
(ANSA) – ROMA, 5 APR – Dovevano svolgersi oggi ma sono stati rinviati i funerali di Maria Rita Lo Giudice, la ragazza di 25 anni, figlia e nipote di esponenti della ‘ndrangheta reggina, suicidatasi domenica a Reggio Calabria dopo essersi lanciata dal quinto piano della sua abitazione. Un gesto estremo sul quale si indaga, e che scuote il mondo giudiziario e politico.
Probabilmente la giovane, che pure si era affermata con una brillante carriera universitaria, si è sentita isolata rispetto alla scelta di smarcarsi dalla storia familiare.
I parenti della ragazza hanno chiesto che sul corpo della congiunta sia effettuata l’autopsia. Sulle motivazioni del gesto compiuto dalla giovane donna hanno avviato accertamenti i carabinieri.
In prefettura a Reggio Calabria si è tenuta una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica anche per parlare dei temi del disagio sociale e psicologico che vivono alcuni giovani appartenenti a famiglie di ‘ndrangheta.
“Non si parte dall’anno zero – ha detto il Prefetto Michele di Bari – perché bisogna dare atto alla società civile reggina che è diventata anch’essa protagonista attiva nella lotta alla ‘ndrangheta: il cambiamento culturale cui si auspica, evitare la doppia marginalizzazione di chi sceglie di cambiare strada, parte da una sensibilizzazione di cui le stesse istituzioni stanno scegliendo oggi, responsabilmente, di farsi carico”.
“Questa storia drammatica, i cui contorni devono essere chiariti, riporta l’attenzione sugli strumenti che lo Stato offre a chi voglia tagliare i ponti con famiglie pesantemente compromesse col crimine organizzato di stampo mafioso”, ha commentato il deputato Pd Davide Mattiello della Commissione Antimafia. “Oggi il cambio di generalità, cioè la possibilità di avere una nuova vita, con una nuova identità, è collegato dalla legge esclusivamente allo speciale programma di protezione che riguarda testimoni e collaboratori di giustizia, cioè chi in ragione delle informazioni che fornisce si espone ad un rischio tale che l’unica maniera per proteggerlo è quella di fargli cominciare una nuova esistenza con una diversa identità. Ma ci sono casi – osserva il deputato – nei quali il soggetto, a volte un minore, spesso una donna, non ha informazioni significative da consegnare a chi indaga e tanto meno è coinvolta negli illeciti, tuttavia manifesta il forte desiderio di rompere ogni legame con la famiglia”. Forse era il caso di Maria Rita e per capire di più sull’accaduto il suo telefonino che i suoi account sui social ora sono al vaglio degli inquirenti.
Un commento alla storia di Maria Rita Lo Giudice arriva anche dal vice presidente del Parlamento europeo, David Sassoli che su fb scrive:“Maria Rita figlia di una famiglia di ‘ndrangheta aveva cercato il riscatto negli studi e una vita diversa. Non ha retto, si è uccisa. La morte di una ragazza che cercava riscatto è una sconfitta per tutti noi”