

Presidente Conte,
in questo momento in un’aula del tribunale di Catanzaro viene sentito come testimone Giuseppe Masciari, imprenditore calabrese, diventato Testimone di Giustizia alla fine degli anni ’90, sottoposto con tutta la sua famiglia a speciale programma di protezione per oltre 13 anni, a causa del valore delle sue denunce.
Di cittadini come Masciari la Repubblica dovrebbe andare orgogliosa e a questi cittadini la Repubblica dovrebbe soprattutto evitare che alla violenza mafiosa si affianchi un’altra specie di violenza, tanto più odiosa, quella delle Istituzioni che a volte rendono la vita di persone come Masciari un vero e proprio calvario. Gli sforzi fatti tra la precedente Legislatura e questa non sono stati ancora sufficienti, tanto che, per fare un altro esempio, stenta a diventare legge una piccola, ma significativa proposta che ristori le vittime di racket che abbiano denunciato.
Sappiamo che la storia del nostro Paese è purtroppo caratterizzata, sul versante della prevenzione e del contrasto delle mafie, da quello che in gergo si definisce “secondo colpo”: lo Stato cioè re-agisce agli attacchi della mafia, approvando riforme efficaci soltanto DOPO che la mafia ha provocato ferite profonde e dolorose. Invece dovremmo essere capaci di “colpire per primi” con equilibrio, efficacia, continuità. Anche per questo mi chiedo che posto abbiano avuto negli Stati Generali da poco conclusisi, le esperienze e le proposte di chi da una vita si batte contro questo maledetto fenomeno criminale e culturale. Gli Stati Generali sono serviti a raccogliere idee su come far ripartire l’Italia, ma per far ripartire l’Italia non possono mancare scelte precise per contrastare mafia, corruzione e clientelismo. Le cronache dei giornali sono purtroppo piene di esempi negativi, alcuni dei quali rischiano di minare la stessa credibilità delle Istituzioni. Qual è l’agenda del Governo su questo punto?
cordialmente
Davide Mattiello
presidente della Fondazione benvenuti in Italia e consulente della Commissione Parlamentare Antimafia
All’inizio sono stati Saviano, Caselli e Ciotti, poi altri autorevoli protagonisti del fronte anti mafia, i più recenti in ordine di tempo il Procuratore nazionale, Cafiero De Raho, e il capo della Polizia, Gabrielli, ad avvertire l’opinione pubblica che le mafie sono pronte, come sempre, ad approfittare della gestione emergenziale imposta dalla pandemia.
Provo a fare una lista (parziale!) di cose che dovremmo fare, prendendo sul serio questi fondati allarmi:
- “le mafie sono pronte”, allora esistono! Ed esistono come fenomeno criminale speciale: permanente, capillare, capace di crossare tra economia criminale ed economia legale, capace di intercettare flussi di denaro pubblico e disagio sociale, capace di fondare il proprio potere sulla forza di intimidazione del vincolo associativo e sulla riserva di violenza. Allora bisogna smetterla subito di minare il così detto “doppio binario” che dota l’ordinamento italiano di strumenti specifici per contrastare un fenomeno simile (aiuta in tal senso anche una recente sentenza della Corte Costituzionale, la numero 57, relatore dott. Coraggio, che ribadisce la piena legittimità costituzionale delle interdittive antimafia).
- Specializzazione e centralizzazione: i criteri fondanti della DNA e della DIA, pensate e fortemente volute da Falcone. C’è chi non ha mai digerito queste invenzioni, chi vorrebbe svuotarle di forza, se non abolirle eppure abbiamo tanto più bisogno ora di capacità di analisi “universale”, tempestiva, puntuale, digitale, che non patisca gelosie e tatticismi o più pericolosamente ancora superficialità ed inadeguatezze.
- Carceri: non risolvere la questione del sovraffollamento, della qualità della vita all’interno degli istituti, non adeguare definitivamente le strutture alle esigenze del 41 bis, significa tradire la Costituzione, esporre gravemente il personale che nelle carceri lavora e offrire ai mafiosi pretesti per “fare la guerra e trattare la pace”.
