Fare luce sull’omicidio di Nino e Ida Agostino

(ANSA) – ROMA, 13 LUG – “Fare luce sull’omicidio di Nino e Ida Agostino serve a chiarire l’intero periodo delle stragi. Non entro nel merito della dialettica tutta interna alla magistratura palermitana su chi debba fare cosa. Mi limito a constare che e’ un fatto positivo che ci sia ancora tempo per sei mesi di indagini, come ordinato dal Gip di Palermo. Auspico che questi sei mesi servano a fare le cose indicate nell’ordinanza del Gip, ma anche altre”. Lo afferma in una nota il deputato Pd e componente della Commissione Antimafia, DavideMattiello, relativamente alla decisione della Procura generale di Palermo di avocare l’inchiesta sulla morte dell’agente di polizia Nino Agostino e di sua moglie, Ida Castellucci, uccisi nell’agosto del 1989 a Villagrazia di Carini, in provincia di Palermo. “Ai tempi della prima richiesta di archiviazione, titolare dell’inchiesta – afferma Mattiello – era proprio il dott. Gozzo, che potrebbe riprendere ora in mano la materia su mandato del Pg Scarpinato: spero che sia l’occasione per rifare in maniera circostanziata la richiesta ai Servizi di Informazione italiani su chi lavorasse allora sul territorio di Palermo. Infatti i Servizi ancora recentemente hanno ribadito che non vi fu mai opposizione del Segreto di Stato, piuttosto la pretesa verso la magistratura, di una piu’ precisa formulazione dell’oggetto richiesto. Auspico che questi mesi – prosegue il parlamentare dem – servano a realizzare finalmente il confronto diretto tra Vincenzo Agostino e Giovanni Aiello. E che pertanto siano prese tutte le cautele possibili per evitare che il signor Aiello si dilegui. Auspico che venga sentito l’attuale Questore di Palermo, dott. Guido Longo, all’epoca dei fatti collaboratore di Arnaldo La Barbera. Auspico che la collaborazione di Vito Galatolo, fatto relativamente nuovo, possa contribuire al riscontro delle affermazioni di Lo Forte. Infine resta una questione: puo’ darsi che sul piano giudiziario anche questo tentativo fallisca. Nessuno dubita infatti della dedizione umana e professionale di un magistrato come Di Matteo: piuttosto – conclude Mattiello – bisogna considerare che il Pubblico Ministero nel chiedere un rinvio a giudizio non puo’ basarsi soltanto o prevalentemente sui propri convincimenti, deve basarsi soprattutto sulla robustezza dell’apparato probatorio”.

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