Il confine tra vittima e complice è labile

(ANSA) – ROMA, 30 SET – “Il confine tra vittima e complice e’ labile. E’ importante il nuovo contributo del professor Dalla Chiesa in Commissione Antimafia nel fotografare lo sviluppo delle mafie al nord, sintetizzato nelle parole "basso profilo”, che vuol dire ridurre l’esposizione derivante dagli illeciti piu’ pericolosi, come il narcotraffico, e usare modalita’ piu’ sofisticate per entrare dentro l’economia legale". A sostenerlo e’ il deputato Pd Davide Mattiello, componente della Commissione Antimafia. “Questa ennesima mutazione richiede la massima attenzione da parte di chi ha il dovere di indagare e processare: da un lato c’e’ il rischio di non chiamare mafia, quella che mafia e’, come stava per accadere con gli esiti processuali dell’operazione Albachiara in Piemonte, dall’altro c’e’ il rischio di considerare vittime, coloro che invece hanno scelto consapevolmente di convivere con la ‘ndrangheta”, ragiona Mattiello. “Tanto piu’ se, come abbiamo discusso in commissione Antimafia, qualcuno finisce per fare il padrino di battesimo di un boss. Nascere in una famiglia non e’ una colpa, scegliere di entrarci solleva qualche legittimo sospetto”, conclude Mattiello.

La relazione sui Testimoni di Giustizia. Approvata!

Coloro che assumono, rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine ai quali rendono le dichiarazioni, esclusivamente la qualità di persona offesa dal reato, ovvero di persona informata sui fatti o di testimone, purché nei loro confronti non sia stata disposta una misura di prevenzione, ovvero non sia in corso un procedimento di applicazione della stessa“.

Questa la definizione di ‘Testimone di Giustizia’.

Qui di seguito un passaggio della relazione che POTETE SCARICARE QUInella sua interezza.

L’attuale impostazione del sistema non considera che il testimone, rimanendo in loco, spesso subisce – a differenza del collaboratore, i cui proventi avevano spesso origine illecita – una notevole riduzione della capacità economica a causa della testimonianza. La particolare pervasività, in alcuni contesti, delle associazioni mafiose o la subcultura che caratterizza determinate realtà ambientali, fanno sì che la denuncia possa essere foriera della perdita di commesse, della riduzione della clientela, dell’interruzione di rapporti di fornitura.

L’impresa di chi denuncia, che sempre più assottiglia le sue potenzialità, è destinata quindi al fallimento. Fallimento che, peraltro, sancisce la supremazia del consorzio mafioso o « mafiosizzato » e fa da monito deterrente per coloro che vorrebbero ribellarsi. Proprio per questo, come si è già evidenziato, in molti casi sono gli stessi testimoni a scegliere il programma di protezione in località protetta che, quantomeno, assicura il sostentamento e risparmia dalla gogna. E, proprio per questo, si è consolidata dalla parte delle stesse istituzioni la tendenza a tralasciare le speciali misure che, a priori, impediscono il risultato prestabilito dell’assenza di perdite per colui che adempie al dovere di testimoniare.

Approvata all’unanimità!

Approvata relazione Comm.Antimafia (ANSA) – ROMA, 21 OTT – Attuare una nuova protezione per i testimoni di giustizia, tenendo maggiormente conto delle loro necessita’ non solo economiche ma anche psicologiche e relazionali. Sono alcuni degli obiettivi al centro della relazione sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia, approvata questa sera dalla Commissione Antimafia, relatore Davide Mattiello, deputato Pd e coordinatore del V Comitato dell’Antimafia. “I testimoni di giustizia in Italia – spiega Mattiello all’ANSA – sono solo 80 e arrivano a 1000 con i loro familiari. Ma sono persone speciali, "perle rare”: sono coloro che hanno subito un reato o vi hanno assistito e hanno trovato la forza di denunciare spesso rompendo con i propri stessi vincoli familiari mafiosi. Per loro pero’ non esiste una legge ad hoc: la norma esistente e’ nata nel 1991 per i collaboratori di giustizia, e’ stata corretta nel 2001 con l’aggiunta di due articoli destinati ai testimoni, sono intervenuti alcuni regolamenti ministeriali tra il 2004 e il 2005, ma resta il fatto che la base di partenza della normativa esistente riguarda i collaboratori. Serve invece una legge nuova dedicata ai testimoni: solo una legge pensata fin dalle fondamenta per loro sara’ in grado di cogliere tutti gli aspetti di questa figura". La Commissione Antimafia, con la relazione approvata, suggerisce il superamento dell’attuale schema che distingue le misure di assistenza economica dedicate e a chi sta in programma di “protezione” da quelle dedicate a chi sta nelle “speciali misure”, propone la costituzione di un Comitato di assistenza e di un referente fisso, per l’assistenza legale e psicologica del testimone e chiede il potenziamento del Servizio centrale di protezione del ministero dell’Interno, a cui, si spiega, vanno garantiti uomini, mezzi e formazione. “Questa relazione – conclude Mattiello – e’ dedicata a Rita Atria e a Lea Garofoli, due donne che hanno perso la vita cercando liberta’ dalla mafia e giustizia”.(ANSA)