- Ribelli da sostenere: sono gli imprenditori che non cedono alla tentazione di affidarsi ai capitali mafiosi in tempi di crisi, sono i cittadini onesti che (magari lavorando dentro una PA) non si girano dall’altra parte e denunciano il malaffare, sono giovani e donne che intendono rompere con il clan ed iniziare una nuova vita, sono i soldati di mafia che girano le spalle all’organizzazione e scelgono la via della collaborazione. Gli strumenti normativi che colgono queste situazioni vanno tutti adeguati (talvolta inventati di sana pianta) e correttamente manutenuti (penso ai decreti attuativi della riforma dei Testimoni di Giustizia, penso a quelli attuativi della riforma del Codice Antimafia a sostegno della continuità occupazionale delle aziende sequestrate, penso alla così detta “terza via”… Penso agli strumenti a sostegno degli imprenditori che denunciano e che spesso si trasformano in un incubo). Altrimenti lo Stato non sarà credibile quando dirà: “Denunciate!”, quando dirà “Cambiate vita!”
- Sanatoria subito per tutti i cittadini stranieri che vivono in condizione di irregolarità in Italia e che sono stati cacciati nell’invisibilità dai decreti voluti da Salvini: prima che il bisogno di braccia nelle nostre campagne saldi ancora di più criminalità e sfruttamento, lo Stato tenda una mano a questa umanità sul crinali e la tiri nel campo della legalità dove ci sono diritti e doveri per tutti. Nessun “padrone” può più esistere in una Repubblica fondata sul lavoro.
L’ho detto: sono appunti parziali, rimando alle riflessioni amare di Raffaele Cantone per l’ANAC e il ciclo degli appalti, rimando a quelle di Avviso Pubblico per il ruolo (oggi ancora più centrale!) dei Sindaci, rimando a quelle di LIBERA e a quelle della Rete dei Numeri Pari che saldano la questione della prevenzione/repressione criminale con quella ineludibile della giustizia sociale, della lotta alle diseguaglianze. Insomma, mentre il personale sanitario combatte e vince la battaglia contro la pandemia, il personale “anti-mafia” prepari una offensiva memorabile perchè questo 2020 non venga ricordato dagli storici come un maledetto periodo di nuova “accumulazione capitalista” delle mafie in Italia. Tra tutti, c’è almeno un uomo la cui memoria dovrebbe inchiodarci a questa responsabilità, era un Sindaco, gentile e caparbio si chiamava Marcello Torre (e chi non sa chi fosse, ne approfitti e lo scopra).
Venti anni fa l’ONU a Palermo dichiarava guerra a mafia e corruzione con una conferenza mondiale impegnativa. Oggi cosa resta di quello sforzo?
Chi vuole salvare la democrazia e la credibilità della politica tenga a mente che “anti-mafia” vuol dire libertà: libertà dalla paura (perché NON è vero che le mafie sparano di meno e corrompono di più. Sparano come prima, per regolare i conti interni e fanno tanta paura), vuol dire lavoro libero e dignitoso VS caporalato e tratta di esseri umani, vuol dire imprese libere dalla concorrenza sleale di chi fa i soldi con la droga e poi apre ristoranti e autosaloni, vuol dire politica libera dai voti offerti a pacchetti da chi poi soffoca l’interesse pubblico, vuol dire lavori pubblici fatti come si deve e non come conviene a chi deve farci la cresta, vuol dire informazione libera dalla intimidazioni temerarie di chi ha i soldi per permettersi anche un killer, vuol dire ambiente salvo dai veleni di chi sa soltanto fottersene, vuol dire meno gioco d’azzardo legale e più scuole sicure.
L’Italia purtroppo e per fortuna ha una missione: condividere con il Mondo l’immenso patrimonio di saperi ed eseprienza accumulato in decenni di sacrificio ed impegno, perché anche questo è un modo per essere “costruttori di pace”. Cosa hanno in comune Miroslav Marcek, l’assassino di Jan Kuciak e Martina Kusnirova, Amedeo Matacena, Ciccio Pakistan, Nicola Assisi, Rocco Morabito?
