Omicidio Caccia: processo è occasione irripetibile

Il processo che si apre a Milano per l’omicidio Caccia è una occasione forse irripetibile per guardare attraverso il buco stretto della serratura, l’arresto di uno dei presunti killer, una camera vasta e finora inviolata. Molto dipenderà da come sarà praticato il processo, da quali linee di azione si terranno e tutti avranno una parte di responsabilità: procura, corte e parti civili. E’ utile guardare all’omicidio Caccia attraverso la categoria della “convergenza” proposta dal prof Dalla Chiesa, che mai come in questo caso si fonde opportunamente con le parole di Falcone “si resta uccisi quando si entra in un gioco troppo grande”: l’omicidio del Procuratore Caccia infatti fa pensare alla saldatura di diversi interessi, quelli della ‘ndrangheta operante a Torino e desiderosa di accreditarsi come organizzazione egemone, quelli di un ambiente opaco e meschino forse abituato a rendite di posizione, fondate sulla corruzione e sulla connivenza e quelli grandi di chi già allora, come prima e come poi, trovava dell’utilità nel mantenere aperti rapporti di agibilità con la criminalità mafiosa, perché tornassero utili all’occorrenza. Siamo pur sempre nel 1983: da meno di un anno il Parlamento aveva approvato il 416 bis, dopo gli omicidi La Torre e Dalla Chiesa, che sarebbe servito al pool di Palermo e in particolare a Falcone per raccogliere le confessioni di Buscetta, collocandole finalmente nell’alveo giuridico del reato associativo. Quante “contro misure” a tutela del famigerato rapporto tra mafie e pezzi di Stato si attivarono fin dagli albori di quello che sarebbe diventato il maxi processo? Uccidere un magistrato a Torino e fare in modo che la responsabilità ricadesse sulle BR, poteva essere una di queste? La strage del rapido 904 è del dicembre 1984.

Omicidio Bruno Caccia: l’arresto di Schirripa riapre la partita

(ANSA) – ROMA, 22 DIC – “L’arresto di Schirripa e’ un segnale atteso da molto tempo: la partita non e’ chiusa, grazie ai magistrati e agli investigatori che hanno dissepolto il caso, come la famiglia chiedeva da anni”. A dirlo e’ il deputato piemontese del Pd Davide Mattiello, componente delle commissioni Giustizia e Antimafia, dopo le novita’ emerse oggi sull’omicidio del procuratore capo del capoluogo piemontese Bruno Caccia. “Ho una speranza – prosegue – che la partita riaperta non si richiuda certificando soltanto il perimetro di responsabilita’ riconducibile agli ‘ndranghetisti che avrebbero voluto e realizzato l’omicidio al piu’ intendendosi con i catanesi di Nitto Santapaola. Spero che la partita riaperta permetta di fare luce sugli interessi piu’ ampi, sulle coperture, sul perche’ certe piste furono abbandonate, sull’eventuale ruolo del pregiudicato mafioso e avvocato Pio Cattafi, rimesso recentemente in liberta’ e sul rapporto tra l’omicidio Caccia e il tentativo di uccidere il pretore Selis ad Aosta nel 1982”. Il deputato ricorda che alcune di queste questioni le aveva poste gia’ nel maggio 2014 quando la commissione Antimafia ando’ in missione a Torino, “ma allora mi sembro’ che non suscitassero interesse, come se non ci fosse piu’ niente da scoprire. Oggi sappiamo che non e’ cosi’”, conclude.