Vittime di mafia, racket e usura: lo Stato non perda questa occasione, potrebbe essere l’ultima

La convergenza di interessi tra mafie, delinquenti ed emergenza Covid-19 è stata messa in evidenza ripetutamente in queste settimane. Bene!
L’urgenza di intervenire perché si eviti la saldatura tra imprenditori, famiglie in crisi e criminalità è stata riconosciuta. Bene!
Domani l’Italia comincerà a riaprire con prudenza e il Governo è impegnato a stabilire le priorità di intervento, quale migliore occasione per trasformare analisi allarmate e buoni propositi in fatti concreti?
Forse non è inutile ricordare ai cittadini italiani che già esistono leggi e strumenti per intervenire a sostegno delle vittime di usura, di racket, di mafia e dei reati intenzionali violenti. Questi strumenti fanno capo al Ministero dell’Interno e più precisamente a due Commissari che presiedono ciascuno un Comitato di Solidarietà: il Prefetto Anna Paola Porzio a capo di quello che interviene per le vittime di usura e racket, il Prefetto Raffaele Cannizzaro a capo di quello che interviene per le vittime di mafia e di reati violenti.
Bisogna aggiungere che non di rado le vittime in questione, avendo denunciato e avendo contribuito a indagini e processi, si sono esposte ad un rischio tale di vendetta da parte dei delinquenti da essere state inseriti in speciali programmi di protezione, molto rigorosi e spesso traumatici per l’intero nucleo famigliare, che producono ulteriori danni. Anche per questo “sotto insieme” di persone, che purtroppo verrebbe da chiamare di “eroi” come è abitudine chiamare medici ed infermieri di questi tempi, esistono già leggi e strumenti dedicati (il Prefetto Porzio ha per altro fatto parte proprio della Commissione Centrale che si occupa dei destini di queste famiglie).
Naturalmente tutti questi strumenti di sostegno hanno un costo: per questo dal 2011 esiste un Fondo Unificato di solidarietà al quale i due Commissari attingono, mentre altri sono i canali attraverso cui il Ministero e la Commissione Centrale fanno fronte alle esigenze dei Testimoni di Giustizia inseriti nei programmi di protezione.
Chi gestisce concretamente i soldi del Fondo? CONSAP, la concessionaria pubblica di servizi assicurati che è presieduta dal prof. Mauro Masi, che dal 2011 ne è amministratore delegato e dal 2014 anche presidente. CONSAP ha moltissime incombenze e sicuramente in questa fase dovrà gestire per conto dello Stato (a cui appartiene al 100%) molte urgenze scaturite dalla pandemia.
Ma è proprio qui che interviene la cultura politica di chi, sapendo di non poter fare tutto contemporaneamente, decide cosa fare prima e cosa fare dopo: cosa c’è di più politico?
Il Presidente del Consiglio Conte pare essersi dotato di un “Governo ad acta” per la gestione della così detta “FASE 2”, capitanato dal dott. Colao che starebbe elaborando il piano di ricostruzione dell’Italia confrontandosi, rigorosamente on line, con una quindicina di super esperti di stanza in mezzo Mondo.
Io non so in che rapporto stia questo “Governo ad acta” con il Governo votato dal Parlamento, io non so quindi se Colao si Confronterà anche con la Ministra Lamorgese. Io non so cosa il dott. Colao sappia di mafia, usura, racket e non so quanto conosca quelle leggi e quegli strumenti. Non sapendo, può ben darsi che la mia raccomandazione sia inutile e tuttavia: mi raccomando dott. Colao, l’Italia riapre se spezza concretamente la catena criminale che lega delinquenti e vittime. Noi italiani sappiamo come si fa (!) con buona pace di quello che scrivono sui giornali certi tedeschi, però bisogna che chi governa, in un modo o in un altro, si assuma la responsabilità di dettare le priorità. Nessun algoritmo potrà sottrarre la politica a questo compito e meno male.
Auguri sinceri di buon lavoro

Davide Mattiello
Consulente della Commissione parlamentare antimafia
Già deputato della XVII Legislatura, membro della Commissione parlamentare antimafia e presidente del Comitato vittime di mafia

Appunti di un consulente della Commissione parlamentare antimafia ai tempi del Covid-19

biografia

All’inizio sono stati Saviano, Caselli e Ciotti, poi altri autorevoli protagonisti del fronte anti mafia, i più recenti in ordine di tempo il Procuratore nazionale, Cafiero De Raho, e il capo della Polizia, Gabrielli, ad avvertire l’opinione pubblica che le mafie sono pronte, come sempre, ad approfittare della gestione emergenziale imposta dalla pandemia.

