«Caro Andrea, l’uguaglianza al centro del tuo discorso politico mi convince»: la lettera di Davide Mattiello ~ Andrea Orlando, candidato alla segreteria del Partito Democratico
Consip: sull’intervento del Presidente Albamonte..
Forse è un lapsus quello del Presidente Albamonte, da prendere comunque molto sul serio. Nella intervista rilasciata a Repubblica il dott. Albamonte, PM della Procura di Roma, da poco nuovo presidente dell’ANM, intervenendo con grande equilibrio sulla vicenda CONSIP, mette in guardia da un altro rischio: quello della violazione del segreto istruttorio, un rischio che sarebbe aumentato da quando il Legislatore nell’agosto del 2016 ha introdotto l’obbligo di informazione gerarchica in capo alla Polizia Giudiziaria. Ma nella vicenda CONSIP la delega di Polizia Giudiziaria, fino a che l’inchiesta è stata fatta dalla Procura di Napoli, l’ha avuta il NOE dei Carabinieri, per i quali l’obbligo di informare la linea gerarchica è sancito dal 2010. Forse il dott. Albamonte nel sottolineare la problematicità di queste norme, problematicità che io condivido, aveva in mente un’altra vicenda: quella dello spione-massone Giulio Occhionero, che è costata il posto al dott. Di Legami, allora capo della Polizia Postale, con delega di PG. Il titolare dell’inchiesta è proprio il dott. Albamonte, che ha chiesto il giudizio immediato sulla vicenda Occhionero. Una inchiesta che merita la massima attenzione perché è un’altra di quelle storie che rimanda ai sistemi di potere, così determinanti nel nostro Paese. Dovremo pure capire per chi lavorassero da anni i fratelli Occhionero, archiviando quintali di informazioni sensibili, a meno di considerare GIULIO Occhionero un curioso collezionista. Per questo auspico che il giudizio sia tanto immediato quanto profondo
Sfruttamento: la marcia di Borgo Mezzanone
Centinaia di persone marciano da Borgo Mezzanone attraverso la capitanata per dire basta allo sfruttamento bracciantile. Una manifestazione coraggiosa, che mi ha ricordato certe azioni nonviolente di Danilo Dolci. Siamo consapevoli che il contrasto al caporalato, oggi rafforzato dal nuovo articolo 603 bis del codice penale che riconosce finalmente la corresponsabilità di caporale e imprenditore, da solo NON basta a liberare il lavoro in agricoltura. Ci sono almeno altri due fronti aperti: la formazione del prezzo del prodotto, nel rapporto tra agricoltori e grande distribuzione e la concorrenza globalizzata che spesso penalizza ingiustamente le imprese italiane. Abbiamo camminato con una gerbera rossa in mano per ricordare l’impegno di Stefano Fumarulo improvvisamente scomparso pochi giorni fa.
Usura e racket: importante iniziativa del Prefetto Cuttaia
Importante iniziativa del Commissario straordinario del Governo per le vittime di usura e racket, Prefetto Cuttaia, che oggi ha riunito il Comitato di Solidarietà a Reggio Calabria: un segnale di attenzione che incoraggerà le vittime a reagire. Auspico che questa scelta oltre ad avere un alto valore simbolico, concorra anche concretamente a risolvere alcune situazioni sospese da troppo tempo in un territorio nel quale il grande sforzo delle Istituzioni nel contrasto alla criminalità organizzata è evidente, basti pensare al processo Gotha, che ha riunito diversi filoni di inchiesta che riguardano in ipotesi il dirottamento sistematico della funzione pubblica, che poi è la più grave forma di estorsione. Mi impegno, come coordinatore del V comitato della Commissione Parlamentare anti mafia a raccogliere i suggerimenti che il Comitato intende avanzare per migliorare le norme a sostegno delle vittime di racket e usura. A cominciare da questo punto: non è possibile considerare come soggetti degni di tutela soltanto i soggetti economici e non, per esempio, i lavoratori che denuncino i caporali e i datori che li sfruttano. Sfruttare un lavoratore non equivale forse ad estorcergli il dovuto?
Di Matteo: sconcertante la decisione del DOG
È sconcertante la decisione sul PM Di Matteo da parte del DOG, meglio ripensarci. Ho provato a comprendere quanto appreso ieri dall’articolo di Palazzolo, ma francamente non ci sono riuscito: davvero il DOG avrebbe sospeso per sei mesi la immissione in possesso del nuovo ufficio di Di Matteo in ragione della assoluta eccezionalità della situazione del magistrato? Ma la eccezionalità della situazione non è forse relativa alle pesanti minacce per la vita del dott. Di Matteo, in forza delle quali il CSM mesi fa aveva proposto un trasferimento d’urgenza per motivi di sicurezza proprio alla DNA? Allora il dott. Di Matteo aveva rifiutato con grande dignità desiderando che il trasferimento avvenisse esclusivamente in ragione dei titoli per i quali aveva avanzato la propria candidatura. Cosa che in effetti avvenne. Ora che tutto potrebbe compiersi, il DOG decide di lasciarlo a Palermo altri sei mesi. In questo modo si evita che il PM Di Matteo possa sommare da subito il ruolo di PM della DNA con il ruolo di PM applicato al processo Trattativa: per qualcuno sarebbe stato troppo? E poi: cosa dovrebbe succedere da qui a sei mesi per rendere superabili le così dette eccezionali condizioni?
