(ANSA) – ROMA, 22 APR – I parlamentari dell’intergruppo per la Palestina scrivono al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni per chiedere qual e’ la posizione del governo italiano in relazione al riconoscimento dello Stato di Palestina, dopo che il Parlamento ha approvato due mozioni che davano indicazioni diverse. Nella lettera i parlamentari, tra i quali anche molti esponenti del Pd, chiedono anche un incontro con il titolare della Farnesina per superare “l’ambiguita’” del voto in aula. Lo scorso 27 febbraio l’aula di Montecitorio approvo’ infatti due testi contrastanti, uno del Pd e uno di Ncd. A firmare la lettera a Gentiloni il presidente dell’intergruppo Marietta Tidei, la deputata Pd Enza Bruno Bossio, Franco Bordo di Sel, e ancora Filippo Fossati, Cella, Gribaudo, Fiorio, Mattiello, La Forgia, Chaouki. (ANSA)
La mozione per il riconoscimento della Palestina
Domani finalmente la Camera potrà votare per impegnare il Governo a riconoscere la Palestina come Stato. Un impegno che mi ero preso, insieme a molti altri parlamentari, andando questa estate in Palestina e in Israele. Non c’è pace, senza giustizia.
ATTO CAMERA
MOZIONE 1/00675
Dati di presentazione dell’atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 339 del 26/11/2014
Abbinamenti
Atto 1/00625 abbinato in data 16/01/2015
Atto 1/00627 abbinato in data 16/01/2015
Atto 1/00699 abbinato in data 16/01/2015
Firmatari
Primo firmatario: PALAZZOTTO ERASMO
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’
Data firma: 26/11/2014
Elenco dei co-firmatari dell’atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
MATARRELLI TONI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
MATTIELLO DAVIDE PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
MIGLIORE GENNARO PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
MISIANI ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
MOGNATO MICHELE PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
NICCHI MARISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
FARINA DANIELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
PAGLIA GIOVANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
PANNARALE ANNALISA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
PELLEGRINO SERENA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
PIRAS MICHELE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
PLACIDO ANTONIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
PRINA FRANCESCO PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
QUARANTA STEFANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
RICCIATTI LARA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
ROMANINI GIUSEPPE PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
ROSSI PAOLO PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
SANNICANDRO ARCANGELO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
SCOTTO ARTURO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
ZACCAGNINI ADRIANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
ZANIN GIORGIO PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
ZARATTI FILIBERTO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
BOSSA LUISA PARTITO DEMOCRATICO 15/01/2015
AIRAUDO GIORGIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
BRUNO BOSSIO VINCENZA PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
CAPODICASA ANGELO PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
CENNI SUSANNA PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
CIMBRO ELEONORA PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
COMINELLI MIRIAM PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
COSTANTINO CELESTE SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
D’OTTAVIO UMBERTO PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
DURANTI DONATELLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
FRATOIANNI NICOLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
GANDOLFI PAOLO PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
GIORDANO GIANCARLO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
IORI VANNA PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
LA MARCA FRANCESCA PARTITO DEMOCRATICO 26/11/2014
KRONBICHLER FLORIAN SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 26/11/2014
Stato iter:
IN CORSO
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 16/01/2015
PALAZZOTTO ERASMO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’
INTERVENTO PARLAMENTARE 16/01/2015
TIDEI MARIETTA PARTITO DEMOCRATICO
CAPEZZONE DANIELE FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE
ALLI PAOLO AREA POPOLARE (NCD-UDC)
AMENDOLA VINCENZO PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:
APPOSIZIONE NUOVE FIRME IL 15/01/2015
DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 16/01/2015
DISCUSSIONE IL 16/01/2015
RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 16/01/2015
Atto Camera
Mozione 1-00675
presentato da
PALAZZOTTO Erasmo
testo di
Venerdì 16 gennaio 2015, seduta n. 364
La Camera,
premesso che:
i popoli israeliano e palestinese hanno diritto alla pace e alla sicurezza e ciò può essere garantito solo attraverso una forte azione da parte della comunità internazionale che porti ad una pace giusta e duratura basata sul rispetto del diritto internazionale e la piena applicazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
il 29 novembre del 2012, con la risoluzione n. 67/19, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con una larghissima maggioranza, ha concesso lo status di osservatore permanente allo Stato di Palestina;
attualmente sono 135 i Paesi che hanno deciso di riconoscere unilateralmente lo Stato di Palestina, tra questi diversi membri dell’Unione europea: Svezia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Ungheria, Malta, Polonia e Romania;