(9Colonne) Roma, 16 mag – “Questa mattina nuova sessione di lavoro del V Comitato della Commissione Antimafia che ha il compito di verificare il funzionamento dei sistemi di protezione e tutela sociale di chi denuncia, contribuendo concretamente all’attività giudiziaria. Abbiamo raccolto altre storie che meritano di essere approfondite e verificate con la Commissione Centrale e con il Servizio Centrale di Protezione, ma per quel che è noto, la Commissione Centrale non ha ancora ripreso il proprio lavoro. Come mai questo ritardo? Lo chiediamo al Ministro Alfano dal quale attendiamo risposte”. Così Davide Mattiello, deputato Pd e coordinatore del V Comitato della Commissione antimafia che si occupa di ‘testimoni di giustizia’.

Su Testimoni di Giustizia gravi criticità

Sono cominciate stamattina a Palazzo San Macuto, sede della Commissione antimafia, le audizioni dei Testimoni di Giustizia con la siciliana Piera Aiello e il calabrese Pino Masciari, due esempi di coraggio e di rispetto per la legalita’ e le istituzioni. Emergono alcune importanti criticita’: non sono ancora state date le deleghe al vice Ministro Bubbico e questo impedisce alla Commissione Centrale di riprendere i propri lavori e non e’ stata ancora definita la normativa sull’assunzione nella Pubblica Amministrazione dei testimoni di giustizia che ne abbiano bisogno. Faccio nuovamente appello al Ministro Alfano, perche’ arrivino presto questi provvedimenti.

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Auto-riciclaggio è priorità nel contrasto alle mafie

L’auto-riciclaggio e’ una priorita’ nel contrasto alle mafie perche’ sempre piu’ frequentemente il criminale e’ allo stesso tempo imprenditore. Tutti gli interlocutori ascoltati dalla Commissione Antimafia in missione a Palermo ci hanno incoraggiato a procedere in questo senso per combattere il potere economico alla mafia. La politica non puo’ piu’ balbettare e il decreto sulla voluntary disclosure e’ una occasione da non perdere.

Il 17 Gennaio (!) ho depositato l’emendamento abrogativo del com 4 art 4 (liberazione anticipata speciale anche per i condannati per mafia). Emendamento che è stato condiviso dalla Presidente della Commissione Giustizia Ferranti, dalla Presidente della Commissione Antimafia Bindi. L’emendamento è stato votato in Commissione e quindi il comma è stato abrogato. Credo che questo sia il modo con cui i parlamentari debbano fare il proprio lavoro. Mi stupisce questo attacco aggressivo e falso. Tanto falso, Laura, che proprio nei giorni successivi al 17 gennaio, avendo tu stessa saputo che avevo depositato l’emendamento mi hai scritto (su fb!) facciamo insieme questa battaglia. Perché dunque? Non credo che con violenza e falsità costruirete una democrazia migliore

(AGENPARL) – Roma, 05 feb – “Prendiamo atto che il Prefetto Caruso, sentito oggi in Commissione Antimafia, smentisca di aver rilasciato alcuna intervista, alludendo a quella uscita, con tanto di virgolettato, su Repubblica. Resta per noi Commissari l’urgenza di acquisire una mappa precisa di chi siano gli amministratori giudiziari (nominati dall’autorità giudiziaria) e i coadiutori (nominati dall’Agenzia nazionale), di quali beni si occupano, da quanto tempo, quanto vengono pagati e cosa hanno fatto per tutelare l’interesse pubblico. Più tardi arriva la destinazione del bene, più deperisce il suo valore, più si perdono posti di lavoro nel caso delle aziende, più si moltiplicano i guadagni di chi gestisce la lunga attesa. Una situazione che rischia di svuotare il significato del valore sociale ed economico della confisca: il maltolto dei mafiosi così va sprecato”. Così Davide Mattiello, deputato del Pd della commissione Antimafia. com/dam 051807 FEB 14 NNNN