Provo a fare una lista (parziale!) di cose che dovremmo fare, prendendo sul serio questi fondati allarmi:
“le mafie sono pronte”, allora esistono! Ed esistono come fenomeno criminale speciale: permanente, capillare, capace di crossare tra economia criminale ed economia legale, capace di intercettare flussi di denaro pubblico e disagio sociale, capace di fondare il proprio potere sulla forza di intimidazione del vincolo associativo e sulla riserva di violenza. Allora bisogna smetterla subito di minare il così detto “doppio binario” che dota l’ordinamento italiano di strumenti specifici per contrastare un fenomeno simile (aiuta in tal senso anche una recente sentenza della Corte Costituzionale, la numero 57, relatore dott. Coraggio, che ribadisce la piena legittimità costituzionale delle interdittive antimafia).

Specializzazione e centralizzazione: i criteri fondanti della DNA e della DIA, pensate e fortemente volute da Falcone. C’è chi non ha mai digerito queste invenzioni, chi vorrebbe svuotarle di forza, se non abolirle eppure abbiamo tanto più bisogno ora di capacità di analisi “universale”, tempestiva, puntuale, digitale, che non patisca gelosie e tatticismi o più pericolosamente ancora superficialità ed inadeguatezze.

Carceri: non risolvere la questione del sovraffollamento, della qualità della vita all’interno degli istituti, non adeguare definitivamente le strutture alle esigenze del 41 bis, significa tradire la Costituzione, esporre gravemente il personale che nelle carceri lavora e offrire ai mafiosi pretesti per “fare la guerra e trattare la pace”.

Ribelli da sostenere: sono gli imprenditori che non cedono alla tentazione di affidarsi ai capitali mafiosi in tempi di crisi, sono i cittadini onesti che (magari lavorando dentro una PA) non si girano dall’altra parte e denunciano il malaffare, sono giovani e donne che intendono rompere con il clan ed iniziare una nuova vita, sono i soldati di mafia che girano le spalle all’organizzazione e scelgono la via della collaborazione. Gli strumenti normativi che colgono queste situazioni vanno tutti adeguati (talvolta inventati di sana pianta) e correttamente manutenuti (penso ai decreti attuativi della riforma dei Testimoni di Giustizia, penso a quelli attuativi della riforma del Codice Antimafia a sostegno della continuità occupazionale delle aziende sequestrate, penso alla così detta “terza via”… Penso agli strumenti a sostegno degli imprenditori che denunciano e che spesso si trasformano in un incubo). Altrimenti lo Stato non sarà credibile quando dirà: “Denunciate!”, quando dirà “Cambiate vita!”

Sanatoria subito per tutti i cittadini stranieri che vivono in condizione di irregolarità in Italia e che sono stati cacciati nell’invisibilità dai decreti voluti da Salvini: prima che il bisogno di braccia nelle nostre campagne saldi ancora di più criminalità e sfruttamento, lo Stato tenda una mano a questa umanità sul crinali e la tiri nel campo della legalità dove ci sono diritti e doveri per tutti. Nessun “padrone” può più esistere in una Repubblica fondata sul lavoro.

L’ho detto: sono appunti parziali, rimando alle riflessioni amare di Raffaele Cantone per l’ANAC e il ciclo degli appalti, rimando a quelle di Avviso Pubblico per il ruolo (oggi ancora più centrale!) dei Sindaci, rimando a quelle di LIBERA e a quelle della Rete dei Numeri Pari che saldano la questione della prevenzione/repressione criminale con quella ineludibile della giustizia sociale, della lotta alle diseguaglianze. Insomma, mentre il personale sanitario combatte e vince la battaglia contro la pandemia, il personale “anti-mafia” prepari una offensiva memorabile perchè questo 2020 non venga ricordato dagli storici come un maledetto periodo di nuova “accumulazione capitalista” delle mafie in Italia. Tra tutti, c’è almeno un uomo la cui memoria dovrebbe inchiodarci a questa responsabilità, era un Sindaco, gentile e caparbio si chiamava Marcello Torre (e chi non sa chi fosse, ne approfitti e lo scopra).