Il mio contributo alle Agorà democratiche organizzate da Andrea Giorgis, sabato 11 dicembre 2021
Condivido il quadro tracciato da Andrea Giorgis nell’invitarci a riflettere insieme su quali possano essere le mosse utili a salvaguardare la democrazia e quindi posso rimandare a quello e fare sintesi delle mie idee.
Se è vero che il capitalismo globale ha ormai compreso di poter fare a meno della democrazia per funzionare, trovando una infausta convergenza con tutte quelle altre forze che mai hanno sopportato la democrazia, non è vero che almeno una parte significativa di cittadini abbia smesso di preferire la democrazia come esperienza di partecipazione individuale e collettiva alla costruzione del comune destino.
Lo dicono le recenti mobilitazioni popolari per l’eutanasia, per lo ius soli, per la legalizzazione della cannabis, per Giulio Regeni, per Patrick Zaki, per la salvaguardia della Terra, contro la violenza sulle donne, per la legge Zan… Nonostante tutto è radicata in tanti l’idea di essere individui liberi e liberi perché partecipi.
Certo le frustrazioni generano sconforto e questo a sua volta genera disperazione e lo svuotamento progressivo delle pratiche democratiche.
Che fare?
Rompere il ricatto governabilità-rappresentatività.
L’intermittenza (almeno formale!) dei Governi italiani e quindi delle Legislature è una delle fragilità della democrazia italiana alla quale si è cercato di rimediare “convincendo” progressivamente i partiti che bisognasse salvaguardare la continuità di governo, accettando un responsabile appiattimento delle proprie posizioni pur di non far saltare anzi tempo le Legislature, sostenendo volta, volta, Governi sempre meno identificabili. Anche la XVIII Legislatura da questo punto di vista non sta facendo eccezione, anzi! In nome della “non-divisività” i partiti e tra questi soprattutto il PD che eccelle in senso di responsabilità (al contrario di altre forze molto più spregiudicate), si sono resi sempre più incomprensibili al proprio elettorato. Che sia venuto il momento di immaginare una riforma costituzionale che svincoli almeno in parte la legittimazione dell’esecutivo dal consenso parlamentare, in modo da lasciare la dinamica parlamentare e quindi legislativa più libera nel rappresentare i punti di vista dell’elettorato? I partiti potrebbero trovare nuovo vigore e con esso rifiorirebbe il dibattito sulle idee, oggi davvero mortificato.
La Costituente della Repubblica d’Europa.
Ogni partito ha nel proprio cuore una promessa ed è la promessa che mobilita la partecipazione. Ogni partito muore o è destinato a diventare un comitato d’affari, quando smarrisce la promessa o quando la tradisce.
Qual è la promessa del Partito Democratico?
Tutto considerato, credo che oggi la promessa più alta, appassionante e coerente alle grandi sfide globali nelle quali stiamo immersi, che il PD potrebbe rappresentare sia fare dell’Unione Europea una Repubblica federale fondata su uguali diritti ed uguali doveri!
La COFE da questo punto di vista è una opportunità storica che rischia di passare senza lasciare il segno, invece abbiamo bisogno che la COFE termini con il varo di una nuova fase costituente, che veda nel Parlamento europeo il cardine e che metta mano a questa grande riforma. Diversamente bisognerebbe seriamente prendere in considerazione l’idea di cominciare a federare le repubbliche democratiche che lo vogliano, lavorando quindi sul modello del “doppio binario”.
La questione morale non è storia.
Evasione fiscale, corruzione, reati ambientali, mafie sono la punta dell’iceberg di una montagna di clientelismo amorale che svuota il senso stesso dell’uguaglianza di fronte alla legge. I partiti in questo hanno una grande responsabilità non soltanto nel fare buone leggi, nel dare a queste piena applicabilità, nel governare con costante consapevolezza, ma anche nel dare l’esempio sul piano della selezione dei gruppi dirigenti, della organizzazione del tesseramento, della raccolta dei finanziamenti ed in quella, ancora più decisiva, della raccolta del consenso. Prima di rimettere in agenda il finanziamento pubblico dei partiti, quindi, suggerirei di lavorare sia sul piano normativo che su quello dell’autonomia organizzativa per assicurare la trasparenza delle condotte, nel fare, nel dare, nel dire e nel ricevere.