto del lavoro parlamentare.

Gli OPG sono nati per sostituite i vecchi manicomi criminali. In realtà però queste strutture si erano trasformate ben presto in luoghi “indegni per un Paese civile” (parole dell’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano) dove gli internati vengono riempiti di pillole e sedativi, vivono in strutture fatiscenti ed in stanze sovraffollate. Le modifiche introdotte prescrivono che il giudice disponga nei confronti dell’infermo o del seminfermo di mente l’applicazionedi una misura di sicurezza diversa dal ricovero in OPG o in una casa di cura e di custodia.

Il Ministero della giustizia, con nota del 30 giugno 2014, n. 23007, ha voluto dare la massima importanza alla problematica. Sono state rilevate le presenze degli internati negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari del territorio nazionale, per verificare l’andamento delle dimissioni dei soggetti sottoposti alla misura di sicurezza detentiva del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia a seguito dell’entrata in vigore della Legge. Nelle ordinanze viene prescritto un termine entro il quale gli organi territorialmente competenti debbono definire un Progetto Terapeutico Riabilitativo Individualizzato (PTRI), ovvero ricercare una soluzione alternativa all’applicazione di una misura di sicurezza detentiva, quindi le azioni necessarie alla revoca della misura di sicurezza detentiva ed al conseguente reinserimento nel contesto sociale.

Così Davide Mattiello, relatore di maggioranza: “La logica è quella di spingere più avanti il punto di equilibrio tra controllo e cura, perché anche questi soggetti abbiamo la speranza di poter avere un futuro libero e dignitoso. Il riscatto della persona – conclude – è l’unico orizzonte indicato dalla Costituzione repubblicana”.

Il 28 maggio 2014 è avvenuta da parte della Camera la definitiva conversione in legge del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Molto importante nei diversi passaggi è stato il dialogo con l’associazione Antigone.

Sul 416 ter

Nel gennaio 2013, a ridosso delle elezioni, parte la campagna promossa da Libera e Gruppo Abele con cui si chiede trasparenza ai candidati e l’impegno a riformare l’art. 416 ter del codice penale che sanziona lo scambio politico-mafioso. A pochi giorni dal voto sono 878 i candidati che hanno aderito, di cui i 274 eletti costituiranno in seguito l’intergruppo parlamentare dei ‘braccialetti bianchi’

In pochi giorni vengono raccolte centinaia di migliaia di firme, per sollecitare il futuro Governo ad aggiungere alla vecchia formulazione del reato di scambio politico mafioso la dicitura “altre utilità”: fino ad allora infatti l’articolo prevedeva lo scambio elettorale politico-mafioso solo nel caso in cui fosse avvenuta una erogazione di denaro.

La vecchia formulazione aveva trovato una scarsa applicazione, visto che il politico che si accorda col mafioso non offre denaro, bensì favori, ad esempio su appalti pubblici oppure attraverso l’inserimento di uomini legati alle organizzazioni criminali negli apparati della politica.

Nel giugno del 2013 inizia l’iter parlamentare e la Camera individua nell’On. Davide Mattiello e nell’On. Stefano Dambruoso i relatori del provvedimento, che verrà definitivamente approvato nella nuova formulazione il 16 aprile del 2014, in seconda lettura al Senato.

Come dichiarato dall’on. Mattiello all’indomani dell’approvazione “Con la riforma del voto di scambio abbiamo fatto una rivoluzione ragionevole. Il nuovo 416 ter rivoluziona, infatti, la capacità della magistratura di intervenire per spezzare il rapporto tra mafia e politica, perché diventa dopo 20 anni irrilevante la dazione di denaro per provare il reato”.

A difesa della nuova formulazione si schierarono sia l’allora Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti, che il 3 aprile del 2014, all’indomanidella seconda approvazione alla Camera, aveva dichiarato “è una norma perfetta e veramente utile a contrastare lo scambio tra politica e mafia”; sia il Presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, che aveva definito positive le decisioni del Governo su Expo, voto di scambio e autoriciclaggio

Innalzamento delle pene

L’iter travagliato del provvedimento, che ricordiamo durò ben 400 giorni, non fu esente da critiche, soprattutto in merito all’abbassamento delle pene rispetto alla precedente formulazione.

Il 14 giugno 2017, grazie ad un emendamento “Mattiello”, al Disegno di Legge del Governo “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”, viene approvato definitivamente anche l’innalzamento delle pene che passano nel minimo da 4 a 6 anni e nel massimo da 10 a 12 anni.

Testo dell’articolo art. 416 ter c.p.

«Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.»

Dichiarazione di Davide del 19 giugno 2017:

“Un impegno che ci eravamo presi come maggioranza quando avevamo detto che, all’aumento delle pene del 416 bis (associazione di tipo mafioso) avremmo tirato su quelle del 416 ter ed è ciò che abbiamo fatto, tenendo fermo il principio della proporzionalità tra pene di fattispecie differenti”.

L’inasprimento del quadro sanzionatorio del 416 bis è stato inserito nel cosiddetto “ddl Anticorruzione”: l’esame del provvedimento, che ha visto come primo firmatario il Presidente del Senato Piero Grasso, era iniziato in Commissione Giustizia del Senato il 5 giugno 2013 ed è stato approvato alla Camera il 15 maggio 2015.

Con la definitiva approvazione dell’AC 4368 le pene previste per il 416 ter passano nel minimo a 6 anni e nel massimo a 12, in coerenza e proporzione alle già innalzate pene per il 416 bis. È stato rispettato l’impegno preso, ma anche le indicazioni della Corte Costituzionale. Così è stato compiuto il percorso iniziato nel 2013.

Il vecchio 416 ter, introdotto nel 1992, per oltre 20 anni non era servito quasi a niente. Il nuovo 416 ter anticipa il momento della commissione del reato allo scambio delle promesse e amplia le condotte perseguibili alle “altre utilità”.

Punisce quindi duramente il politico che cerchi il sostegno della mafia in campagna elettorale, ma punisce autonomamente il mafioso che si presta allo scambio. Una pena grave, ma necessaria a rimarcare che la mafia non avrebbe la forza che ha senza l’interlocuzione con la politica e quindi il politico che cerchi il suo sostegno, contribuendo a legittimarla socialmente, ne perpetra la sopravvivenza.

Rispetto alle parole “mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis” che hanno generato incertezze sulle modalità di applicazione, sono state di conforto le più recenti parole dell’allora PNAA, Franco Roberti:

“Dopo un iniziale periodo di rodaggio della nuova versione dell’articolo 416 ter, la nuova giurisprudenza della Cassazione si è assestata su una interpretazione che secondo me rende questa norma applicabile, agibile, e quindi c’è uno strumento in più per contrastare le connessioni politico-mafiose che sono come sappiamo tutti la vera forza delle mafie”.

Massomafia

Massomafia di Andrea Leccese è un contributo prezioso alla comprensione del fenomeno del quale si è tanto occupata la Commissione Parlamentare Antimafia: il rapporto tra mafia e massoneria.
Le organizzazioni criminali di stampo mafioso hanno bisogno di relazioni altolocate per fare affari, aggiustare processi, avere coperture politiche, naturale quindi che abbiano cercato e cerchino di introdursi in ambienti popolati da soggetti interessanti: professionisti, imprenditori, politici, magistrati, funzionari pubblici. Meno naturale è che associazioni di tipo massonico cerchino queste relazioni intenzionalmente, come emergerebbe anche dalla recente inchiesta internazionale che ha portato il 4 di Ottobre all’arresto del boss Salvatore Rinzivillo, o che comunque dimostrino una tolleranza di fatto, negando l’esistenza del problema e tenendo comportamenti opachi sia nella gestione delle logge, sia nel rapporto con le Istituzioni dello Stato, come purtroppo è successo durante l’inchiesta condotta dalla Commissione Antimafia. L’incontro tra questi due tipi di comportamenti crea un ecosistema ideale al proliferare del malaffare. Sicuramente va riformata la così detta Legge Anselmi, che più correttamente andrebbe chiamata Legge Spadolini, che è evidentemente incostituzionale oltre che inutile: discende infatti dall’art. 18 della nostra Costituzione il divieto di costruire associazioni segrete, punto. Con buona pace del Gran Maestro del GOI.

