Immigrazione: serve Agenzia su modello dell’ANAC

Per gestire meglio l’immigrazione e dare maggiore impulso alla qualità degli interventi sul settore bisognerebbe istituire un’Agenzia sul modello dell’Anac. A suggerirlo è il deputato Pd Davide Mattiello che risponde ad un articolo di Milena Gabanelli sul Corsera, “La politica del non fare”. “Cara Milena – scrive Mattiello – per andare nella direzione che tu suggerisci, alcune cose le abbiamo fatte, altre si stanno facendo e una forse bisognerebbe ancora apparecchiarla. Visto che la trasparenza è di per se’ un fattore di deterrenza rispetto a chi vuole fare business sulla pelle degli accolti (rubando risorse di tutti noi!), abbiamo approvato nel 2014 una legge che impone un monitoraggio puntuale del sistema di accoglienza primario (norma alla quale hanno fatto eco le inchieste giudiziarie e i commissariamenti decisi dal Viminale). E questa è la cosa fatta. Per eliminare progressivamente dal sistema di accoglienza primario i delinquenti, stiamo andando verso un modello che se proprio non è “in mano pubblica” come tu auspichi, vira senz’altro nella direzione di una maggiore istituzionalizzazione e armonizzazione del trattamento (che vuol dire anche controlli più efficaci). E questa è la cosa che si sta facendo. Per dare maggiore impulso alla qualità dell’intervento nel suo complesso, aumentando anche la nostra capacità di “battere i pugni sul tavolo” dell’Europa, forse servirebbe istituire una Agenzia nazionale (sotto la vigilanza del Ministero dell’Interno): qualcosa di meno di un nuovo Ministero, qualcosa di più di un Dipartimento, una struttura che garantisca continuità dell’azione e riconoscibilità pubblica. Sul modello di ANAC. E questa è la cosa che andrebbe preparata”.

 

 

Le parole di Marco Omizzolo, Presidente di In Migrazione e di Tempi Moderni

Sui temi di cui lei si occupa, come reputa il mandato del Parlamento degli ultimi cinque anni?

In generale il Parlamento italiano ha saputo, sebbene sulla fondamentale spinta di organizzazioni sociali (associazioni, sindacati, organizzazioni di base), affrontare alcuni dei temi sociali e lavorativi di cui mi occupo. In primis ciò riguarda il tema del contrasto allo sfruttamento lavorativo, al caporalato e alla tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo. Una nuova impostazione, evidente con la promulgazione della nuova legge contro il caporalato (lex 199/2016), sebbene prevalentemente securitaria, ha consentito una vera svolta in alcuni dei territori in cui il fenomeno è più organizzato, rodato, diffuso. Tra questi si citano in particolare il Sud Pontino e l’area garganica. Il Parlamento ha dimostrato anche un’apertura nei confronti di quanti si occupano da anni del tema accogliendo loro spunti di riflessione, esperienze di ricerca, analisi e suggerimenti anche normativi. Restano ancora molti temi, intimamente legati a quelli sopra menzionati, gravemente sottovalutati o per nulla affrontati. Una riforma, ad esempio, degli strumenti di welfare locale costituisce un elemento cardine per il contrasto alle varie forme di sfruttamento lavorativo. Si tratta di un impegno disatteso, sottovalutato e che richiederebbe, invece, uno sforzo di elaborazione concettuale e normativo urgente. Le stesse politiche del lavoro sono state spesso contraddittorie e, in alcuni casi, volte a cancellare, rimodulare in negativo, indebolire diritti affermati e riconosciuti soprattutto in capo ai lavoratori e lavoratrici. Il mancato impegno nella riforma e cancellazione invece di leggi evidentemente inefficienti e profondamente problematiche come la Bossi-Fini e la legge sulla cittadinanza, costituiscono un vulnus politico straordinario nell’azione parlamentare che ne mortifica lo slancio e l’impegno. Lo stesso Jobs Act è in sé una grave breccia nel complesso dei diritti formalmente riconosciuti a tutti i lavoratori, esponendoli, drammaticamente, ad ulteriori e, in alcuni casi, anche nuove forme di sfruttamento lavorativo, con riferimento in particolare ai lavoratori migranti impiegati in attività particolarmente difficili, poco prestigiose dal punto di vista sociale e poco retribuite (braccianti, lavoratori e lavoratrici di cura, autotrasportatori, lavoratori della logistica e dei servizi…). In definitiva si è trattato di un mandato in chiaro-scuro e a volte contraddittorio, senza alcun dubbio sensibile ai temi trattati ma incline ad un compromesso legato in primis al mantenimento degli equilibri di governo e poco in sintonia con le esigenze sociali e dunque reali del Paese. Restano però punti di indubbio valore, insieme alla norma sul caporalato, la riforma del codice antimafia, della legislazione sui testimoni di giustizia, l’impegno, in particolare della Commissione Antimafia, sul fronte di una lettura più aggiornata, anche in termini politici, del concetto stesso di mafia e della sua intima relazione con la corruzione, insieme a nuove declinazioni della stessa a partire dall’eccellente lavoro condotto sulle masso-mafie. Le politiche estere del Governi italiano, avallate direttamente o indirettamente dal parlamento, soprattutto in materia di migrazioni, costituiscono, a mio parere, una delle ragioni di maggiore criticità della legislatura appena trascorsa e di più grave compromissione del quadro normativo internazionale a partire dalla Convenzione di Ginevra del 1953. Si configura una sorta di deriva securitaria che rischia di riformulare gli elementi di base dello Stato di diritto, peraltro negando la storia del Paese e dell’Unione europea. In definitiva mi pare di poter affermare che il mandato parlamentare ha espresso volontà contraddittorie, messo in evidenza limiti impliciti legati alle forze partitiche rappresentative, ottenuto in alcuni ambiti risultati di grande prestigio invece contraddetti da altre azioni parlamentari che in altri ambiti hanno agito in direzione contraria evidenziando approcci machisti e securitari.