Le relazioni internazionali del crimine mafioso. Soldi, politica, violenza si muovono veloci e a livello planetario, lo Stato-nazione riesce a fare sempre meno. Serve l’Italia migliore al governo del Paese, serve che l’Unione Europea diventi un Repubblica federale, serve una nuova CONFERENZA ONU a Palermo 20 anni dopo (perché anche lì’ONU va salvata dalla furia nazionalista, che fa il gioco delle mafie)
10 anni: iniziati con Minotauro e chiusi con Fenice, la scelta dei nomi delle inchieste forse è anche una provocazione a chi ancora si sbalordisce di fronte alla mafia come di fronte ad uno scherzo della natura, difronte ad un “mostro”. Purtroppo non c’è niente di eccezionale, le mafie sono parte del nostro Mondo e se non hanno più (per ora) le pretese che avevano qualche decennio fa è soltanto perchè Stato e cittadini hanno reagito con forza, anche inventando strumenti straordinari come la DNA e la DIA, le confische di prevenzione, il 416 bis e ter, il 41 bis, il 4 bis, le interdittive prefettizie, lo scioglimento dei Comuni (…). Cadere nella trappola di pensare che il pericolo sia passato e smantellare questi strumenti sarebbe demenziale: la resilienza di queste organizzazioni è formidabile, ci metterebbero poco a riprendere lo spazio che hanno perso.
Nel caso specifico “Rosso&C” bene ha fatto Domenico Rossi a proporre che la (finalmente!) costituita Commissione regionale Legalità (che il Presidente Cirio ha saggiamente detto di voler partecipare personalmente) faccia una dettagliata indagine interna su tutti gli atti riconducibili ai mesi in cui Rosso è stato Assessore, per capire se davvero lo scambio scellerato si è esaurito con la campagna elettorale oppure no. Una specie di “auto-commissione di accesso” visto che la procedura prevista per lo scioglimento degli Enti locali per condizionamento mafioso NON è applicabile alle Regioni.
Resta poi la questione generale di come si possano prevenire situazioni come queste, tenendo presente che molti strumenti di certificazione e monitoraggio esistono già, codici di comportamento pure (il PD è l’unico partito ad oggi in Italia ad aver messo in Statuto il Codice di comportamento Antimafia deliberato dalla Commissione parlamentare Antimafia) e tenendo presente che la nostra è una democrazia fondata sulla LIBERTA’ DELL’INDIVIDUO, sulla presunzione di innocenza e sui diritti civili e politici di esercizio della sovranità popolare che discendono tutti dalla Costituzione.
Mica si può imporre ai candidati il braccialetto elettronico per monitorare i loro spostamenti e farli seguire da un drone per filmare gli incontri: chiaro?!
Sono 2 i “pedali” su cui si può spingere per prevenire:
- Il primo è quello della informazione, della documentazione, della formazione permanente del personale politico/amministrativo (come fanno Avviso Pubblico e Libera o Università come quelle di Torino e Milano) per INVERTIRE L’ONERE DELLA PROVA: io ti informo di chi c’è sul territorio, di come si muove e di quali rischi si corrono, tu-politico vedi come fare tesoro di queste informazioni. Come si dice: uomo avvisato…
Anche questo primo “pedale” potrebbe essere più che bene spinto dalla Commissione regionale (finalmente!) costituita.
Qualche altra buona idea di riforma c’è nella relazione finale della Commissione parlamentare Antimafia della XVII Leg e a quella rimando.
- Il secondo “pedale” sta tutto in capo ai partiti: selezionare personale INAVVICINABILE, personale che non solo sia leale alle legge e al patto sociale, ma che APPAIA anche tale: per il percorso, per le frequentazioni. Questa è la lezione che ci lascia Bruno Caccia, procuratore di Torino, che appariva ed era così INAVVICINABILE che dovettero ucciderlo, tanto era chiaro che non ci si sarebbe potuti accordare.