in particolare, il giorno 30 ottobre 2014, Margot Wallström, Ministro degli esteri, ha annunciato che la Svezia ha riconosciuto lo Stato di Palestina attraverso il seguente annuncio: «Il governo svedese considera che i criteri del diritto internazionale per un riconoscimento dello Stato di Palestina sono rispettati: un territorio, «sebbene senza frontiere fisse» una popolazione e un governo (…). Il riconoscimento è un contributo ad un futuro migliore per una regione che per troppo a lungo è stata caratterizzata da negoziati congelati, distruzione e frustrazione»;
il 3 ottobre 2014 il primo Ministro svedese Stefan Löfven, durante il suo discorso di insediamento in Parlamento, aveva detto che: «Il conflitto tra Israele e Palestina può essere risolto solo con la soluzione a due Stati, negoziata secondo i dettami del diritto internazionale. Una soluzione a due Stati richiede il riconoscimento reciproco e la volontà di una convivenza pacifica. Per questo la Svezia riconosce lo Stato di Palestina»;
il giorno 13 ottobre 2014 la Camera dei comuni inglese ha approvato a larghissima maggioranza la seguente mozione per riconoscere lo Stato di Palestina: «Questa Camera crede che il Governo dovrebbe riconoscere lo Stato di Palestina oltre allo Stato di Israele, come contributo ad assicurare una soluzione negoziata dei due Stati»;
analoghe iniziative a quelle della Camera dei comuni britannica sono state prese dai Parlamenti di Irlanda, Spagna e Belgio, mentre il Parlamento francese ha votato il 28 novembre 2014 una mozione per il riconoscimento dello Stato di Palestina;
l’Italia ha votato a favore della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che riconosce la Palestina come Stato osservatore delle Nazioni Unite e si è espressa da sempre sulla posizione «due Popoli due Stati», così come fa l’Unione europea fin dal 1980,
impegna il Governo
a riconoscere lo Stato di Palestina, così come è stato riconosciuto lo Stato di Israele, quale azione di politica estera che imprima una svolta positiva al necessario negoziato tra le parti per giungere alla soluzione «due popoli due Stati» e a garantire la coesistenza nella libertà, nella pace e nella democrazia dei due popoli.
(1-00675) «Palazzotto, Airaudo, Bruno Bossio, Franco Bordo, Capodicasa, Cenni, Cimbro, Cominelli, Costantino, D’Ottavio, Duranti, Ferrara, Fratoianni, Gandolfi, Giancarlo Giordano, Iori, La Marca, Kronbichler, Marcon, Matarrelli, Mattiello, Melilla, Migliore, Misiani, Mognato, Nicchi, Daniele Farina, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Prina, Quaranta, Ricciatti, Romanini, Paolo Rossi, Sannicandro, Scotto, Z
Agosto 2014: Hebron
Gerusalemme Est, 3 Agosto 2014
Quando Roberto Della Rocca, ebreo, tornato a vivere in Israele da una trentina d’anni, tra i massimi dirigenti di Merez (partito della sinistra israeliana) ci dice, commosso: “Ho 3 figli nell’esercito, non voglio doverli seppellire e quindi credetemi, nessuno vuole la pace più di me”. Io gli credo e questo non fa che aumentare la pena, che si è andata accumulando lungo tutta la giornata. Perché mentre gli occhi cercano la pace, ovvero la giustizia, le narici respirano odio dalla mattina alla sera. Una polvere sottile che provoca, quasi immancabilmente, la silicosi.
Dodici ore prima infatti eravamo sulla Spianata delle Moschee, nel cuore di Gerusalemme, quando un gruppo di donne musulmane, muovendosi compatte e scandendo ad alta voce la frase Allah Akbar (dio è il più grande) impedisce fisicamente l’accesso ad un gruppo di ebrei, accusati (ci spiega la nostra guida) di essere tra quelli che vorrebbero espropriare i musulmani delle moschea di Al-Aqsa, secondo luogo sacro per l’Islam, la più antica tra le moschhe della spianata, per farne una Sinagoga. La polizia israeliana molto professionalmente controlla la situazione perché non degeneri, che infatti non degenera.
Qualche ora più tardi siamo a Hebron, in Cisgiordania e quindi teoricamente sotto l’autorità palestinese. La città, erede di una storia colma di significati e lunga almeno 5000 anni, custode della tomba di Abramo, culla di alcune delle frange più oltranziste di israeliani, è in realtà sottoposta ad un regime amministrativo più complesso che dal 1997 affida ad Israele il controllo di circa il 20%: questo fa di Hebron una delle sintesi più plastiche e drammatiche delle mostruosità cui è capace di arrivare l’umanità, quando si arrotola nel conflitto. Una città che vive segregata e costantemente in allerta.
Qui ci capita l’esperienza che più mi ha segnato e che mi ha fatto pensare alla “silicosi dell’odio”: arriviamo nella strada proibita ai palestinesi, Shouada street, controllata dall’esercito israeliano. Ci giungiamo accompagnati da un giovane attivista palestinese, protagonista insieme ad altri nonviolenti di un centro culturale aperto all’interno di una struttura lasciata dall’esercito israeliano e contigua alle case di alcuni coloni. Lui è consapevole che da quel punto dovrà separarsi da noi e raggiungerci a valle di quella strada, avendo fatto il percorso consentito ai palestinesi. Un attimo prima di separarci, improvvisa si accende una discussione, subito molto tesa tra un israeliano, che ci incrocia davanti alla Sinagoga, il nostro accompagnatore palestinese e noi stessi, che veniamo tacciati di essere anti-semiti e di volere la morte di tutti gli ebrei. La situazione si fa spiacevole e i toni si alzano. Noi, come sempre succede quando il dialogo lascia il campo alla semplificazione dell’aggressione, veniamo accomunati nel giudizio e dal giudizio e ci ritroviamo, chi a parole, chi con la postura a dare voce al nostro disappunto.