Sull’omicidio Mattarella

E’ facilissimo recuperare in rete questo articolo dell’agosto del 1989 per rendersi conto non soltanto di quanto si fosse già capito allora, ma soprattutto di chi c’era e che ruoli ricopriva. Tra l’altro non sfugge che questo intreccio rimanda ancora una volta al delitto di Nino Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio (5 Agosto 1989). E’ sacrosanto continuare a dire che non bisogna mai smettere di cercare la verità su quei fatti, che sono stati soltanto brutali atti criminali. Ma proprio per questo bisognerebbe intanto fare piena luce sul corto circuito dell’estate del 2013, il passaggio di consegne tra Grasso e Roberti al vertice della Procura nazionale Antimafia. Chi e perchè fece uscire dagli uffici della DNA i verbali delle due riunioni segrete in cui si fece il punto su anni di indagini relative ai legami tra mafia, politica e apparati? Cosa accadde veramente tra il Dicembre 2012 e l’estate del 2013 al collaboratore Nino Lo Giudice, detto il “nano”? Davvero passò seri guai quando qualcuno seppe che stava parlando anche di Giovanni Aiello (alias “Faccia di mostro”), nel frattempo certamente morto il 21 Agosto del 2017 a Montauro? Come è possibile che il CSM continui a procrastinare la decisione sulla incolpazione del dott. Donadio, mossa dai procuratori Lari e Salvi, nonostante esista da tempo una formale richiesta di archiviazione da parte della Procura generale della Cassazione? Quanto sono ancora forti gli interessi legati ai protagonisti di quelle vicende se non è possibile ancora oggi avere delle risposte? Io so che ci sono uomini delle Istituzioni ancora vivi, vegeti e con ruoli di grande responsabilità che sanno molto, se non tutto: sarebbe giusto che si facessero avanti, scegliendo di dire anche ciò che non viene loro chiesto. Io so che il processo “ndragheta stragista” che si celebra a Reggio Calabria, così come quello “Trattativa” che si celebra a Palermo stanno caparbiamente “carotando” quel grumo di interessi e meritano rispetto e attenzione. Io so che alcune latitanze diversamente irrisolvibili (Matacena e Messina Denaro) sono la misura della vitalità di quel grumo di interessi, che si è trascinato fino ad oggi, perchè di “amici” in giro per il Mondo ce ne sono ancora tanti. A quelli che sanno perchè c’erano e hanno avuto parte nei fatti, vorrei chidere se non sentano di essere stati, in gran parte, usati, con la messa in scena della guerra tra Mondi, che richiedeva l’eroismo tragico del “male”, per far vincere il “bene”, che è costato così tanto a tutti (a chi il male l’ha subito, ma anche a chi lo ha agito). Chissà che non abbia proprio pensato questo quel magistrato, titolare di importanti inchieste su mafia, politica e massoneria, che nell’agosto dell’89 prende un volo Roma Palermo, per incarico dell’Alto commissario anti mafia, Sica, per fare il punto con Giammanco, Falcone, Sciacchitano, Pignatone e tutti gli altri. Quel magistrato che, diventato consigliere del Presidente della Repubblica, morirà improvvisamente di infarto nel Luglio del 2012, poco dopo aver scritto una drammatica lettera proprio al Presidente della Repubblica, nella quale manifestava il timore di essere stato usato per coprire indicibili accordi e il desiderio di tornare in prima linea a fare indagini: Loris D’Ambrosio.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/08/17/si-rafforza-la-pista-nera-nell-inchiesta.html

Tribunale di Reggio Calabria apra nel 2018

Il Palazzo di Giustizia di Reggio Calabria deve aprire nel 2018: un segnale che non può essere rimandato”. A chiederlo è il deputato Pd Davide Mattiello, arrivato a Reggio Calabria per i funerali del dott. Andrea Caridi, che ha diretto il Servizio centrale di sicurezza del Viminale e che e’ improvvisamente morto la notte di Capodanno. “Dopo aver fatto visita agli Uffici della Direzione Distrettuale Antimafia ancora, purtroppo, ho dovuto attraversare troppi gabinetti – racconta il deputato – sì perché il nuovo Palazzo di Giustizia non è ancora agibile e, almeno ad una occhiata superficiale, non sembra che sia cambiato granché dall’ultima visita. Per questo gli Uffici della Procura sono ospitati all’ultimo piano del CE.DIR. in condizioni dignitosamente precarie. I ‘segnali’ sono importanti, attraverso di essi lo Stato attribuisce importanza ai propri servitori e ad intere articolazioni della propria Amministrazione. Non è possibile sopportare oltre che la Procura che coordina indagini relative ai rapporti tra ‘Ndrangheta e politica (Matacena, Scajola), relative alla direzione strategica e altolocata della ‘Ndrangheta (Ghota), alla unitarietà della strategia stragista degli anni ’90 (‘Ndrangheta Stragista), alla proiezione globale della ‘Ndrangheta e del sistematico utilizzo delle tecnologie informatiche, abbia gli Uffici tra una batteria di gabinetti e quella successiva”. Rispondendo ad una interrogazione tempo fa il Ministro della Giustizia Andrea Orlando auspicò l’inaugurazione del nuovo Palazzo di Giustizia entro il 2018: “abbiamo un anno per dare definitivamente e concretamente seguito a quell’auspicio