Quale pensa che sia la norma più importante approvata in questi anni?

In chiave positiva penso ad almeno tre grandi risultati: la riforma del codice antimafia, la nuova legge sul caporalato e la riforma sui testimoni di giustizia. Queste norme sono tra loro intimamente legate e attese da molti anni dal Paese. Esse vanno nella direzione di una riforma del sistema riconoscendo la centralità del principio di giustizia sociale. Sebbene con alcuni impliciti limiti, esse sono l’eredità migliore dell’azione dell’ultima legislatura.

A questi aggiungerei la riforma, anch’essa attesa da anni, dei delitti ambientali, il voto di scambio e l’autoriciclaggio. Tutte norme che derivano dall’azione non solo parlamentare ma anche dalla spinta fondamentale, peraltro ascoltata dal parlamento, di associazioni, sindacati, organizzazioni del Terzo Settore, parenti di vittime di mafie e testimoni di giustizia. In questo caso si tratta di risultati importanti che contribuiranno a riformare il Paese nel prossimo futuro.

Quale la norma da approvare nei prossimi cinque?

Penso alla riformulazione della legge sulla cittadinanza che riconosca la legittima e piena rappresentanza ai migranti (e loro figli nati in territorio nazionale) residenti nel Paese, espressione centrale di modernità dell’Italia. A questo si deve aggiungere una riforma dei servizi sociali volti ad intercettare il disagio sociale insieme alle vittime di sfruttamento lavorativo, garantendolo loro percorsi di formazione volti all’emancipazione e autonomia individuale e collettiva. A questa aggiungerei una riforma del sistema giudiziario italiano con particolare riferimento ai tribunali del lavoro e penali, gravemente compromessi per l’esiguo numero di magistrati presenti e impegnati, di mezzi e strumenti a loro disposizione e per i tempi e le procedure necessarie per l’ottenimento di una giustizia riparativa.

Davide Mattiello per la prima volta è stato eletto alla Camera dei Deputati. Come valuta il suo operato?

Considero il contributo fornito da Davide Mattiello di grande valore. Molti degli obiettivi raggiunti e sopra descritti si devono alla sua tenacia, competenza e metodologia politica la quale ha sempre considerato la relazione con il territorio, come fondamentale per qualificare la proposta politica e spingerla nella direzione dell’approvazione. Ricordo per esempio la mia convocazione in Commissione Antimafia e le molte iniziative condotte insieme (la marcia contro il caporalato nel giorno di Pasquetta del 2017, dibattiti e convegni pubblici, incontri istituzionali, …), importanti passi verso azioni politiche in grado di condizionare il dibattito e migliorarlo ove possibile.

Per questa ragione, sebbene all’interno di uno schieramento governativo che, come specificato, presenta, dal mio punto di vista, profonde contraddizioni, il saldo finale della sua legislatura è assolutamente positivo. Ricordo il suo impegno, testato personalmente passo dopo posso, in favore della nuova legge sul caporalato, che ha avuto un’accelerazione politica e nei contenuti in seguito al suo impegno e relazione coi diversi territori. Davide Mattiello ha rappresentato un punto di riferimento per chi ha condotto queste battaglie ed esempio di un politico attento, in costante relazione, desideroso di portare nelle sedi opportune le migliori esperienze di analisi e lotta nei territori. Mai percepito come soggetto istituzionale pur non avendo mai abdicato a questo ruolo, ha saputo per mio conto interpretare la figura del politico impegnato, attento e determinato. A lui devo riconoscenza e stima, due doti che fanno di un politico un uomo vero.

Perchè il Ministero dell’Interno non pubblica i dati sull’accoglienza?

