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Mafia: comitato ‘Io Riattivo il Lavoro’, urgente riforma su beni confiscati
martedì 14 ottobre conferenza stampa alla Camera dei deputati
Roma, 10 ottobre – Il comitato promotore della campagna ’Io riattivo il Lavoro’, costituito da Cgil, Libera, Acli, Arci, Avviso Pubblico, Legacoop, Sos Impresa, Centro Studi Pio la Torre, martedì 14 ottobre, alle ore 11.30, terrà una conferenza stampa presso la sala stampa di Montecitorio per chiedere al Parlamento di varare rapidamente la legge di riforma sui beni confiscati.
La Commissione Giustizia della Camera ha votato infatti un testo legislativo che recepisce i contenuti della proposta di legge di iniziativa popolare presentata dal comitato, ed ora è necessario che le camere procedano speditamente in modo da mettere in campo gli strumenti previsti dal provvedimento.
Questo primo importante risultato è il frutto di un’azione straordinaria di quella società civile impegnata nell’azione di contrasto alle mafie rappresentata dai proponenti, ed è dovuto anche alla positiva sinergia fra società ed istituzioni. In proposito vogliamo segnalare il tempestivo ed efficace lavoro della Commissione Antimafia, la cui relazione ha prodotto un voto unanime del Parlamento su due risoluzioni che richiamano, come indicato dalla Commissione stessa, l’urgenza della riforma. In presenza di una piena reciprocità di ascolto e voglia di fare è possibile, come dimostrato da questa vicenda, realizzare passi importanti nella lotta alla criminalità organizzata e nell’azione riformatrice per rilanciare l’occupazione e l’economia legale di cui il Paese ha un profondo bisogno.
Per questo confidiamo che il Parlamento proceda ora speditamente, di modo da rendere il prima possibile operative le misure previste per sostenere il riutilizzo di un importante patrimonio produttivo. Patrimonio che rischia altrimenti l’abbandono e il fallimento: non possiamo permetterci che passi l’idea secondo la quale “quando c’era la mafia si lavorava, se arriva lo Stato si perde il lavoro”.
I dati parlano da soli e dimostrano la necessità e l’urgenza di un intervento: le aziende confiscate in via definitiva sono oltre 1700, quelle sequestrate potrebbero essere cinque volte tanto. Le prime sono aumentate del 70% dall’inizio della crisi, il che dimostra senza ombra di dubbio l’abbassamento del controllo di legalità e la pervasività della criminalità nel nostro sistema economico. Tutti i settori produttivi sono coinvolti e una percentuale molto alta riguarda comparti chiave come il terziario (55%), l’edilizia (27%) e l’agroalimentare (6%). È possibile trovare aziende sequestrate e confiscate in tutta Italia, da Nord a Sud. Le regioni in cui se ne contano di più sono la Sicilia (36%), la Campania (20%), la Lombardia (13%), la Calabria (9%) e il Lazio (8%).
Secondo l’Agenzia nazionale per i beni confiscati, il 90% di queste aziende fallisce a causa dell’inadeguatezza dell’attuale legislazione, incapace di garantire gli strumenti necessari per l’emersione alla legalità e di valorizzare a pieno la loro enorme potenzialità economica.
A tutto questo dobbiamo aggiungere le rilevazioni del ministero della Giustizia del gennaio scorso, riferite al periodo che va dal gennaio del 2009 al settembre del 2013: in questo arco di tempo si sono verificati 5.738 sequestriattraverso procedimenti di prevenzione e si può stimare che altrettanti siano avvenuti attraverso procedimenti penali. Infine, sono in atto richieste da parte dei PM ai giudici per 2.500 sequestri di altrettante aziende.
Da anni chiediamo maggiore trasparenza sui dati relativi al numero di lavoratori e lavoratrici
coinvolti dal fenomeno. Ad oggi l’Agenzia, per sua stessa ammissione, si è dichiarata impossibilitata a quantificarli. Facendo una stima al ribasso potremmo senza dubbio affermare che si tratta di oltre 80 mila persone. Dando per buone le stime dell’Agenzia relative al fallimento del 90% di queste aziende, il quadro che emerge è devastante: circa 72.000 lavoratori e lavoratrici hanno pagato con il licenziamento e la disoccupazione l’inadeguatezza delle istituzioni nel valorizzare l’enorme patrimonio economico costituito dalle aziende confiscate. E ciò avviene proprio in territori già fortemente condizionati dalla zavorra mafiosa. L’intervento dello Stato, al contrario, dovrebbe garantire sicurezza sociale e certezza di un vero e serio percorso di emersione alla legalità.
Per questo la riforma può dare un contributo importante all’obiettivo di contrapporre il lavoro legale e pulito allo sfruttamento e alla violenza delle mafie che, inquinando la nostra economia attraverso il riciclaggio di capitali, arrecano un danno strutturale al sistema paese.