RELAZIONE PER LA MAGGIORANZA PER LA II COMMISSIONE,
ON. DAVIDE MATTIELLO
Il superamento degli OPG, Ospedali Psichiatrici Giudiziari, è un bisogno avvertito da decenni, ma si deve arrivare all’istituzione della Commissione di inchiesta sulla efficacia e la efficienza del Sistema Sanitario nazionale, presieduta dal Senatore Ignazio Marino, nella XVI Legislatura per registrare una svolta, che noi oggi siamo chiamati a rendere irreversibile.
In questi anni, finalmente, senza più reticenze e tentennamenti le più alte Istituzioni nazionali ed europee hanno avuto parole inequivocabili di condanna nei confronti degli OPG, definiti indegni di un Paese civile, luoghi di degrado, luoghi di tortura, luoghi insensati.
La Costituzione italiana, soprattutto nel combinato degli articoli 3 e 13, traccia il solco dentro il quale il Legislatore deve trovare le soluzioni che coniughino nella maniera più soddisfacente le esigenze di tutela sociale, quelle di cura della malattia mentale, quelle di risarcimento delle vittime di reato.
Superare gli OPG, secondo l’orizzonte indicato dalla Costituzione significa ribadire forte e chiaro che la malattia mentale non è una colpa! Ribadire forte e chiaro che la povertà non è una colpa! Ribadire per tanto che il primo dovere della Repubblica è quello di farsi carico adeguatamente della persona malata e socialmente pericolosa, curandola al meglio delle proprie possibilità per riscattarla ad una vita libera e dignitosa.
Il Legislatore ha tracciato la linea dentro questo solco costituzionale a partire dal decreto-legge 211 del 22 dicembre 2011, poi convertito con modificazioni dalla legge n. 9 del 17 febbraio del 2012, che stabiliva la chiusura degli OPG al 31 marzo del 2013, scadenza che venne prorogata al 10 aprile del 2014 e che oggi stiamo ulteriormente prorogando al 31 marzo del 2015.
Prorogare è riconoscere un fallimento: riconoscere che un ordine dato dallo Stato non può essere eseguito. Prorogare soltanto di un anno è un modo per accettare responsabilmente di farsi carico delle conseguenze di questo fallimento, senza però derubricare l’urgenza contenuta nell’ordine dato: gli OPG vanno chiusi. Un punto di equilibrio coraggioso, che deve stimolare e sicuramente stimolerà tutti i soggetti coinvolti nell’attuazione delle norme, a fare del proprio meglio.
La linea che a mano a mano il Legislatore ha definito, fino alle ultime, preziose, modifiche votate dal Senato in conversione del decreto-legge 52 del 31 marzo 2014, stabilisce non soltanto che gli OPG vadano chiusi, ma che il sistema sanitario nazionale e in particolare le ASL e i Dipartimenti di salute mentale debbano farsi carico dei rei, mentalmente infermi, per lo più attivando percorsi di cura e inserimento sociale attraverso i servizi territoriali e le comunità protette, potendo comunque contare su nuove strutture di cura, contenimento e controllo, di pertinenza regionale, come estrema ratio: le così dette REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza Sanitaria).
Gli autori di condotte che integrano fattispecie di reato, giudicati incapaci di intendere e di volere, per tanto non processabili o comunque non punibili, dei quali si accerti la pericolosità sociale, sono soggetti che da un lato vanno curati perché malati, dall’altra contenuti perché pericolosi. Ma con l’orizzonte della temporaneità sia della cura, che della custodia e quindi con la prospettiva della guarigione e del reinserimento sociale. L’unica prospettiva coerente alla Costituzione italiana. È importante dunque sottolineare che il Parlamento non intende chiudere gli OPG per sostituirli con le REMS, con una operazione, diciamo, a «saldi invariati», ma che vuole chiudere gli OPG, chiudendo contemporaneamente con una certa cultura che vede nella segregazione sociale degli infermi-rei, la strada maestra per il loro trattamento. Ritengo che in questa prospettiva vada letta e apprezzata in particolare la previsione introdotta dal Senato che consentirà alle Regioni di rivedere i piani di spesa su questa materia, approvando nuovi piani che riducano la spesa per la realizzazione delle REMS e la aumentino per la formazione del personale responsabile dei programmi di cura e reinserimento di competenza dei Dipartimenti di Salute mentale.
Tutto ciò considerato, sono questi i punti salienti della normativa che ci accingiamo a discutere e votare.
Entro 45 giorni dalla entrata in vigore delle norme le ASL devono presentare i programmi individualizzati per dimettere tutte le persone ancora trattenute negli OPG.
I magistrati devono evitare fin da ora nuovi invii negli OPG, anche per provvedimenti di natura provvisoria, a meno che non si accerti che nessuna altra soluzione in questa fase sia idonea.
In ogni caso la permanenza in OPG in questa fase residuale e domani in REMS non può e non potrà essere superiore nella durata al massimo della pena edittale prevista per il reato commesso dal soggetto.
La «pericolosità sociale» della persona inferma di mente autrice di condotte che integrano fattispecie di reato, deve essere accertata soltanto in relazione alle qualità del soggetto stesso, prescindendo dalle condizioni socio-economiche o dalla mancanza di un progetto individualizzato da parte del DSM. Questa è la modifica più rilevante sul piano giudiziario, insistendo sull’articolo 133 del codice penale e sull’articolo 679 del codice di procedura penale. È la modifica che ha suscitato maggiori preoccupazioni: taluni paventano una eccessiva compressione della autonoma valutazione da parte della magistratura sulla pericolosità sociale dell’infermo-reo. A questa preoccupazione rispondiamo che il Legislatore vuole piuttosto evitare che la certificazione giudiziaria della pericolosità sociale dell’infermo-reo induca dalla constatazione della precarietà sociale, economica e sanitaria dello stesso, il che rappresenta senz’altro un problema, che però non deve tradursi in un ulteriore gravame gettato sulle spalle di una persona evidentemente già vulnerabile.
Insomma: la povertà non è una colpa e l’inadeguatezza del sistema sanitario non è una sua colpa!
Ciò posto riteniamo noi pure che siano maturi i tempi per una più ampia riflessione sull’istituto della «imputabilità» e su quello delle «misure di sicurezza», che ci impegniamo a tradurre in una prossima iniziativa politica.
Come relatore di maggioranza per la II Commissione non posso che auspicare che questo testo, già frutto di un lungo e complesso lavoro di confronto con i vari soggetti istituzionali e sociali impegnati su questo delicato fronte, venga al più presto votato senza ulteriori modifiche dalla Camera del Deputati.
On. Davide Mattiello