(ANSA) – ROMA, 8 FEB – “Perche’ il Ministero dell’Interno non rende pubblici i dati che riguardano il sistema di accoglienza primario? Eppure la legge impone che al 30 di giugno di ogni anno questi dati vengano divulgati: dati relativi a chi prende i soldi per gestire l’accoglienza, quanti ne prende, per fare che cosa e come venga monitorato. Una trasparenza che di per se’ dissuaderebbe da comportamenti come quelli che la Procura di Gorizia contesta proprio oggi e che stanno alla base dell’inchiesta su Mafia Capitale”: lo dice in una nota Davide Mattiello (Pd), membro delle commissioni giustizia e antimafia. “Sono mesi ormai che interroghiamo il ministro Alfano su questo, ottenendo un continuo rimpallo tra responsabilita’ di Uffici e dicasteri. Ho ragione di pensare che quando finalmente la relazione vedra’ la luce, sara’ deludente, fornendo al piu’ dati aggregati che non consentiranno una lettura precisa. In questo modo non restera’ che affidarsi, ancora una volta, alla capacita’ di magistratura e forse dell’ordine di punire i reati ormai commessi” conclude il deputato dem.

Il monitoraggio annuale del sistema di accoglienza è Legge!

L’emendamento presentato al Decreto Legge 119, che prevede il monitoraggio annuale del sistema di accoglienza, è diventato legge grazie all’approvazione del Senato avvenuta il 15 ottobre scorso. Un bel risultato ottenuto grazie alla collaborazione con gli amici della ONLUS InMigrazione. Di seguito il testo dell’emendamento:
2-bis. Entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro dell’interno, coordinandosi con il Ministero dell’economia e delle finanze, presenta alle Camere una relazione in merito al funzionamento del sistema di accoglienza predisposto al fine di fronteggiare le esigenze straordina-rie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazio-nale di cui al comma 2. La prima relazione deve riferirsi al periodo intercorrente tra il novembre 2013 e il dicembre 2014. La relazione deve contenere dati relativi al numero delle strutture, alla loro ubica-zione e alle caratteristiche di ciascuna, nonché alle modalità di auto-rizzazione, all’entità e all’utilizzo effettivo delle risorse finanziarie erogate e alle modalità della ricezione degli stessi.“

In visita alla nave San Giusto, impegnata in ‘Mare Nostrum’

(ANSA) – ROMA, 23 SET – “Oggi visiteremo la nave della Marina Militare San Giusto impegnata nell’Operazione Mare Nostrum, al fine di portare il nostro sostegno ai militari e civili impegnati nel difficile lavoro di soccorso dei profughi, verificare le operazioni di salvataggio e prima assistenza, e rilanciare la necessita’ di un impegno europeo a supporto del nostro Paese nel Mediterraneo”. Cosi’ Khalid Chaouki, deputato del Partito Democratico, e coordinatore dell’Intergruppo parlamentare sull’immigrazione, annuncia la visita di domani alla nave San Giusto da parte di una delegazione composta, oltre a Chaouki, dai deputati Marco Di Lello, Pia Locatelli, Davide Mattiello, Gennaro Migliore, Erasmo Palazzotto, Ileana Piazzoni, Paola Pinna, Milena Santerini e Gea Schiro’ e dai senatori Gianpiero Dalla Zuanna, Vincenzo Gibiino e Luis Orellana. “Attraverso questa visita di una delegazione parlamentare – spiega Chaouki – vogliamo puntare i riflettori sull’impegno straordinario portato avanti con grande sacrificio dall’Italia, e mettere tutti i Paesi europei e la nuova Commissione Europea di fronte alle proprie responsabilita’ a pochi giorni dall’anniversario della tragedia di Lampedusa avvenuta lo scorso 3 ottobre”.

Il sistema di accoglienza primario, quello frutto dell’emergenza, coinvolge attualmente circa quarantamila richiedenti asilo, mentre lo Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che e’ il sistema di accoglienza ‘normale’, ne accoglie circa ventimila. “Nell’accoglienza dei profughi e’ doveroso alzare l’asticella della trasparenza e della qualita’ altrimenti aumentano sprechi e sfruttamento”: ad affermarlo e’ l’esponente del Pd, Davide Mattiello, commentando i dati che gli sono stati forniti dal prefetto Morcone. “Pur essendo privi delle cifre sui soldi – spiega Mattiello – i dati permettono una prima valutazione: il sistema di emergenza assorbe il doppio del sistema Sprar e sappiamo che costa di piu’, e’ meno trasparente e i servizi resi sono di qualita’ inferiore. A chi conviene una situazione del genere? Non certo ai migranti e nemmeno all’Italia. A questo si aggiunge la denuncia arrivata dal Consiglio d’Europa che richiama l’Italia a fare piu’ attenzione alle vittime di tratta”. Insomma, per l’esponente del Pd, “l’Italia deve cambiare passo, il sistema di accoglienza dei profughi deve allinearsi completamente al sistema Sprar, non ci possono piu’ essere sacche nelle quali si diffonda come un virus la possibilita’ di lucrare sulla pelle di queste persone, a danno delle casse dello Stato”