Mauro Esposito: si faccia Giustizia
Procura di Torino e Agenzia delle Entrate fanno giustizia sul caso Mauro Esposito: ora manca soltanto il pieno riconoscimento delle società di ingegneria per uscire dall’incubo. La Procura di Torino e in particolare i PM Sparagna Riccaboni Smeriglio firmano un provvedimento intelligente e coraggioso che interpreta la 44 del 99 in coerenza con i lavori preparatori: la vittima di estorsione che denuncia va tutelata per davvero e non soltanto formalmente. Questo provvedimento per altro non fa che ribadire il riconoscimento della Me Studio come soggetto degno di tutela giurisdizionale. Auspico che questo orientamento possa essere apprezzato anche in sede civile, uscendo così dalla grottesca incertezza nella quale ancora operano le società di ingegneria a causa di una dubbia interpretazione, che sarà comunque definitivamente spazzata via dalla ormai imminente approvazione del dl CONCORRENZA ora al Senato’
Rinviati i funerali di Maria Rita Lo Giudice
(ANSA) – ROMA, 5 APR – Dovevano svolgersi oggi ma sono stati rinviati i funerali di Maria Rita Lo Giudice, la ragazza di 25 anni, figlia e nipote di esponenti della ‘ndrangheta reggina, suicidatasi domenica a Reggio Calabria dopo essersi lanciata dal quinto piano della sua abitazione. Un gesto estremo sul quale si indaga, e che scuote il mondo giudiziario e politico.
Probabilmente la giovane, che pure si era affermata con una brillante carriera universitaria, si è sentita isolata rispetto alla scelta di smarcarsi dalla storia familiare.
I parenti della ragazza hanno chiesto che sul corpo della congiunta sia effettuata l’autopsia. Sulle motivazioni del gesto compiuto dalla giovane donna hanno avviato accertamenti i carabinieri.
In prefettura a Reggio Calabria si è tenuta una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica anche per parlare dei temi del disagio sociale e psicologico che vivono alcuni giovani appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta.
“Non si parte dall’anno zero – ha detto il Prefetto Michele di Bari – perché bisogna dare atto alla società civile reggina che è diventata anch’essa protagonista attiva nella lotta alla ‘ndrangheta: il cambiamento culturale cui si auspica, evitare la doppia marginalizzazione di chi sceglie di cambiare strada, parte da una sensibilizzazione di cui le stesse istituzioni stanno scegliendo oggi, responsabilmente, di farsi carico”.
“Questa storia drammatica, i cui contorni devono essere chiariti, riporta l’attenzione sugli strumenti che lo Stato offre a chi voglia tagliare i ponti con famiglie pesantemente compromesse col crimine organizzato di stampo mafioso”, ha commentato il deputato Pd Davide Mattiello della Commissione Antimafia. “Oggi il cambio di generalità, cioè la possibilità di avere una nuova vita, con una nuova identità, è collegato dalla legge esclusivamente allo speciale programma di protezione che riguarda testimoni e collaboratori di giustizia, cioè chi in ragione delle informazioni che fornisce si espone ad un rischio tale che l’unica maniera per proteggerlo è quella di fargli cominciare una nuova esistenza con una diversa identità. Ma ci sono casi – osserva il deputato – nei quali il soggetto, a volte un minore, spesso una donna, non ha informazioni significative da consegnare a chi indaga e tanto meno è coinvolta negli illeciti, tuttavia manifesta il forte desiderio di rompere ogni legame con la famiglia”. Forse era il caso di Maria Rita e per capire di più sull’accaduto il suo telefonino che i suoi account sui social ora sono al vaglio degli inquirenti.
Un commento alla storia di Maria Rita Lo Giudice arriva anche dal vice presidente del Parlamento europeo, David Sassoli che su fb scrive:“Maria Rita figlia di una famiglia di ‘ndrangheta aveva cercato il riscatto negli studi e una vita diversa. Non ha retto, si è uccisa. La morte di una ragazza che cercava riscatto è una sconfitta per tutti noi”
Basta bullismo in politica
Basta bullismo in politica. Il Mondo oggi è sempre più segnato da leader che fanno i ‘Bulli’ proprio come quelli che ti vengono addosso a testa bassa per vedere se ti scansi. Forse i bulli hanno successo in politica perchè ci sono tante persone impaurite, che vivono nell’incertezza e desiderano che qualcuno cancelli il più in fretta possibile guai e angosce. Peccato che decidere non coincida con risolvere. Anzi spesso la decisione muscolare e repentina aumenta soltanto tensioni e fragilità. E condanna ad alzare progressivamente la dose di violenza, in una spirale difficile da fermare. Noi abbiamo bisogno di leader che coniughino coraggio e mitezza, volontà e ascolto: per questo preferisco Orlando, che ha dimostrato di avere queste qualità
Con Padre Gaetano Mazzoleni, 40 anni passati nell’Amazzonia colombiana e Cristiano Morsolin, militante sociale, abbiamo portato in Parlamento il cammino lungo e faticoso del processo di pace, che ha pagato e paga un prezzo altissimo agli interessi mafiosi tra cocaina e ‘Ndrangheta