Soltanto in quel momento noto un bambino israeliano, che stando accanto al giovane soldato che presidia il diverbio, osserva la scena. Non avrà più di otto anni. Mi si ghiaccia il sangue quando mi accorgo che in quella scena, in cui ognuno è schiacciato nel ruolo previsto dal copione, nessuno di noi gli sta sorridendo. Nemmeno lui ci sorride. E’ assurdo: è un bambino e in qualunque altra circostanza lo avremmo trattato come tale. Ma non in quel frangente, di tensione e contrapposizione. Lui non lo sa e francamente ci ho messo troppo a comprenderlo anche io, ma in quel momento abbiamo respirato tutti la polvere sottile dell’odio.
Il bambino non sa chi siamo e cosa diavolo stiamo facendo, ma sono certo che istintivamente capisce che siamo arrabbiati anche con lui e che è naturale che lui sia arrabbiato con noi. Ovviamente è tutto sbagliato, ma quegli sguardi duri, quei sorrisi mancati, quell’andarcene inseguiti dalle urla dell’israeliano che non smette di dirci che vogliamo far morire tutti gli ebrei, gli resteranno scolpiti nella retina della coscienza. Dopo alcune centinaia di metri percorsi, mi giro ancora una volta per guardarlo: è rimasto accanto al giovane soldato, che gli sta insegnando ad usare un nunchaku.
Da Hebron raggiungiamo Betlemme dove, dopo aver visitato una straordinaria comunità che accoglie bambini bisognosi e malati, senza alcuna discriminazione, veniamo accolti nel conservatorio della Città, dal suo animatore culturale, Michele Cantoni, di evidente origine italiana.
Michele è un violinista, molto impegnato, il conservatorio è un gioiello, che fa brillare la speranza. La speranza che ci si possa soffiare via dal naso la polvere sottile dell’odio, anche educandosi alla bellezza e poche cose sono belle quanto la musica. Soprattutto se la si impara a fare e a fare insieme. Ore dopo i dirigenti del Merez ci confermeranno che anche per loro la priorità sulla quale investire per uscire dalla trappola dell’odio è proprio la scuola.
Una scuola che sia quanto più laica e plurale possibile, che educhi alla convivenza e quindi alla reciproca comprensione, una scuola che faccia fare esperienza del bene e del bello che si possono vivere insieme, imparando e sperimentando. La musica in tutto questo ha un ruolo centrale. Peccato che ad oggi nel Conservatorio di Betlemme siano iscritti soprattutto Palestinesi, anche se, ci assicura Michele, è aperto a chiunque.
Approfittiamo dell’ospitalità del Conservatorio anche per incontrare una delegazioni di giovani cooperanti italiani, attivi in Cisgiordania e a Gaza. Rimaniamo tutti colpiti dalla loro passione e dalla precisione con la quale ci pongono le questioni cui tengono: che l’Europa sia più coraggiosa nel chiedere ad Israele di fermare l’attacco, più coraggiosa nel condizionare questa richiesta alla ripresa dei negoziati, a partire dalla piattaforma egiziana, più coraggiosa nel distinguere tra anti-sionismo e anti-semitismo, più coraggiosa nel dire che non è la “Pace” che stiamo cercando, ma la “Giustizia”, concetto ben più rigoroso.
Così torniamo al punto di partenza di questa pagina di diario: il lungo, complesso, franco confronto con gli israeliani di Merez.
Per loro non c’è alternativa alla soluzione “due popoli, due Stati”, la domanda angosciante che si fanno piuttosto è “quante persone dovranno ancora morire prima che si capisca che non possiamo che fare così?”. Il problema è che a molti, sugli opposti fronti, fa comodo questo permanente stato di agitazione, che esplode di tanto in tanto in vera e propria azione bellica. Perché la guerra è anche un business, che paga in moneta corrente qualora si abbiano i traffici giusti tra le mani, ma che paga anche in termini di rendita di posizione, quando legittima come necessari approcci violenti e liquidatori.
Per il bene di Israele e per il misto di rispetto e di affetto che provo per tutti quegli israeliani che con coraggio obiettano al dogma domestico: “degli arabi non ti puoi fidare mai”, mi auguro che le forze di sinistra, laiche e moderate presenti in Parlamento, come Merez, abbiamo la forza per smascherare la solita mistificazione delle destre, per le quali la “sicurezza” fa rima con dispiegamento di apparati repressivi. No! La sicurezza di cui tutti abbiamo bisogno dipende soprattutto da quanto quel bambino si sentirà rassicurato e comprenderà che gli altri, pur diversi, non sono a priori dei nemici. Perché sono esseri umani come lui.
Davide Mattiello
Deputato, membro del gruppo Parlamentari per la Pace