Infine si potrebbe anche pensare che quando una tornata elettorale è stata avvelenata dai voti della mafia, tanti o pochi che siano, determinanti o meno per la vittoria, l’unica cosa adeguata da fare è annullare tutto e tornare a votare, aggiungo che sarebbe buono che ciò avvenisse con una decisione presa da tutte le forze politiche, assumendole tutte offese da quanto accaduto: sarebbe un modo per manifestare plasticamente che i voti mafiosi fanno schifo e sono assolutamente SCONVENIENTI, non soltanto sul piano penale ma anche politico. In questo senso faccio mie le parole di Diego Sarno e Marco Grimaldi che hanno proposto di tornare al voto.
La Fenice ha appena dispiegato le ali e sono convinto che ci saranno delle novità e magari scopriremo che alle Regionali del 2019 anche altri candidati hanno cercato l’accordo osceno con la mafia.
Da cittadino ringrazio Giunta e Consiglio regionale per la compostezza e l’attenzione manifestato durante le ore del dibattito, per chi ha avuto l’onore di praticare Montecitorio, una bella novità!
Di seguito il fac-simile del testo da inviare al presidente della Camera dei Deputati e alla presidente del Senato della Repubblica per chiedere l’immediata calendarizzazione della ratifica del trattato di cooperazione giudiziaria ed estradizione tra il governo della Repubblica Italiana e il governo dello Stato degli Emirati Arabi Uniti per assicurare alla giustizia i latitanti condannati in via definitiva o indagati per ogni genere di reato.
OGGETTO: subito il trattato Italia-Emirati Arabi
Egregio Presidente Roberto Fico, egregia presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati,
gli Emirati Arabi Uniti rappresentano un porto franco per molti latitanti italiani che, condannati in via definitiva o indagati, hanno scelto di sfuggire alla Giustizia raggiungendo gli Emirati Arabi.
Le cronache raccontano della presenza nello stato emiratino di almeno 9 soggetti ricercati dalle autorità giudiziarie italiane. Condannati o rinviati a giudizio per reati che vanno dall’associazione mafiosa al concorso esterno, passando dal narcotraffico, fino ad arrivare al riciclaggio ed alla frode fiscale.
Ritengo che la ratifica del trattato rappresenti un segnale forte per affermare la volontà del nuovo Parlamento di combattere le Mafie nel nostro Paese, insieme ai reati di corruzione che avvelenano l’economia sana e la fiducia nelle Istituzioni. È ormai chiaro a tutti come i rischi di tenuta dell’ordinamento democratico del nostro Paese arrivino da Mafie e organizzazioni segrete capaci di muoversi con disinvoltura su scala internazionale, anche grazie alla complicità di professionisti altolocati.
Non ci sono più scuse: il trattato di cooperazione ed estradizione è pronto per la ratifica parlamentare. Spetta a Voi dimostrare da che parte state, inserendolo urgentemente all’ordine del giorno.
Cordiali saluti
Nome e Cognome
Unisciti a noi! Invia questa mail a:
– Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico => http://presidente.camera.it/10
– Presidente del Senato della Repubblica, Maria Elisabetta Alberti Casellati => [email protected]
Per saperne di più consulta i nostri materiali informativi e leggi la proposta di legge qui.
Un trattato di Cooperazione Giudiziaria tra Italia ed Emirati Arabi esiste, ma non può produrre ancora effetti. Manca infatti la ratifica del Parlamento, così alcuni latitanti italiani sono sfuggiti alla giustizia e rimangono impuniti. Oggi, raccogliendo l’impegno di Davide Mattiello, membro della nostra fondazione ed onorevole Pd nella passata legislatura, Walter Verini ha presentato la proposta di ratifica alle Camere.
APPROFONDIMENTI
Leggi l’intervista a Walter Verini
Leggi l’articolo di “Diario del Web”
L’intervista a Davide Mattiello:
Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone!
(Italo Calvino)
Lo stesso vale per la politica. Benvenuti in Italia vuole ricominciare scommettendo ancora una volta sulla nostra Scuola di Politica e su di me, nuovo coordinatore di questo pezzo così importante del nostro agire.
Dopo l’avventura in Parlamento che mia ha visto Deputato della Repubblica nella XVII legislatura e membro delle commissioni Antimafia e Giustizia, Davide torna con un ruolo di rappresentanza all’interno della Fondazione Benvenuti in Italia: a lui è stato chiesto di coordinare la Scuola di Politica.