Carceri: su 41 bis polemica M5s inutile

I deputati 5 Stelle insistono nella loro denuncia sui rischi di uno ‘smantellamento’ (addirittura!) del 41 bis, il carcere duro per i mafiosi. Se fosse vero, il Pd sarebbe gia’ intervenuto per contrastarli. Ma la polemica e’ davvero inutile, abbiamo gia’ ascoltato il Dap sulla circolare del 2 ottobre 2017, intervenuta a regolamentare in modo omogeneo il circuito detentivo speciale per garantire uniformita’ nelle modalita’ esecutive di detenzione ed evitare disomogeneita’ e contestazioni strumentali, quelle si potenzialmente destabilizzanti. Su alcune questioni, ad esempio i rapporti legati all’affettivita’ con i figli minori degli anni 12, si tratta di affermare una corretta applicazione della norma che verra’ comunque attentamente monitorata, col preciso intento di salvaguardare il fondamentale diritto del minore a non essere utilizzato in attivita’ criminali. Cosi’ come saranno monitorate le questioni legate al rapporto con i legali e con il Garante nazionale per i detenuti. Il Ministro Orlando, d’altra parte, ha dato ampia prova di lavorare perche’ tutti gli organici siano adeguati alle esigenze reali e questo vale anche per il GOM. La lezione di Falcone ci e’ ben chiara: il 41 bis deve servire a cio’ per cui e’ stato pensato, ovvero impedire le comunicazioni con l’esterno dei boss mafiosi, non e’, e non si deve trasformare, in una pena aggiuntiva, inutilmente afflittiva”

Collaboratori: le premialità siano legate alla scelta di stare con lo Stato

(ANSA) – ROMA, 19 DIC – “A chi e’ condannato per mafia lo Stato deve garantire la speranza, ma ancorandola sempre alla collaborazione. Senza collaborazione, nessuna premialita’”. A dirlo e’ il deputato Pd DavideMattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia, replicando alle parole del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Santi Consolo. “Condivido lo spirito delle parole del capo del Dap riportate dalle agenzie: conosco il quotidiano sforzo suo, dei suoi collaboratori e del Corpo degli agenti penitenziari nel far diventare sempre di piu’ il carcere una esperienza che coniughi il rigore della pena con la dignita’ della persona e il dettato costituzionale”. “Ma quando il detenuto e’ condannato per 416 bis (ovvero per associazione di tipo mafioso) – osserva Mattiello – le premialita’ devono restare legate alla scelta di collaborare. Perche’ soltanto la scelta di collaborare con lo Stato rappresenta oggettivamente la decisione irrevocabile e simmetrica di rompere con l’organizzazione mafiosa: perche’ chi collabora diventa un infame agli occhi dell’organizzazione e quindi sara’ la medesima organizzazione a non volerne piu’ sapere. Ammesso che la collaborazione sia autentica e non pilotata dagli stessi ambienti mafiosi. Provocare attraverso la collaborazione questa rottura di fatto, e’ l’unica garanzia per lo Stato che il mafioso tornando sul territorio non ricominci a fare il mafioso. E’ doveroso su questo punto tenere in conto le piu’ recenti evidenze investigative della DDA di Palermo che a piu’ riprese ha messo in evidenza come mafiosi tornati sul territorio a fine pena, abbiano ricominciato da dove avevano lasciato. E non si puo’ non considerare che la forza delle mafie sta proprio nella "resilienza”, cioe’ nella capacita’ di durare nel tempo, sapendo sopportare il carcere, in silenzio, senza tradire gli interessi di quelli che restano fuori e che tutelano gli interessi di chi sta dentro e aspettano. Abbiamo avuto recenti conferme di quanto paghi tacere in carcere e sopportare condanne prese per essere stati mafiosi o per aver favorito la mafia. Abbiamo altrettanto recenti conferme di quanto ai mafiosi pesi il regime del 41 bis. Nessun tentennamento dunque su questo punto: il mafioso “buono” in carcere – conclude Mattiello – e’ soltanto quello che collabora"