‘Le parole del Vice Ministro Bubbico sui testimoni di giustizia sono da prendere molto sul serio. Bene, perché invece quelle del Ministro Alfano di pochi giorni fa sembravano andare in un’altra direzione, sintetizzando: il servizio costa troppo, soldi non ce n’è, bisogna liquidare e pensare anche di mandare all’estero un po’ di gente. Le parole di Bubbico restituiscono la realtà alla sua giusta rappresentazione: c’è ancora troppa sofferenza tra i testimoni sottoposto a misure speciali di tutela. Giusto porsi l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno, ma ci vuole la consapevolezza che alcuni si stanno perdendo eccome. Troppa incertezza, per esempio: l’assunzione nella PA di cui parliamo da un anno, riguarderà anche i testimoni con misure speciali in località di origine oppure no? Come si tutelano le aziende di chi ha denunciato, perché non debbano chiudere? La legge Antiracket funziona male, lo ha detto recentemente anche il Procuratore Cafiero de Raho: le sospensive arrivare tardi e non sono prorogabili, le elargizioni tardi e spesso inadeguate. Non sfugge a nessuno che la maggior parte dei Testimoni di Giustizia sono appunto imprenditori che hanno denunciato il racket e che sono poi falliti: i due temi sono strettamente intrecciati.
Il Testimone di Giustizia non può diventare un totem, assistito a vita dallo Stato, il cittadino deve poter esercitare il proprio diritto di denuncia e il proprio dovere di testimoniare, senza essere sovra-esposto, minimizzando a monte l’esposizione al rischio. Ma questo ha a che fare anche col funzionamento della DIA, che andrebbe potenziata, come immaginava Falcone, anziché chiusa come vorrebbe Gratteri’